Il libro si compone di tre parti (Il grande quaderno, La prova e La terza menzogna) pubblicate separatamente tra il 1986 e il 1991 e pubblicate in Italia per la prima volta riunite nel 1998.
Al centro della vicenda ci sono i due gemelli Lucas e Claus/Klaus (nomi anagrammati) e la loro crescita e formazione in un’epoca di guerre in un paese indefinito, in cui però si scorge l’Ungheria del periodo tra la Seconda guerra mondiale e l’invasione russa.
Nella prima parte, Il grande quaderno, i due protagonisti hanno tra i 7 e gli 8 anni e sono costretti, a causa della guerra, ad abbandonare la Grande Città e trasferirsi dalla nonna che abita in un piccolo villaggio di frontiera; vecchia, sudicia e scorbutica, la donna abitua i bambini a vivere senza gli agi e l’amore dell’infanzia, insegnando loro a lavorare la terra per guadagnarsi da vivere e a crescere senza l’aiuto di nessuno.
Lucas e Klaus, i cui nomi non vengono mai rivelati nel primo libro, appaiono come un’unica entità inscindibile, non esiste l’uno senza l’altro, c’è un noi narrante che potrebbe essere sostituito tranquillamente da un io. I due sono bambini dotati di un’intelligenza straordinaria anche dal punto di vista emotivo, determinati a sopravvivere in quel mondo inospitale in cui sono capitati, si sottopongono a un duro addestramento che prevede pene fisiche e morali inflitte vicendevolmente col solo scopo di fortificarsi.
I due gemelli attraversano gli orrori della guerra, gli omicidi, le violenze sessuali, le perversioni, i soprusi, con leggerezza, senza soffermarsi sul dolore che ne deriva, semplicemente vivendo quello che accade come un qualcosa di ineluttabile. Su un grande quaderno riportano poi tutto ciò che accade loro, senza arricchire le descrizioni dei fatti con impressioni personali o pensieri, la regola è quella di scrivere solo la verità oggettiva delle cose.
Alla fine della prima parte l’unità inseparabile si scinde: uno dei gemelli varca la frontiera e lascia il villaggio assediato dai militari, l’altro rimane lì a curare quel che resta degli possedimenti della nonna.
La seconda parte del libro, La prova, ha per protagonista il solo Lucas, il gemello rimasto nel villaggio.
All’inizio la Kristof ne descrive l’enorme dolore per la perdita del fratello, la sensazione di vuoto e di spaesamento che lo costringono in un letto per mesi interi mentre il campo della nonna va a male e le bestie nella stalla sopravvivono a stento.
Poco alla volta però Lucas si riprende, complice l’arrivo improvviso nella sua vita di Yasmine, una ragazza del paese rimasta incinta a seguito di una relazione incestuosa col padre. Il ragazzo, che adesso ha circa quindici anni, l’accoglie in casa e le dà un posto dove stare. Il bambino nasce menomato, ma Lucas se ne prende ugualmente cura al punto che quando Yasmine decide di lasciare il villaggio e tentare la fortuna nella Grande Città egli la costringe a lasciargli il piccolo, di nome Mathias, a cui si è ormai affezionato. Nonostante la malformazione fisica il bambino si rivela intelligentissimo, al pari dei gemelli del primo libro, ma la sua vita è segnata dalla solitudine e dalla sofferenza per quella pietosa condizione corporea e nemmeno l’amore di Lucas riesce a salvarlo.
All’altro gemello si accenna poco in questo libro, egli è un ricordo dai contorni così sbiaditi che il protagonista, e a un certo punto anche il lettore, si chiederanno se sia mai esistito davvero o se sia solo frutto della sua fantasia.
Claus racconta di una famiglia come tante, spezzata da tradimenti e gelosie e da un incidente che segnerà per sempre le loro esistenze; di una vita solitaria passata accanto di una madre sotto psicofarmaci che vive nel fantasma dell’altro figlio creduto morto; di un’angoscia che muta in gelosia alla vista di quella metà che pensava aver perso per sempre.
La magia del primo romanzo, il mondo surreale e incantato della loro infanzia, la lucidità e la grandezza d’animo che li avevano caratterizzati da bambini, qui svaniscono lasciando spazio ai disagi personali dell’uomo moderno, che vive con meschina piccolezza la quotidianità.
Questa è a grandi linee la trama, ma molto è stato omesso innanzitutto per non privare il lettore del piacere della sorpresa e poi perché le vicende e i personaggi che popolano la città di K. sono così tanti che sarebbe impossibile descriverli tutti.
Passando a un’analisi sommaria dell’opera il punto di forza di questo romanzo è, oltre a una trama accattivante, la sua scrittura, che Giorgio Manganelli ha definito di “innaturale secchezza, con una prosa perfetta che ha l’andatura di una marionetta omicida”. In effetti essa è talmente scarna e tagliente da catturare completamente il lettore e le frasi sono così coincise, semplici, pulite che centinaia di pagine scorrono sotto gli occhi di chi le legge senza affaticarlo minimamente.
Inoltre in un momento storico in cui si è abituati a parlare dei propri problemi fino alla nausea, a cercare qualcuno che compianga per le proprie sciagure, ad analizzare ogni dettaglio della propria vita alla ricerca di qualcosa che giustifichi una depressione costante data in realtà da un dilagante vuoto esistenziale, i protagonisti di questo romanzo insegnano a vivere a pieno, accettando anche ciò che di brutto accade come un elemento necessario all’esistenza umana.
Nike Francesca Del Quercio
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