Bruce Lee è probabilmente la figura più associata alle arti marziali, fino a diventarne l’emblema. Le sue movenze e i suoi gesti sono stati imitati da grandi lottatori, manga/anime, videogiochi. Ma Bruce Lee era, ancor prima di un combattente, un artista. E ancor prima un filosofo. In occasione del suo compleanno non ha molto senso parlare di chi è stato, di cos’ha fatto: film, speciali, libri; tutto spiegherebbe meglio di questo articolo chi è stato Bruce Lee. Ma forse è interessante intaccare ancora una volta un punto: l’arte marziale, in quanto tale, non è altro che un’espressione dell’artista: non è mai stata solo combattimento, solo confronto con l’avversario, ma principalmente confronto con sé stessi.
Le arti marziali sono in ultima analisi, la conoscenza di sé. Un pugno o un calcio non servono a battere la persona che hai di fronte, ma a battere l’inferno del tuo ego e della tua paura.
1) Realtà
Non esiste un metodo per arrivare alla realtà. – Non ridurre la realtà a una cosa statica, per poi inventare metodi che ti consentano di arrivare a essa.
2) Curiosità
La mente intelligente è una mente curiosa. – La mente intelligente è una mente curiosa: non è soddisfatta delle spiegazioni né dalle conclusioni, e non si abbandona alla fede, perché anche la fede è una forma di conclusione.
3) Adattamento
L’adattamento è saggezza – La saggezza non consiste nel cercare di strappare il bene dal male, ma nell’imparare a “cavalcare” entrambi, proprio come un tappo di sughero si adatta alla cresta e al solco dell’onda.
4) Libertà
La conoscenza di sé è la strada verso la libertà. – La libertà risiede nella comprensione di se stessi, di momento in momento.
5) Obiettivo
Un obiettivo non è sempre destinato a essere raggiunto, spesso serve semplicemente come qualcosa a cui mirare.
6) Limite
Usa nessun modo come un modo, usa nessuna limitazione come limitazione.
Questi memos, come altri, si applicano alle arti marziali come alla vita. Era questo che Bruce Lee aveva raggiunto: la consapevolezza che ciò che faceva e ciò che era confluivano in un unico fiume. Non c’era più distinzione fra l’uomo, l’attore, il marito, il padre e l’artista marziale. C’era solo Bruce Lee. E questa stessa concezione l’aveva portato a rifiutare i dogmi, le tradizioni, le strutture precostruite, verso la costruzione di un’arte marziale personale. In questo senso viveva la vita di un artista, una palla matta pronta ad adattarsi a qualunque situazione, come acqua che si modella a seconda del recipiente. Non praticava Wing Chun, né il Kung Fu in generale. Forse non praticava nemmeno il Jeet Kune Do, che lui stesso aveva creato. Nel momento in cui gli aveva dato un nome, nel momento in cui era stato generato come stile del non-stile, era diventato un metodo. Ecco, forse da quel momento era già alle spalle.
Quando senti dire che il Jeet Kune Do è diverso da “questo” o da “quello”, non ti formalizzare: è soltanto un nome.
Maurizio Vicedomini
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