Anche lui messicano, nato nel 1886 a Guanajuato, Rivera molto presto abbraccerà l’idea di dedicare la propria vita all’arte. Alunno dell’Accademia de San Carlos, qui acquisisce una formazione prettamente classica. Ma già da quei tempi, la cultura primitiva del suo popolo rientra tra i suoi principali interessi, rimanendo sullo sfondo di una serie di sperimentazioni – come quella cubista – che prendono vita a partire dall’allontanamento dalla sua terra madre. La meta, come per ogni artista di inizio Novecento è l’Europa; dapprima la Spagna, ma poi subito dopo Parigi, con le sue avanguardie e i suoi infiniti stimoli che permette a Rivera di raggiungere la fama. Ma già intorno al 1917 si muove in lui l’esigenza di un ritorno a un realismo, a un’arte che possa parlare a tutti; la rivoluzione scuoteva il Messico, e qualcosa di viscerale, probabilmente, richiamava il pittore alle sue origini. Il 1921 è l’anno del ritorno in patria, dell’abbandono delle avanguardie, del riavvicinamento ai grandi classici (mediato, soprattutto, dai maestri del Rinascimento italiano, che poco prima aveva avuto modo di studiare da vicino proprio durante un viaggio in Italia).
Diego Rivera è quindi artista del proprio tempo e della propria storia; egli ricerca una nuova forma di un’arte che sia per tutti, anche per quei contadini analfabeti, a lui da sempre cari, e molto spesso protagonisti delle sue opere anche nel periodo cubista (si veda ad esempio Paesaggio Zapatista-Il guerrillero). Questa nuova forma d’arte non può che avere la dimensione della pittura muraria, proprio per questa forte esigenza di un’arte impegnata, un’arte che trasmetta un insegnamento e che non sia unicamente forma estetica.
Rivera lavora fianco a fianco con il governo, che gli commissiona moltissime opere da realizzare sui muri di edifici pubblici e, in una di queste, Il sogno politico del popolo messicano, appare Frida, con una camicia rossa e una stella appuntata sul petto.
Diego Rivera ebbe moltissimo successo non solo in Messico, ma perfino in America, dove la sua prima esperienza si chiuse con enormi polemiche intorno a una sua opera realizzata al Rockefeller Center, che ritraeva tra i vari, Lenin, motivo che portò alla distruzione del grande murales, realizzato, quasi identico, in Messico con il titolo L’uomo dominatore dell’universo.
L’opera di Rivera, è un’opera colossale con un forte intento ideologico ma che fonde insieme una certa attenzione per le forme e per la bellezza. Le radici di una cultura, sottoposta per anni alla dominazione europea, si fanno sentire vive e un senso di primitivo emerge sempre fondendo un’emergenza del presente con un’eco a un tempo antico, che rivive nei toni scuri, nei colori della terra messicana.
Anna Giordano
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