La letteratura ha già subito, con il passare dei decenni, una profonda trasformazione. Si pensi ai lunghi libri descrittivi propri dell’ottocento, dove – forse per una maggiore capacità immaginativa – era cosa buona e giusta delineare perfettamente il mondo e i personaggi anche e soprattutto per ciò che riguarda la vista.
Ma le cose sono cambiate. Forse a causa del cinema, che ci ha permesso di avere in un colpo d’occhio tutte le informazioni sulla scena, oggi non è più concepibile dilungarsi in grosse descrizioni. La narrativa ha perso il caratteristico scopo di raccontare storie precise, e ha assunto quello di essere uno spunto interpretativo per il lettore. Questo processo ha portato a una riduzione drastica del numero di pagine del libro medio, ma anche a un piacere del lettore spostato su altro.
Il racconto – sebbene non sia una forma letteraria molto apprezzata in Italia – rappresenta senza dubbio questa tendenza in maniera migliore rispetto al romanzo che, per caratteristiche proprie, deve mantenere una lunghezza minima.
Le flash stories, ad esempio, sono un pieno prodotto del novecento (esclusi pionieri e precursori). Basti ricordare tre fra le più famose di sempre:
For sale: Baby shoes, never worn.
(Vendesi: scarpette per neonato, mai usate. Hemingway)
Oppure:
Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí.
(Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì. Monteroso)
O, infine, El emigrante:
¿Olvida usted algo? -¡Ojalá!
(Hai dimenticato qualcosa? – Lo spero!. Lomelì)
Racconti come questi non raccontano davvero una storia. Ma creano i presupposti perché sia il lettore stesso a farlo. Sono basati sull’intentio lectoris di Eco, ovvero sulla capacità del lettore di cogliere nel testo quelle coordinate che sono a lui stesso familiari e che per lui hanno significato. Ecco allora che viene enfatizzata la proprietà del lettore sul testo e l’importanza della sua interpretazione a prescindere di quella indotta dall’autore.
Nell’era di internet, nell’era della connessione perpetua da smartphone, tablet, computer, ecco che i due discorsi sembrano poter coincidere. Da una parte i tempi morti da riempire, dall’altra la narrativa flash che occupa pochi secondi per essere letta, ma richiede un tempo maggiore per essere interpretata.
Un esempio di come possa essere sfruttato questo legame può essere Il Contagocce. Si tratta di un sito di Paolo Capponi, autore di numerosi racconti – ricordiamo ad esempio nelle antologie I mondi del Fantasy (Limana umanita) e Strade (Fernandel) – ed espansioni per il gioco di ruolo Project H.O.P.E., e gestito con l’aiuto informatico di Andrea Fronda.
L’idea di base de Il Contagocce è proprio questa: racconti brevissimi, massimo cento parole, usufruibili liberamente dal sito in qualunque momento della giornata. Si tratta, nella pratica, di una di raccolta di racconti progressivi, stipati nella memoria del server e non su carta. Questi racconti variano in numero di parole, tematiche e generi letterari.
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Un esempio dei racconti di Capponi, estrapolato dal sito. Sei settimane:
Dopo la morte del figlio, Lucia continuò per sei settimane a sistemargli la stanza. Puntualmente la ritrovava stravolta.
Non sono pochi che hanno interpretato questa riduzione in termine di caratteri a una banalizzazione della narrativa. Tuttavia appare evidente che non si tratta di una semplificazione – quand’anche questo non significherebbe renderla banale – ma di uno spostamento d’accenti. Cambia lo scopo e con esso cambia la forma, cambiano le tecniche, il ventaglio di sensazioni che possono suscitare.
E la diffusione gratuita – come nel caso de Il Contagocce – di un prodotto recuperabile in pochi istanti ovunque ci si trovi, non può che essere uno specchio di come la nostra società si è trasformata, di come la letteratura si adatti a qualunque situazione, e come – forse – coloro che dicono di non aver tempo per leggere, in realtà hanno numerose possibilità di scelta. Basta un cellulare e una connessione funzionante. E, più di tutto, la voglia.
Maurizio Vicedomini
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