Littoral, la storia che racconta le storie

Sei persone, un cadavere e un fantasma sono in viaggio verso il mare. Si lanciano dentro baratri, attraversano villaggi, valli, montagne e neanche lo spettatore sa bene perché lo facciano: per trovare una degna sepoltura al cadavere? Per liberarsi per sempre del fantasma?
Siamo nella prima delle quattro pièces teatrali di Wajdi Mouawad – scrittore e drammaturgo canadese – dedicate al concetto di eredità. Il titolo dell’opera è Littoral, Le sang des promesses / 1 (Litorale, Il sangue delle promesse / 1).
Il testo si apre con un farneticante monologo apologetico di Wilfrid, protagonista dell’opera, davanti a un giudice immaginario. Il giovane racconta la sua storia, che ha inizio con una telefonata sopraggiunta nel bel mezzo di un amplesso: «dringallovenezvotrepèreestmort»dringprontovengasuopadreèmorto»). Appresa – in un contesto poco ortodosso – la notizia della morte di suo padre, Wilfrid decide di trovare una degna sepoltura al corpo del genitore scomparso riportandolo nel suo paese natale: è l’inizio del viaggio.

Locandina del film tratto dall’opera di Wajdi Mouawad

All’origine della scrittura di Littoral, ha confessato Mouawad ci sono tre letture fondamentali e due viaggi. Le tre letture sono quelle che hanno ispirato il personaggio di Wilfrid: L’Edipo re, Amleto e L’Idiota, tutti e tre implicati in una difficile relazione con il padre. I due viaggi sono invece quello in Libano, terra natale di Mouawad, e quello a Praga, nel Paese d’origine di uno degli scrittori preferiti dal drammaturgo, Franz Kafka, perennemente alla ricerca della propria identità. Questi elementi costituiscono, dunque, le fondamenta su cui Mouawad costruisce l’impianto narrativo dell’opera.

All’inizio del viaggio, insieme a Wilfrid e al cadavere di suo padre – che per una qualche ragione continua a parlare con suo figlio -, si accompagna il Cavaliere Guiromelan, personaggio immaginario che ha seguito e protetto Wilfrid fin dall’infanzia. I tre raggiungono luoghi devastati dagli orrori della guerra, in cui i cimiteri sono talmente pieni da non poter accogliere un’altra salma. Nel corso del suo viaggio, Wilfrid è costretto a scoprire che a essere irrimediabilmente e dolorosamente segnati dalla guerra non sono soltanto i villaggi, ma anche e soprattutto le persone che incontra durante il cammino. Alcune di queste – Simone, Amé, Sabbé, Massi e Josephine – si uniscono a lui, apparentemente senza un motivo preciso. Dopo un lungo cammino alla ricerca di un luogo dove seppellire il cadavere ormai in putrefazione, i viaggiatori, sfiniti dal caldo, decidono di dirigersi verso il mare e lasciare che il corpo del padre di Wilfrid sia trasportato via dalle onde.

Arrivati in prossimità del litorale, i sei protagonisti si sono scoperti a vicenda, hanno svelato la propria storia, hanno raccontato il proprio passato e compreso il senso del loro peregrinare:

SIMONE: On a notre histoire! Un homme cherche un lieu pour enterrer le corps de son père. À travers cette histoire, chacun racontera la sienne ! Nous raconterons en redisant et en refaisant ce que nous avons dit et ce que nous avons fait. Sur les places publiques nous irons et nous raconterons notre histoire.

(«SIMONE : Abbiamo la nostra storia ! Un uomo è alla ricerca di un luogo dove seppellire il corpo di suo padre. Attraverso questa storia, ognuno di noi racconterà la propria! Racconteremo ridicendo e rifacendo ciò che abbiamo detto e ciò che abbiamo fatto. Andremo sulle pubbliche piazze e racconteremo la nostra storia.»).

Dalla battuta di Simone si intuisce una meravigliosa e ben costruita metafora del teatro: la storia che racconta altre storie; il desiderio e il bisogno di raccontare e di raccontarsi su una pubblica piazza.

L’opera di Mouawad si presenta al lettore e allo spettatore con un ritmo spezzato da un’estraniante “metadrammaturgia”. Le scene dotate di maggior pathos – il figlio che apprende la morte di un genitore, l’addio al cadavere del padre lasciato in balia delle onde – sono interrotti dall’intervento in scena del regista, che spiega ai tecnici come sistemare luci e oggetti e che dà delle dritte a Wilfrid su come interpretare la scena. Attraverso questa sottile astuzia registica, Mouawad suggerisce al lettore/spettatore di non lasciarsi confondere dal trasporto emotivo della vicenda, ma di concentrarsi sul vero senso dell’opera: la ricerca di qualcosa che non si sa dove sia, il bisogno di raccontarsi, il desiderio di restare uniti.

La fine de Littoral, l’abbraccio del mare che porta via il corpo putrefatto del padre di Wilfrid, l’addio al Cavaliere Guiromelan, non segnano l’epilogo della storia, ma, al contrario, il movente dei volumi successivi: i sei personaggi rimasti continueranno a vagare lungo il litorale, racconteranno le loro storie per esorcizzare i demoni del loro passato e, alla fine del viaggio, imboccheranno un ponte al di là del quale non si sa cosa li attenderà.

Anna Fusari

 

Anna Fusari

Fa tante cose diverse, ma principalmente le piace leggere libri e dire la sua. Ha studiato Lettere Moderne a Napoli e Filologia Moderna tra Padova e Grenoble; ha lavorato in Francia come insegnante di Italiano e come responsabile della comunicazione in un’associazione culturale. Ha fatto un Master in Editoria alla Sapienza e uno stage al Battello a Vapore. Continua a collaborare con alcune case editrici italiane specializzate in letteratura per infanzia e ragazzi (Giunti e Gribaudo) e fa altri lavori che in parte la rispecchiano e in parte no, ma le permettono di fare quello che le pare nel resto del tempo.

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