Le controversie del Deep Web
Vi siete mai chiesti quale sia il numero di siti internet attualmente presenti online?
Secondo il sito InternetLiveStats siamo sotto il miliardo, sebbene tale cifra sia stata superata per un breve periodo nel settembre del 2014. Eppure, si potrebbe dire che gran parte degli utenti viva il web come fosse un enorme paese, dove si è frequentatori abitudinari del solito bar, tabaccaio o supermercato. Le vie per accedere a un sito internet sono molteplici ma possiamo tuttavia schematizzarle in due macrocategorie: accesso tramite conoscenza del link e accesso tramite motore di ricerca.
Vi è però una parte del web che può non essere stata indicizzata da questi ultimi per diversi motivi. Ad esempio, può essere stata oscurata nelle ricerche perché il suo contenuto risultava fortemente illegale, oppure, semplicemente, il webmaster ha deciso che il suo sito dovesse rimanere oscuro ai non addetti ai lavori. A tali parte della rete ci si riferisce come “Deep Web”, il Web profondo.
Secondo alcune ricerche, su una mole di 550 miliardi di documenti, un motore come Google ne avrebbe indicizzati “solo” 2 miliardi: questo ci fa rendere conto della reale portata del fenomeno. Data la natura spesso illegale e spesso tranquilla dei siti trovati, per immergersi nella navigazioni si può utilizzare un “sommergibile” del tutto particolare, in grado di anonimizzare un utente: si chiama “Tor Browser”, ed è un browser basato su Mozilla Firefox che si avvale dell’utilizzo di una rete nata da un progetto chiamato appunto “The Onion Router”. Una volta aperto tale applicativo, si può decidere il livello di sicurezza da applicare e, per garantire il nostro anonimato, la nostra comunicazione passerà attraverso un “tunnel” costituito da vari computer sparsi nel globo che han deciso di partecipare al progetto.
Non si deve però credere che uno strumento del genere sia stato pensato per usi “cattivi”, anzi: ci sono intere categorie che vanno dai giornalisti in aree “difficili” ai magistrati, dagli agenti diplomatici alle persone sotto scorta, che necessitano di protezioni e meccanismi speciali per tutelarsi. Per muoversi all’interno del Deep Web, il modo più semplice, nonostante esistano dei motori di ricerca(es. TORch) è utilizzare le cosiddette “Wiki”, ossia degli elenchi di link, in un formato del tutto particolare (si tratta di siti con dominio .onion!), che portano alle rispettive destinazioni.
La natura del Deep Web è estremamente mobile, con siti che appaiono e scompaiono nel giro di poche ore; spesso, anche la qualità grafica è diversa e può presentare uno stile scarno, minimale, oppure decisamente “nerd”. Partendo da una semplice Wiki, ci si può trovare davanti a tutto: forum di attivisti in zone del pianeta fortemente oppresse, notizie e fotografie riservatissime e mai viste sui mezzi di stampa consueti, “bufale” megagalattiche, guide che vanno dal manuale di sopravvivenza atomica ai manuali di investigazione, traffico di armi, stupefacenti, droga, documenti falsi e annunci del tutto “particolari”.
Riguardo questi ultimi, qualcuno potrebbe metterne in dubbio la veridicità o abbozzare addirittura un sorriso: si possono “affittare” hacker, noleggiare sicari(?!?!?) con un servizio (a detta loro, chiaramente) in poche ore degno del miglior Amazon Prime. Questo tipo di ”mercato” (definiamolo così) viaggia su di una economia dove gli scambi avvengono tramite criptovalute (non spaventatevi, si può vivere lo stesso pensando siano semplicemente “soldi elettronici”) come i Bitcoin.
Anche lo scambio di messaggi avviene in una maniera del tutto particolare: per far sì che le conversazioni rimangano sicure e che nessuno oltre al nostro destinatario possa leggere il nostro messaggio, viene utilizzato un meccanismo di crittografia di un livello prossimo a quello militare, denominato “PGP”, che prevede la cifratura/decifratura dei messaggi tramite l’utilizzo di chiavi in possesso solo al mittente e ai destinatari. Un fatto “curioso” vede il suo creatore inquisito negli states per l’esportazione di “munizioni”: per la normativa presente all’epoca della creazione di tale algoritmo, qualunque tipo di crittografia che utilizzasse chiavi con un numero di bit superiore a 40 era considerato alla stregua di “munizioni” ( Wikipedia – PGP, Indagini Giudiziarie )
In definitiva, sul Deep Web si può trovare tutto, ma davvero tutto. Ma non è un posto dove un comune utente ha vita facile: si tratta di un ambiente perlopiù ostile, dove si cammina su di un filo sottilissimo, fra il legale e l’illegale, fra la bufala e la verità; un ambiente dove, se non si conoscono bene tutte le variabili, se non si conosce perfettamente come avviene uno scambio di dati nel web, fra “navigazione in totale anonimato” e “identità alla totale mercé dei crackers” vi è un passo davvero molto pericoloso e breve.
Fabio Romano