Mountain View e quella strana voglia di (non) guidare: le Google Cars
“L’auto rimarrà un lusso per pochi”.
Parole lapidarie che qualcuno scrisse per commentare una benedetta/ maledetta, straordinaria, rivoluzionaria invenzione. Oggi tale sentenza può essere smentita senza troppe difficoltà e parole come “computer di bordo”, “servosterzo”, hanno quasi smesso di stupire, divenendo, di fatto, quotidianità. Ci sono però novità che, per quanto “scontate” dal punto di vista della fantasia, diventano importanti per il modo in cui potrebbero rivoluzionare il modo di vivere la strada. È il caso delle Google Car che, trasformando i conducenti in semplici passeggeri, fanno ripensare tutte le norme e gli usi e costumi che ruotano intorno al mondo dell’automobile.
Ebbene si: una Google Car “si guida da sola“(e non è un modo di dire), tramite un sofisticato sistema di sensori, mappe, algoritmi. L’esperimento partì qualche anno fa(nel 2009), e prevedeva l’installazione di un “cupolino” con all’interno un LIDAR (Light Detection and Ranging) sulla sommità di un’automobile. Tale sistema riesce, tramite l’utilizzo di un laser, a rilevare informazioni sull’ambiente circostante.
La Google Car, chiamata anche “Koala Car” per via dell’estetica della sua parte anteriore, è attualmente ancora allo stato sperimentale e non è progettata per grandi traversate di migliaia di km. È anzi molto “spartana”: niente climatizzatore, niente airbag, biposto, 40 km/h di velocità di punta e va ricaricata ogni 130 km circa, visto che è alimentata elettricamente.
Sono molte le domande che ci si possono porre pensando a tale auto e ancor più i vantaggi (teorici) e le funzioni socialmente rilevanti che potrebbe offrire. Si pensi, ad esempio, ad una persona sola con difficoltà di deambulazione, che avrebbe la possibilità di poter raggiungere la propria meta senza dover necessariamente dipendere da qualcuno; oppure, ai decessi sulle strade dovute a qualche bicchiere di troppo(o colpi di sonno) e alle continue difficoltà, in ambiente metropolitano, dovute ad attraversamenti improvvisi di mezzi e persone che si presentano in angoli non nel campo visivo del guidatore; o ancora, alla semplice comodità di poter raggiungere un luogo e parcheggiare senza dover toccare il volante. Non essendoci alcun guidatore, cosa succederebbe nel caso di un investimento, di un incidente? Come si suol dire, “di chi è la colpa”? Di un programmatore, del proprietario dell’auto? Come funzioneranno le assicurazioni?
Per ora i risultati avuti da Google appaiono incoraggianti. Dal 2009, su più di un milione di chilometri percorsi, si sono avuti 11 incidenti di lieve entità di cui nessuno dipeso direttamente dal controllo automatico dell’auto: addirittura 7 tamponamenti provocati da auto troppo vicine al retro della Google Car e 1 auto passata col rosso finitale addosso. A giudicare da questi risultati, sebbene la base statistica sia molto piccola (vi è solo qualche decina di auto dotata di sistemi driverless) si può ricondurre la maggior parte degli incidenti a errori umani. È proprio su questo punto che la società di Mountain View sembrerebbe battere: la sicurezza. I percorsi che l’auto può seguire sono quelli già presenti nelle mappe del software e, secondo il blog ufficiale di Google, in futuro si avrà anche la possibilità di rimuovere il volante. Anche per un colosso informatico che spende miliardi di dollari in ricerca, rimangono delle piccole, grandi sfide da affrontare: ad esempio, si cerca di capire come confrontarsi con situazioni in cui il percorso prescelto è bloccato a causa di lavori stradali o congestionato a causa del traffico. In attesa di una risposta a questi ed altri quesiti che si presenteranno, possiamo goderci il filmato, rilasciato dalla società stessa, che ci mostra come il sistema percepisca l’ambiente circostante, nella duplice speranza di potere, un giorno, attraversare la strada e trovare degli affabili conducenti che ci lascino passare, e di viaggiare in compagnia con gli amici, giocando un bel gioco da tavola in auto durante un viaggio molto lungo.
Fabio Romano