Hermann Hesse: l’idea del fanciullino e il mito d’Oriente
Nei testi di Hermann Hesse si incontrano, esplicite o sottese, tematiche che paiono riprendere concetti tanto antichi quanto moderni, ma a carattere universale. Il senso d’appartenenza alla storia, a un luogo, alle proprie origini. La necessità di ricercare il proprio sé nella multiforme società, e il bisogno di fermarsi a raccogliere questa propria essenza d’uomo. Sembrano presentarsi – che siano diretti o indiretti – richiami al fanciullino pascoliano, e a quell’otium rigeneratore di vita così importante per molti pensatori latini.
Direttamente o indirettamente si diceva: il fanciullino di Hesse è un’anima che sente il bisogno di allontanarsi dalla realtà, o meglio, prendersi i propri tempi e ritrovare la felicità nelle piccole cose, in quel raggio di sole che illumina il cielo dopo una pioggia, oppure quella piccola goccia di rugiada che bagna un fiore all’alba. E per fare ciò il fanciullo che è nell’uomo chiede tempo, un tempo da togliere alla frenesia, alla velocità di una vita che fa del dinamismo eccessivo quasi un suo imperativo, un tempo per l’ozio, tranquillo e sereno, che la società occidentale sembra, a Hesse, aver dimenticato o perso barattandolo con l’infelicità di una vita in continuo clamore. L’educazione morale di Hesse fu volta a una disciplina ferrea e a una vita frenetica e proprio in risposta a ciò Hesse sembra spiegare come l’ozio, il dolce far niente, naturale moto dell’animo, dà gioia e riabilita l’uomo da una frustrazione che la fretta a ogni costo inevitabilmente comporta.
In un brano della raccolta Racconti brevi, dal titolo Notte di giugno, si descrive una scena breve e statica, una donna seduta in un parco a suonare e un poeta che l’ascolta seduto fermo su una panchina. Si indugia sul paesaggio, sulla natura circostante, alberi dalle alte chiome, fiori variopinti e dai vari profumi, alcuni intensi altri lievi, e il padiglione in cui suona la donna. Tutto è calmo e placido, i movimenti lenti e leggeri. Tutto è quiete per chi legge. E quieta in tal senso è la vita del fanciullo. Tra i pensieri tratti dalla poetica di Hesse se ne leggono molti sul tema dell’infanzia, tesoro perduto per l’uomo:
Fa parte delle imperfezioni e delle rinunce della vita umana il fatto che la nostra infanzia debba diventarci estranea e cadere nell’oblio, come un tesoro sfuggito a mani che giocavano, e precipitato in un pozzo profondo
E ancora,
Come era lunga, inesauribilmente lunga un tempo la primavera, quando ero ancora un bambino!
Pensieri che condensano questa necessità di vivere per l’uomo come quand’era fanciullo e che pare la più giusta via per ritrovare se stessi.
Al tema dell’ozio e all’idea del fanciullino pare legarsi il mito dell’oriente, una società che per Hesse è ancora consapevole del valore dell’ozio; egli scrive: «Ciò che avvince dell’arte orientale, con il suo grande fascino, è semplicemente l’inerzia dell’Oriente, ossia l’ozio elevato ad arte».
Un piacere che la società occidentale ha dimenticato, il fermarsi, estraniandosi dai rumori di un mondo in continuo movimento: l’ozio, bene prezioso attraverso il quale l’uomo può ritemprarsi e “rinascere”. E l’oriente, per Hesse, diventa simbolo di un custode entro cui è depositata questa coscienza di vita.
Cos’è la magia di Bacco che scioglie dagli affanni […] in confronto alla quiete profonda di chi fugge il mondo, di chi, seduto sul crinale di una montagna, osserva il variare della sua ombra e perde la sua anima nell’ascolto lieve, costante e inebriante del sole e della luna che ruotano sulla sua testa? […] laggiù il tempo continua a fluire intero, senza divisioni, e il suo flusso costante è sufficiente ad appagare la sete di un mondo intero, inesauribile come il sale del mare e la luce delle stelle
Ma l’Oriente, carico di valore simbolico che viene da Hesse considerato come l’opposto dell’Occidente, come un luogo esotico e lontano che può risolvere le inquietudini irrisolte dell’animo, dà allo stesso scrittore lo spunto per un’ulteriore riflessione esistenziale: le inquietudini vanno ricercate, scandagliate, studiate risolte all’interno di un altro luogo, non fisico in senso stretto ma intimo, in un luogo ignoto e lontano dalla ragione, misterioso per tutti: il proprio inconscio, la propria interiorità umana e sensibile.
Roberta Attanasio
Pregevoli spunti, interessante lettura di Hesse, uno dei miei autori preferiti e di cui ho letto quasi tutto.
Grazie, mi fa piacere che leggendolo l’abbia trovato interessante 🙂