L’internauta, si sa, è disattento. È difficile che un articolo su un blog, una rivista, possa catturarlo davvero. Almeno generalizzando su un tipo medio di utente.
Lo dicono tutti: bisogna piazzare l’immagine qui e là per attirare la sua attenzione; non bisogna fare un unico blocco di testo; articoli non troppo lunghi, scritti con un lessico non troppo alto. Ognuno ha il suo decalogo per conquistare i lettori su internet.
Ma ecco che il nodo viene al pettine: e quando si fa cultura?
Questo sarebbe dovuto essere, secondo le mie intenzioni iniziali, un classico-poco classico ultimo articolo dell’anno. Una sorta di editoriale, scritto ed elaborato per mettere in luce i numeri della rivista, le conquiste di un progetto appena nato. Ma in un luogo virtuale come Grado Zero, per sua natura intrinseca, una disamina del genere non avrebbe attecchito. Perché chi, come noi, vuole fare cultura, sa bene che non ci sono numeri su un contatore di followers, ma persone, nomi e cognomi, esperienze, passioni. Ognuno con un gradiente più o meno ampio di interesse verso ogni singolo articolo proposto.
E le statistiche, che pure sono utili, non servono ad altro se non a farci sperare che i mille o duemila visitatori abbiano realmente letto l’articolo e se ne siano fatti un’idea. Perché questo è fare cultura. Non insegnare, non proporre nozioni. È far accendere una scintilla che poi starà a ognuno di noi far divampare.
Siamo, oserei dire, nell’epoca della distrazione. Internet è l’insieme delle più vaste conoscenze, tutte a portata di mano, tutte raggiungibili con un minimo sforzo. Ed ecco che proprio questa complessità porta l’attenzione del lettore a scemare nei riguardi del singolo articolo. Se non lo cattura subito, se non suscita quell’atavico interesse che lo porta a proseguire la lettura – se non a concluderla – basta un tocco di mouse, una combinazione rapida sulla tastiera, ed ecco che l’articolo è svanito dietro una pagina di social network che saprà consumare oltremodo ogni residuo interesse.
E se è vero che per l’accademico – a cui pure Grado Zero si rivolge – il margine di interesse è più ampio verso gli argomenti che lo incuriosiscono, la più grande fascia di gente comune, di qualunque grado di istruzione, interessi e via discorrendo, si distrae con troppa facilità.
Ci sono i trucchetti, è vero. Una buona grafica, un testo impaginato per sembrare meno pesante, fare l’occhiolino al lettore in diversi modi. Tutti metodi utili, ma condivisi dalla cosiddetta blogosfera.
Ecco allora che ritorniamo sempre allo stesso punto. È tutto un sistema circolare, come il famoso uroboro che divora la sua stessa coda. Cerchiamo di fare cultura per tutti, anche per quelle persone che alla cultura, magari, potrebbero pure essere interessate se solo provassero. Ma la distrazione è dietro l’angolo, un’insieme di informazioni più pressanti, più reali, più legate alla vita quotidiana si affaccia e cattura l’attenzione.
Ma Grado Zero è un progetto nato per il web. È figlio di quest’epoca di distrazione, non è una semplice trasposizione 2.0 di un progetto nato in tempi più cartacei. E allora anche noi abbiamo le nostre armi. L’e-book natalizio, ad esempio. Nulla di originale, ma una produzione a costo zero e totalmente gratuita, usufruibile su tutti i dispositivi elettronici, da tutti, nato con la partecipazione dei lettori. E ancora la Storia della letteratura a fumetti di Lorenzo di Paola. Un’opera che forse non avrebbe avuto senso su carta, ma che online è l’esatta risposta alla domanda che ci siamo posti: come fare cultura nell’era della distrazione. Anche così. Anche distraendo.
Allora forse, se di certo non è possibile seguire il modello della Letteratura a fumetti per ogni articolo, la risposta può stare nella varietà: di stili, di tematiche, di toni, di voci. Una babele a ogni livello, dove ognuno, secondo i propri canoni personali, sarà capace di trovare qualcosa di interessante che lo intrattenga, che lo distragga più di quanto non facciano le pagine dei social network. Anche solo per la durata di un articolo.
Questo è fare cultura, oggi. Una vittoria di pochi minuti sul mondo caotico e invitante della divagazione. Ma un tempo sufficiente. La scintilla, ormai, è accesa.
Maurizio Vicedomini
Nobody Wants This è una boccata d’aria fresca nel panorama delle commedie romantiche. Perché la…
#gradostory Gomito alzato, pistola in pugno. Sguardo fisso all’orizzonte – chiuso. Una flotta di navicelle…
#gradostory Somewhere Only We Know, canzone pubblicata dalla rock band britannica Keane nel 2004, è…
Condominio Ogni mattina, alle 4.50, l’inquilino dell’interno 6 prepara il caffè in cialda. Dal momento…
Quest’estate sono entrato in una libreria con la semplice intenzione di dare un’occhiata in giro,…
L’uomo davanti a me s’infila il dito indice nel naso. Avvita, avvita, avvita, fin quando…
Leggi i commenti
L'ha ribloggato su In Nomine Artise ha commentato:
[...]Una babele a ogni livello, dove ognuno, secondo i propri canoni personali, sarà capace di trovare qualcosa di interessante che lo intrattenga, che lo distragga più di quanto non facciano le pagine dei social network. Anche solo per la durata di un articolo.
Questo è fare cultura, oggi. Una vittoria di pochi minuti sul mondo caotico e invitante della divagazione. Ma un tempo sufficiente. La scintilla, ormai, è accesa. [...]