Il lato oscuro della materia grigia
Risulta estremamente difficile definire i limiti “sani” di un rapporto, di qualsiasi natura, in particolar modo dei rapporti di coppia, concetti astratti come “giusto” o “sbagliato”, “sano” e “malato” assumono ormai connotazioni talmente soggettive da non poter essere più scisse dai protagonisti che le incarnano.
Ma a volte, purtroppo, dietro la presunta normalità di contesti e ambienti si celano orrori e ombre profondissime, che solo la complessità della mente umana può raggiungere.
Il 28 Gennaio di quest’anno, a Pavia, in un palazzo di via Tasso, un uomo, Antonio Calandrini, 60 anni, ha chiamato il 118 sostenendo che la convivente, Laura Carla Lodola, 55 anni, fosse priva di conoscenza. Ma quando i volontari della Croce Rossa sono accorsi, si sono trovati davanti a una scena raccapricciante.
L’hanno definita “piccola mummia rattrappita”: Laura Carla era ridotta a uno scheletro, piena di piaghe da decubito, segno evidente che da moltissimo tempo doveva trovarsi in quella situazione. Capelli e unghie lunghissime, in uno stato di abbandono che supera le più agghiaccianti pellicole horror. Portata all’ospedale San Matteo in gravissime condizioni è deceduta, nonostante gli sforzi, a meno di ventiquattrore dal ricovero d’urgenza. “Mai visto niente di simile” ha commentato un operatore sanitario.
Il convivente è stato interrogato per diverse ore, nel tentativo di comprendere come la sua compagna abbia potuto raggiungere un tale stato di decadenza, senza alcuna assistenza medica, in un stato vegetativo che l’ha portata a pesare meno di venti chili. Messo sotto sequestro e analizzato dalla scientifica, l’appartamento mostrava disastrose condizioni igieniche. A notte fonda Calandrini è stato arrestato con le accuse di sequestro di persona, abbandono di incapace e lesioni gravissime.
Lo psichiatra pavese Alfonso Ciotta, attualmente in pensione, dal colloquio con Calandrini, dichiara di aver assistito a una storia senza precedenti nella sua esperienza, e nonostante i molti viaggi affrontati nei labirinti mentali, confessa di esserne stato colpito, anche umanamente. Il medico ritiene che Calandrini sia anch’esso una vittima ed è per tanto inopportuna la sua presenza in carcere, andrebbe piuttosto seguito in una struttura con personale idoneo, poiché nel suo atteggiamento è difficilmente riscontrabile un intenzione dolosa, piuttosto una vera e propria disattenzione colpevole o malata nei confronti dell’altro. Calandrini infatti ha più volte affermato di non essersi reso conto di ciò che stava accadendo. Ciotta spiega la totale perdita del senso della realtà da parte dell’individuo, il quale ha assecondato con atteggiamento remissivo il desiderio della donna di non farsi curare da nessuno. La percezione del progressivo decadimento dell’altra persona era del tutto assente nell’uomo, tale era il suo disagio. Lo psichiatra definisce il rapporto dei due conviventi simbiotico, due entità isolate dal mondo e abbandonate a loro stesse.
La caratteristica principale di una coppia di “simbiotici” è la reciproca dipendenza tra i partner e la scarsa definizione dei confini interpersonali, e più che un incontro tra due individui si realizza la costruzione di un unico corpo psichico. Queste coppie non conoscono il litigio, la diversità e la contrapposizione di opinioni e desideri individuali. I due infatti, si comportano come se a prendere decisioni fosse sempre una persona sola; lo scambio è estremamente ridotto e così come le possibilità di dialogo, anche il potenziale di cambiamento e la creatività sono atrofizzati.
In queste coppie il meccanismo di reciproca proiezione di parti del sé si focalizza sugli aspetti di fragilità e inadeguatezza: ciascuno riconosce nell’ altro la propria insicurezza e inadeguatezza nei confronti del mondo esterno. Come due bambini impauriti dal buio, si tranquillizzano a vicenda e, paradossalmente, l’insicurezza dell’uno è fonte di sicurezza per l’altro.
Al di là del caratteristiche patologiche delle coppia simbiotica, come lo stesso psichiatra interessato al caso ha sottolineato, ciò che contribuisce allo sgomento è quanto una tale atrocità sia rimasta silente per così tanto tempo, abbastanza da far sì che questi conviventi si distruggessero, benché fossero palesi problemi e i disagi.
Durante le interrogazioni i vicini hanno confessato di sentire da mesi “urla terribili” provenire dall’appartamento, urla ascoltate e mai colte, da nessuno, nemmeno dai parenti, che non andavano a trovare la coppia da anni, e la stessa polizia intervenuta in più di un’occasione per mitigare litigi furiosi, ristabilita la situazione e sparivano, incuranti.
È curioso come nell’era della comunicazione e dell’avanguardia tecnologica la gente non si curi di urla strazianti provenienti dalla porta accanto, di un parente o un amico malato che semplicemente sparisce, senza che nessuno si chieda perché.
Sono vittime della stessa fobia sociale, dove la realtà, con i suoi fantasmi pericolosi, è qualcosa da cui difendersi, ma sono vittime anche dell’indifferenza degli altri.
-Alfonso Ciotta
Marcella M. Caputo