Dai Robinson ai Soprano: cosa ci raccontano le famiglie nelle serie tv
È impossibile negare quanto, oggigiorno, il successo delle serie tv sia diffuso, e come queste da “fenomeno di nicchia”, passione di pochi nerd attaccati per giorni interi allo schermo di un pc, siano diventate un prodotto di largo consumo. Indagare sul perché di tale successo di pubblico sarebbe un argomento altrettanto interessante, ma quello su cui vorrei concentrare è un tema narrativo ricorrente, quello del racconto familiare. Prima di gettare lo sguardo su quelle che propriamente chiamiamo serie tv, vorrei fare un passo indietro e ritornare agli Ottanta-Novanta; la serialità – che voglio qui intendere come il protrarsi di un racconto in vari episodi – era qualcosa che già conoscevamo come prodotto televisivo, ma al quale davamo un altro nome ovvero sit-com: prodotti provenienti dagli States i quali, a differenza di oggi, conoscevano un unico genere, ovvero quello della commedia. In questo arco cronologico, domina una particolare spensieratezza – nei media così come nella società – preludio di un periodo storico che tira fuori la polvere che in quegli anni si era accumulata sotto il tappeto.
In questo genere che ha dominato il palinsesto delle reti televisive private italiane di quei tempi, il racconto familiare era all’ordine del giorno; riflettendoci erano quasi tutte famiglie le protagoniste delle più trasmesse e popolari sitcom; pensiamo ai Robinson, a Otto sotto un tetto, Settimo cielo e così via. Ambientazione prediletta di queste sit-com sono gli spazi chiusi: la casa stessa, ovviamente, è il set “naturale” di ogni episodio, così come talvolta l’ambientazione è la scuola: le vicende familiari si snocciolano all’interno del nucleo primario e niente e nessuno riesce a entrare – e molto spesso a uscire, ad allontanarsi – dal nido. Un diffuso benessere, una sfrenata ironia sottolineata dalle risate finte che interrompono ogni battuta, la risoluzione poco problematica di ogni vicenda negativa: queste appaiono le principali caratteristiche di quasi tutti i racconti familiari di sit-com.
Oggi le serie tv sono prodotti molto più elaborati, in grado di competere, e talvolta superare, le pellicole cinematografiche; sono sofisticate ed elaborate a livello narrativo e tutt’oggi non mancano i racconti familiari, che si complicano e diversificano. Dai Soprano, fino ai più recenti Empire e Transparent, la famiglia non è più rappresentata in una modalità standard: generalmente essa appare – se si escludono alcune eccezioni come Modern Family – come luogo all’interno del quale vengono sviscerati problemi di varia natura e dove la risoluzione non è mai immediata né indolore.
La famiglia delle serie tv sembra al meglio rappresentare la crisi dei valori davanti alla quale la postmodernità ci ha più volte messo di fronte e questo probabilmente perché una famiglia è un piccolo microcosmo all’interno del quale riproporre dinamiche in atto all’interno dell’intera società.
I vari soggetti sitipizzano e tutte le problematiche vengono evidenziate riportate a una dimensione con la quale lo spettatore riesce più facilmente a familiarizzare. Se intendiamo la famiglia stessa come valore, il gioco di paragone risulta ancora più semplice, ricordandoci come il periodo delle risate, finte e sfrenate sia da un bel po’ concluso. Cosa è importante rintracciare: che attraverso la famiglia, tanto in letteratura quante nel cinema, nelle fiction, nelle serie tv, la narrazione di un piccolo gruppo vuole essere quella di un gruppo più ampio: gli attacchi di panico del boss mafioso protagonista dei Soprano, potente e fragile, probabilmente sono gli attacchi di panico dell’intera società americana, che si trova a chiudere il Novecento in prede ad allucinazioni, molto simili a quelle di Tony, che vede nel cielo volare uccelli inesistenti; la sua crisi del potere – paterno e mafioso – è la crisi di un’intera nazione.
Anna Giordano