Quest’anno, per la prima volta, Compalit, l’Associazione per gli Studi di Teoria e Storia Comparata della Letteratura, ha tenuto il suo annuale convegno alla Federico II di Napoli. Nell’arco di tre giorni, l’università ha ospitato critici letterari e docenti di tutta Italia, per un ciclo di conferenze incentrate sul riso e sulle sue multiformi espressioni.
Dedicato alla memoria di Giancarlo Mazzacurati, e significativamente intitolato Chi ride ultimo, il convegno è stato inaugurato nell’Aula Magna dell’Accademia Pontaniana la mattina del 16 dicembre. Edoardo Massimilla, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici, ha aperto le danze, sottolineando l’esigenza di riflettere sull’umorismo, che, alla fine di un anno tragicamente iniziato con la strage di Charlie Hebdo, è “una cosa maledettamente seria”. Sulla sua scia, Annamaria Lamarra, Direttore del CLA, ha ricordato come nella letteratura si realizzi da sempre l’incontro con l’altro, con il diverso, anche, e soprattutto, attraverso la potenza dissacrante del riso. Ha poi preso la parola Federico Bertoni, Presidente di Compalit, raccontandone brevemente la storia e le finalità, e invitando a non trascurare mai la dimensione ludica dell’arte. A concludere il giro introduttivo di saluti, denso di spunti nonostante la necessaria rapidità, è stato il professor Francesco de Cristofaro, docente di Letterature Comparate alla Federico II e curatore del convegno. Con una immagine suggestiva, De Cristofaro ha avvicinato il tema di quest’anno a un olio su tela di Tiziano, Le tre età dell’uomo, individuando una corrispondenza, non solo letteraria, ma quasi antropologica, tra le tre età dell’uomo e le tre espressioni madri del riso.
La satira, di un’umanità giovane e acre; la parodia, di un’umanità adulta e ironica; e gli umorismi, di un’umanità saggia e nevrotica. Ma, conclude De Cristofaro, ciò che avviene nell’animo, senza spazio, senza schemi e senza tempo, è un continuo sfumare di confini e vicendevole contaminazione di questi tre elementi.
Si è dunque entrati nel vivo della conferenza, con l’inizio della sessione plenaria presieduta da Arturo Mazzarella e inaugurata da Maria Teresa Giaveri con un intervento sul Pudore delle passioni. Attraverso un gioco adorabilmente “spettinato” di continui richiami intertestuali, la Giaveri ha raccontato l’eterna funzione esorcizzante della letteratura. Partendo da una citazione di Paul Valéry (“bisogna entrare in sé stessi armati fino ai denti”), il percorso è proseguito lungo le due direttive principali della guerra e dell’amore.
Nascondere, dunque, rifuggire i propri idoli, o “preventivamente metterli alla berlina”?
Obbligato il passaggio per il Quijote di Cervantes, altissima, drammatica messa in ridicolo del trinomio guerra-letteratura-amore, e per Flaubert, che dichiarò, nella stesura dell’Educazione sentimentale, di voler dar vita a una storia in cui mettere tutto il suo cuore, e di essere costretto dunque a difendersi facendolo in modo grottesco. E poi, dal letterato di Gadda, amante della guerra, soffertissimo alter-ego e personificazione delle delusioni dell’autore; passando per il gentleman inglese di Evelyn Waugh in A handful of dust, drammatica evoluzione del valoroso cavaliere, sconfitto dalla storia e dalla vita; arrivando infine all’Aleph di Borges, parodia difensiva, divertente e tragica della Commedia dantesca e della figura del poeta. La Giaveri racconta, filtrata attraverso la letteratura, la potenza dell’ironia. L’arma (se vogliamo seguire l’avvertimento di Valéry) più efficace per affrontare sé stessi.
Nella seconda parte della sessione, presieduta da Giancarlo Alfano, si sono susseguiti due interventi. Durante il primo di questi, La ridicola poesia: modelli della satira europea in epoca moderna, è intervenuto Antonio Gargano, presentando uno studio comparatistico eseguito su tre differenti testi d’impronta satirica. È stato possibile dimostrare come in questo caso, “il discorso della satira sia situario”, nel senso che esso viene determinato a partire da una serie di caratteristiche costanti, tra le quali primeggia il riferimento geografico. Secondo un corrispondente avanzamento temporale, Gargano ha mostrato il definirsi di un percorso ideologico di riferimento: dall’ambiente signorile della Satira I di Ludovico Ariosto, a quello cortigiano del sonetto di Luis de Góngora Grandes, más que elefantes y que abadas, per giungere in ultima analisi al contesto metropolitano di Bernard de Mandeville in The Grumbling Hive: or, Knaves turned Honest. Esiste un’unità tematica che accomuna le tre liriche: l’atteggiamento satirico e a tratti violento, adottato dal soggetto nei confronti dei suoi destinatari (riflessione), nasconde una più profonda affermazione del sé (invenzione), una sorta di verifica dell’io.
Ultima voce della mattinata è stata quella di Marina Guglielmi con un intervento dal titolo, Tra fumetto e graphic novel: il personaggio alla prova dell’ironia. Dopo una preliminare enunciazione delle circostanze storiche che hanno portato alla nascita dei due generi, è stata sottolineata la natura rivoluzionaria della narrazione per immagini, come conferma il fondatore del moderno fumetto, Rodolphe Töpffer: “Senza il testo, i disegni non avrebbero un senso preciso; senza i disegni, il testo non avrebbe senso”. Principale intendimento della Guglielmi è stato soprattutto mostrare come i due generi non siano solo distinti per forma, contenuto, formato e distribuzione, ma anche per visibilità del ruolo dell’autore. L’immissione della letteratura con la graphic novel, oltre a causare un progressivo aumento della complessità del personaggio, ha ridato dignità e importanza alla funzione autoriale, tanto bistrattata nel fumetto.
Francesca Ciaramella
Beatrice Morra
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