Quando a diciassette anni, col solo sacco a pelo, senza soldi in tasca, lasciò casa per girare il mondo in autostop non poteva immaginare di scoprire in questo eterno spostarsi, tra l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna, l’essenza di ciò che avrebbe composto la sua letteratura: il viaggio, muoversi.
Un assillo particolare c’è in questo scrittore, un elemento ricorrente in ogni forma attraversata: scoprire una relazione tra realtà e immaginazione. A volte è solo il racconto del viaggio, l’occhio che osserva il paesaggio e trascende; altre volte il viaggio si mescola all’immaginazione e produce audaci soluzioni narrative; come quel Philip en de anderen del 1955, scritto due anni prima dell’On the road di Kerouac e anticipatore della Beat Generation.
In qualche modo lo scopo è raccontarsi il mondo. Parlare per sé, prima che per gli altri. In un’intervista di qualche anno fa dice:
è necessario per uno scrittore, dato che di realtà ne abbiamo tanta, mettere l’immaginazione sopra la realtà; chiunque può raccontare una storia in un bar e farne un libro, ma non era quello che volevo fare io. Per me scrivere è cercare di essere il più chiaro possibile su ciò che io penso e per capire cosa penso devo formularlo in parole così che io stesso capisca.
Lo spostamento è presente anche nelle righe e nelle pagine di Tumbas (2007)[1], volume che raccoglie viaggi, a volte voluti a volte del tutto casuali e inaspettati, sulle tombe di grandi poeti e pensatori. Un po’ per ritornare a leggere i loro versi, un po’ per risentirne le voci, osservare come si rinnovano, e in qualche misura provare a ricambiare un pensiero.
“Ogni visita alla tomba di un poeta è un dialogo in cui le risposte precedono tutto quanto noi possiamo dire. È un paradosso. Qualcosa è stato detto, ma non c’è stata nessuna domanda. Siamo venuti qui per manifestare il nostro accordo, per essere in prossimità delle parole già pronunciate”.
Nooteboom realizza una particolare lista delle novanta e più tombe visitate nel tempo: tombe inadatte ai loro morti, tombe difficili da trovare, tombe di persone conosciute di persona, tombe che dovrebbero trovarsi da qualche altra parte.
Tumbas è la sintesi di trent’anni di viaggi, molto spesso in compagnia della fotografa Simone Sassen.
Ogni lapide è un’occasione per aprire uno squarcio sulla vita dell’autore, un continuo spostarsi in lungo e in largo nella storia della letteratura, attraverso poesie e brani in prosa.
Nooteboom non nasconde i suoi maestri, con lucidità li ripercorre e ripropone offrendo al lettore l’ennesima possibilità di poter ritornare a sentire le voci dei poeti e dei grandi pensatori del passato, ristabilire un contatto, tornare a chi ancora non ha smesso di parlarci.
L’essenziale resta invisibile. Il segreto si nasconde nelle lettere che nessuno leggerà. Una balena a New York, un cacciatore delle Alpi ad Anversa, l’inferno a Ravenna, una chitarra azzurra a Hartford, Connecticut, la collina dell’infinito a Napoli: il lettore vede sulla tomba del suo poeta quel che non vede nessun altro.
Antonio Esposito
[1] Il volume è stato recentemente pubblicato da Iperborea: Cees Nooteboom, Tumbas. Tombe di poeti e pensatori (2015)
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