Il panel che si è tenuto venerdì 19 parte da una riflessione di Carlo Donà: “Bisogna sempre distinguere chiaramente tra l’oggetto della parodia (l’originale che viene parodiato) e il bersaglio o la vittima dell’autore (ciò che egli cerca di colpire attraverso la parodia): le due cose possono coincidere – ciò avviene effettivamente nella maggior parte dei testi parodici – ma non coincidono necessariamente”.
Compito dei relatori in questa sessione è stato indagare nella scena contemporanea le diverse manifestazioni e declinazioni del genere della parodia.
Tratterò solo di alcune delle undici relazioni della sessione, ma ne approfitto comunque per segnalare i nomi di tutti i relatori: Anna Cesaro, Stefano Casi, Vera Cantoni, Elisabetta Fava, Annalisa Carbone, Gerardo Salvati, Dario Russo, Dario Migliardi, Angela Albanese, Brigida Di Schiavi, Maddalena Giovannelli.
Nel primo intervento, Anna Cesaro, con una relazione dal titolo Un guitto lombardo: l’Ambleto di Testori, propone un’analisi sull’impiego delle armi del comico e della parodia nell’Ambleto di Giovanni Testori, parodia dell’Amleto shakespeariano giocata su rovesciamenti di toni e delle condizioni tragiche dell’originale. L’opera è un testo-manifesto di Testori e inoltre diretta manifestazione di quel laboratorio sperimentale che è il Pier Lombardo, teatro nato sotto l’egida dell’attore Parenti e la regista Shammah.
Anche la musica, in particolare il melodramma, viene coinvolto nel gioco della parodia. Questo il tema della relazione dal titolo Parodiare il melodramma: tre casi esemplari in cui Elisabetta Fava spiega come riprendere formule musicali tradizionalmente associate a situazioni ben riconoscibili dall’ascoltatore e deformarle in una riscrittura parodistica sia un fenomeno che accompagna il teatro comico di tutti i tempi. La relatrice ha spiegato come la musica e le formule del comico riescano ad appropriarsi del lessico serio e a forzarlo fino a renderlo caricaturale.
Gerardo Salvati, invece, nella sua relazione dal titolo The goofy side of Virginia Woolf: Freshwater e la dissacrazione degli ideali vittoriani, ha parlato dell’unica pièce teatrale scritta da Virginia Woolf, per il compleanno della nipote Angelica Bell.
Freshwater, questo il nome del testo, viene definito dall’autrice inglese un «joke»¸eppure presenta una complessa parodia dei valori della cultura vittoriana e delle sue figure rappresentative in campo artistico e letterario.
Nel suo intervento dal titolo Tra riso e piano: il clown come antieroe moderno, Brigida Di Schiavi ha analizzato la figura del clown e il ruolo che ha avuto nella letteratura e nelle filosofie europee. In particolare a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, quando il clown comincia ad apparire sotto una luce tragica.
Nel Novecento il clown veste i panni dell’antieroe, vive ai margini della società e riesce a riscattare la propria umana dignità solo in funzione alle reazioni suscitate dal pubblico. Scopo della relatrice è stato mostrare le modalità che rendono il clown emblema di una reale e coraggiosa umanità, al confine tra il comico e il tragico.
L’ultimo intervento della giornata, dal titolo E tutto a un tratto… Il Coro!, di Maddalena Giovannelli, si interroga, attraverso gli esempi della pubblicità di Carosello, passando per La dea dell’amore di Woody Allen, fino ai recenti esperimenti televisivi di Crozza, sulle possibili modalità di ripresa del Coro antico nel teatro moderno.
Antonio Esposito
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