Una linea di sangue tra passato e presente, “Il buio dentro” di Antonio Lanzetta

“Lui conosce questi posti. Fa parte di loro come i vermi che scavano il terreno, come la luce della luna sulle rocce, come l’odore di resina e il cinguettare degli uccelli”.

“Lui” è un assassino, che agisce a più di trent’anni di distanza operando allo stesso modo, seminando tracce, comunicando attraverso un linguaggio di simboli e ferite insanguinate.

Damiano Valente, detto Lo Sciacallo, è uno scrittore di thriller che si nutre di macabri fatti di cronaca per ricamare le sue storie, ma stavolta, dinanzi al corpo decapitato di Elina, che penzola dal ramo di un salice, sembra aver cambiato atteggiamento.

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La sua fame di notizie assolutamente top-secret ha ora uno scopo che va oltre la semplice stesura di un nuovo romanzo. C’è qualcosa nella dinamica di quest’ultimo omicidio che lo riporta indietro nel tempo, ad un’estate del 1985, ai pomeriggi caldi in bicicletta, alle gite al mare, ai gelati, alle amicizie vere, ai tempi in cui le ambizioni si nutrivano di disinteressato entusiasmo e in cui il buio era qualcosa di molto lontano.

Il nuovo romanzo di Antonio Lanzetta “Il buio dentro” è un altalenante viaggio nel tempo, un complicatissimo puzzle di indizi in cui i tasselli del passato servono a ricostruire il presente e quelli del presente a reinterpretare il passato.

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Il delitto si compie nella cornice di un tipico paesaggio cilentano tra il mare e la montagna; il nome del paese è Castellaccio, un piccolo agglomerato urbano poco lontano da Salerno, ma non sufficientemente piccolo da esimersi dal buio della corruzione e della violenza. Sì, perché oltre ai due omicidi “del salice”, Castellaccio è anche luogo di scontri tra associazioni malavitose, di cui il territorio campano è terreno fertile.

Non mancano, dunque, elementi estranei al nodo principale del romanzo, capaci di donare movimento e completezza alla storia. Come la morte della madre di Flavio, che, con il conseguente arrivo del ragazzo a Castellaccio, segna l’inizio di quella nefanda estate dell’85. O l’episodio di Igrid, ragazza alla pari al seguito di una famiglia viennese a Castellaccio, vittima del raggiro di un ragazzo italiano “bello in un modo selvaggio”. O, ancora, la lite in spiaggia contro gli “stabbiesi”, ragazzoni arroganti, figli di boss malavitosi.

Con “Il buio dentro” Antonio Lanzetta è alla sua seconda esperienza – dopo “Nella pioggia” – nel mondo del thriller, abbandonando la “confort zone” – come la definisce egli stesso – del fantasy. I primi tre romanzi di Lanzetta – “Ulthemar”, “Warrior” e “R3volution” – sono spesso catalogati dalle librerie come “letteratura per ragazzi”; il che non sminuisce affatto il valore dell’opera dal momento che, afferma lo scrittore nel proprio blog: “I ragazzi sono i migliori lettori perché non hanno ancora perso la capacità di sognare, di emozionarsi e lasciarsi andare all’immaginazione”.

“Il buio dentro” appartiene ad una categoria diversa, non soltanto per una questione di genere letterario, ma anche per la forte aderenza alla realtà. Quando leggiamo una scena di violenza in un fantasy, si ha sempre una sorta di distacco emotivo, poiché tutto avviene in un mondo, in un contesto e in una storia che non esistono e che non potrebbero mai esistere. Al contrario, quando leggiamo un thriller, la violenza – sebbene faccia parte dell’inventio narrativa – si compie in uno spazio molto vicino a quello della nostra realtà quotidiana, ed è l’assenza della patina protettiva del fantasy a rendere il nuovo romanzo di Lanzetta un libro da “scaffale per adulti”.

il-buio-dentroElementi “fantastici” comunque non mancano all’interno del romanzo, o piuttosto “mistico-esoterici”, ma non vogliamo certo svelarvi la parte migliore. Il romanzo di Lanzetta viaggia attraverso antiche tradizioni e riti di sangue, e lo fa ricongiungendo i punti di uno schema fatto di simboli, ferite e assassinii.

Per tutti gli appassionati di thriller psicologici, il romanzo di Lanzetta è in linea perfetta con le regole del genere, rispettandone i tempi, gli elementi fondamentali, la suspense, ma, allo stesso tempo, riesce a non essere scontato e vi terrà incollati alla pagina nell’affannato tentativo di svelare il mistero dell’ “assassino del salice”.

Dove vanno a finire quei pomeriggi spensierati d’estate? Quelle amicizie, quei primi amori, quei desideri? Il buio penetra a Castellaccio attraverso una porta segreta, che l’autore colloca in mezzo a quella natura, a quegli alberi, quei ruscelli, quegli spazi di natura incontaminata, in cui nessuno immaginerebbe di poterne trovare l’ingresso.

Anna Fusari

Fa tante cose diverse, ma principalmente le piace leggere libri e dire la sua. Ha studiato Lettere Moderne a Napoli e Filologia Moderna tra Padova e Grenoble; ha lavorato in Francia come insegnante di Italiano e come responsabile della comunicazione in un’associazione culturale. Ha fatto un Master in Editoria alla Sapienza e uno stage al Battello a Vapore. Continua a collaborare con alcune case editrici italiane specializzate in letteratura per infanzia e ragazzi (Giunti e Gribaudo) e fa altri lavori che in parte la rispecchiano e in parte no, ma le permettono di fare quello che le pare nel resto del tempo.

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