L’amore ai tempi di Tumblr
Anni fa, un po’ per caso e un po’ per destino, ho scoperto il blog di Susanna Casciani su Tumblr; non ricordo nemmeno come si chiamasse all’epoca perché dalla sua nascita nel 2006 di nomi l’autrice ne ha cambiati tanti e per questo motivo ogni tanto la perdevo.
Cercavo col vecchio nickname e non la trovavo più. “Ecco qua, l’ha rifatto, ha di nuovo cancellato tutto. Ma perché fa così?” mi chiedevo un po’ indispettita, ci mettevo giorni per ritrovarlo, arrivavo quasi a perdere la speranza e la voglia ma poi ci riuscivo e pensavo che ne era valsa la pena addentrarmi nei meandri della rete per leggere i pensieri profondi e un po’ sdolcinati di questa ragazza timida.
Confesso che per me sfogliare il suo blog era un’azione di puro masochismo perché quelle frasi che raccontavano di grandi amori finiti mi facevano sempre versare una valle di lacrime eppure erano lo sfogo migliore in quei pomeriggi d’infinita tristezza in cui era leopardianamente bello e nietzschianamente catartico naufragare in quel mare di parole struggenti.
Di lì a poco la Casciani è diventata un fenomeno del web, le sue frasi circolavano sui social accompagnate da disegni pastello o da foto di mani e piedi su lenzuola sgualcite e la sua pagina Facebook “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore” si è trasformata in un cult, ma io ormai ero cresciuta (pensavo) per quelle storielle d’amore e in fondo la vita mi andava bene per desiderare di struggermi leggendo i suoi pensieri.
Arriviamo a febbraio di quest’anno quando mi appare nella home del suddetto social la notizia che il blog è diventato un libro omonimo, l’uscita è prevista per marzo; il primo pensiero è stato “Figuriamoci se lo compro, sono grande per queste cose! E poi io ormai leggo ben altro!”
Il pensiero però ogni tanto mi tornava, anche a causa del conto alla rovescia che l’autrice faceva ogni giorno; ma no, non l’avrei comprato (mi dicevo).
Il 22 marzo è uscito nelle librerie, l’ho ignorato e poi me ne sono dimenticata.
L’altro giorno però sono arrivata in anticipo alla stazione, anche stavolta un po’ per caso e un po’ per destino, e dovevo aspettare venti minuti il mio treno, così sono entrata nella libreria lì vicino… e l’ho visto sul bancone delle novità: in copertina una tazzina da caffè in cui cadeva la pioggia di una piccola nuvola, il nome dell’autrice in rosa e sotto quella frase, tanto adolescenziale e banale quanto vera, “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore”.
Avete già capito che non ho resistito e l’ho comprato, ho letto la trama un po’ scettica: Anna viene mollata di punto in bianco dal fidanzato Tommaso che non la ama più e decide di mettersi a scrivere un diario in cui annota i pensieri diretti a quell’amore che non le sta più accanto; i giorni del diario non sono quelli del calendario ma partono dalla fine della loro storia e arrivano fino al giorno 425 dalla fine.
L’ho iniziato a leggere con quello snobismo tipico del lettore navigato ma qualcosa nel mentre è cambiato, le pagine scivolavano veloci tra le dita e a ogni pagina l’adolescente che è in me acquistava più potere fino ad arrivare a prendere totalmente il controllo sul finale quando mi sono accorta che non riuscivo più a continuare perché avevo gli occhi pieni di lacrime.
Perché la bravura della Casciani è quella di saperti parlare al cuore e di intenerirti anche quando la odi per tutta quella sofferenza d’amore, anche quando le vorresti dire di smetterla di straziarsi (e straziarti) così, anche quando vorresti averla davanti per scuoterla e dirle “Lascialo perdere a uno così, perché stai ancora a pensarci?” e non ti accorgi che quella a cui vorresti dirlo è la te di qualche anno o mese fa, è la ragazza che eri quando lui se n’è andato lasciandoti da sola a piangere abbracciata a un cuscino.
Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore è un libro semplice, che non ha la pretesa di essere il nuovo Anna Karenina o Madame Bovary o essere figo e commerciale come Tre metri sopra al cielo; è il libro di una generazione indie-pop, paragonabile a una canzone dei Calcutta o di Dente, triste e un po’ anticonvenzionale ma proprio per questo mainstream come sono ora i generi (fintamente) di nicchia.
Questo libro allora lo consiglio a chi vuole emozionarsi un po’, a chi vuole scoprirsi a versare qualche lacrime inaspettatamente, a chi non ha troppe pretese, a chi sa godere delle piccole cose e sa essere felice anche di un sussulto minuscolo; le sue pagine non vi lasceranno col fiato sospeso, non vi cambieranno la vita ma sicuramente vi renderanno qualche pomeriggio un po’ più dolcemente malinconico.
Nike Francesca Del Quercio
Io invece, nel “ormai sto bene”, non vedevo l’ora che uscisse, e quando l’ho comprato ero troppo emozionata per cominciare a leggerlo 😂 ho dovuto aspettare un paio di giorni, per poi soffrire insieme ad Anna.