John Fante: uno scrittore dal destino bizzarro

Leggevo e leggevo, ed ero affranto e solo e innamorato di un libro, di molti libri, poi mi venne naturale, e mi sedetti li, con una matita e un lungo blocco di carta, e cercai di scrivere, fino a che sentii di non poter più continuare perché le parole non mi sarebbero venute come ad Anderson, ma solamente come gocce di sangue dal mio cuore.

 

John Fante, nato a Denver nel Colorado nel 1909, figlio di un muratore abruzzese emigrato negli Stati Uniti. A vent’anni lascia il Colorado e va a vivere in California in alberghetti di quart’ordine, povero, sogna il grande successo, sogna di diventare uno scrittore. Pubblica in quegli anni alcuni racconti sulla rivista The American Mercury, per mantenersi è costretto ad alternare la sua attività/passione di scrittore con lavori come il lavapiatti, il fattorino di albergo, l’operaio in una fabbrica di scatolame di pesce, tutte esperienze queste che poi diventeranno materia letteraria per i suoi romanzi più famosi.

Dopo la stesura del suo primo romanzo, The Road To Los Angeles (La strada per Los Angeles), più volte rifiutato dagli editori e uscito postumo, Fante pubblica nel 1938  Wait Until Spring, Bandini (Aspetta primavera, Bandini) considerato dalla critica americana tra i migliori libri dell’anno. Il romanzo esce anche in Inghilterra, ed è tradotto in Italia da Elio Vittorini. Nel 1939, viene pubblicato Ask The Dust (Chiedi alla polvere); il ’39 è anche l’ anno del Grande sonno di Chandler, ed è l’anno di Furore di Steinbeck: loro arrivano al successo quasi subito, John Fante dovrà ancora attendere. A Hollywood Fante esercita in questi anni la professione di sceneggiatore, e ciò gli consente di vivere con una certa agiatezza economica, ma con grande frustrazione rimane circa dieci anni senza più scrivere un solo rigo di narrativa, si concentra quasi esclusivamente sul suo lavoro di sceneggiatore, che però non ama particolarmente. Questi sono gli anni in cui Fante conduce una vita di eccessi, dedita al gioco d’azzardo, al golf e all’alcool. Bisogna aspettare gli anni Cinquanta per un nuovo romanzo.

Con Full of Life, ritrova la sua verve creativa e scrive alcuni dei suoi romanzi e racconti più intensi, che però saranno a lungo ignorati dalle case editrici: The Brotherhood of the Grape (La confraternita dell’uva), romanzo sulla figura del padre tra i più belli della letteratura mondiale secondo Francesco Durante, è pubblicato solo nel 1977. Afflitto da diabete che lo ha reso cieco e disabile, nel 1979 John Fante decide di scrivere un nuovo romanzo e inizia a dettare alla moglie quello che sarà il suo ultimo romanzo, Dreams From Bunker Hill (Sogni di Bunker Hill), pubblicato dalla Black Sparrow nell’82. Muore l’8 maggio del 1983, qualche mese dopo la ristampa di Aspetta Primavera, Bandini. Il grande successo di John Fante negli anni ’80 si deve a Bukowski che racconta di aver trovato il libro per caso in una biblioteca pubblica e di aver finalmente trovato uno scrittore che parlasse di sentimenti , Bukowski lo definisce “il mio Dio”.

Fante appartiene alla tipica scuola del romanzo americano, poche parole, taglio netto, stile secco, senza grandi artifici letterari ed echi retorici. Quattro dei suoi romanzi sono sulla figura di Arturo Bandini, nient’altro che l’alter ego di Fante. Arturo Bandini è un aspirante scrittore, ma non tanto per l’amore dell’arte o per altri nobili motivi, ma perché vuole arrivare ai vertici della scala sociale, vuole essere come una delle persone di cui lui resta in ammirazione. È uno squattrinato che vive un po’ alla giornata, una persona piena di contraddizioni e di sensi di colpa, ama definirsi “Arturo Bandini, che ama uomini e animali dello stesso amore”, e dimostra quest’amore in più occasioni con la sua estrema generosità. Allo stesso tempo si ritiene un genio circondato da gente da poco, è pieno di preconcetti nei confronti dei neri e dei messicani, ma non accetta che gli vengano ricordate le sue origini italiane, a lui che si ritiene a tutti gli effetti americano. È un personaggio simpatico, ridicolo, pieno di sé, sbruffone e lunatico, spesso fuori luogo, erotomane, pensa continuamente alle donne, le desidera, le tocca e le ama, ma le sue passioni sono sempre mute, le femmine che desidera non gli si concedono e, quando pure gli si concedono, lui fallisce; si considera un genio, ma ha pubblicato un solo racconto dal titolo il Cagnolino Rise.

Perché consiglio di leggere John Fante? Lo consiglio soprattutto a un aspirante scrittore, perché nel personaggio di Bandini ci troverebbe i suoi errori, (non nascondiamoci dietro un dito, ho rivisto anche me stessa) si legge tanto, si mette in piedi qualche racconto e ci si affida al parere di amici e parenti, si immagina che si sia intimamente più dotati di altri, si crede che il riconoscimento pubblico sia solo questione di tempo. Il personaggio di Bandini è una presenza ossessiva della carriera di Fante, anche per il forte legame autobiografico, attraverso questo personaggio può infatti riscattare la sua italianità.

La grandezza di Fante è nella sua capacità di saper ridere, dell’essere così megalomane e con manie di onnipotenza di un giovane inesperto, quale è stato anche lui. Fino a qualche decennio fa, infatti, John Fante risultava troppo ostico e di difficile collocazione per poter essere apprezzato come dovuto. Se è vero che lo scarso successo che Fante ha riscontrato in America, almeno fino agli anni Ottanta, è dovuto al suo essere stato, per l’epoca, “fuori tempo” e “fuori luogo” è anche vero che il suo essere fuori dal tempo fa di lui uno scrittore che non invecchia mai e non deperisce, anzi quanto più trascorrono gli anni risulta straordinariamente moderno. All’interno di un interesse tutto nuovo per le minoranze etniche sorto nell’ultimo ventennio del Novecento, se da un punto di vista strettamente linguistico la testimonianza di Fante non è rilevante come quella di scrittori di prima generazione, leggere John Fante dà piena soddisfazione sia sul piano critico-letterario che di natura antropologica rispetto a un’esperienza alienante come quella migratoria. Arturo Bandini è il prodotto di questo processo fondamentale.

Anna Chiara Stellato

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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