Welcome (back) to Twin Peaks, population 51.201
L’8 aprile 1990, sulla ABC andava in onda l’episodio pilota de I misteri di Twin Peaks, la serie tv destinata ad attrarre magneticamente milioni di fan e a farsi amare ancora dal pubblico di tutto il mondo a venticinque anni di distanza. Le due uniche stagioni della serie furono partorite dalle menti – contorte, malate, distorte e chi più ne ha più ne metta – di David Lynch e Mark Frost.
Twin Peaks è una piccola cittadina di 51.201 abitanti nel nord America, non molto lontano dal confine con il Canada. Ogni episodio della serie è concepito in modo da rendere lo spettatore parte della vita semplice dei piccoli centri urbani del nord degli Stati Uniti: vi si celebra il gusto amaro di un caffè “nero come la notte senza luna e servito bollente come l’inferno”, il profumo del legno e delle crostate di ciliegia, ma anche il buio dei fitti boschi del nord e il silenzio della notte rotto dai richiami dei gufi. A Twin Peaks nessuno è quello che sembra; la quiete apparente di questa piccola cittadina è destinata a crollare dopo un tragico evento: la morte di Laura Palmer.
Who killed Laura Palmer? (Chi ha ucciso Laura Palmer?) È la frase-tormentone con cui si stuzzicavano i fan della serie americana negli anni novanta. Dale Cooper (l’affascinante Kyle MacLachlan) è un agente speciale della FBI, inviato sul posto per seguire le tracce del misterioso assassino, ma gli indizi finiscono per invischiarlo nella rete di storie segrete su cui si regge il precario equilibrio di Twin Peaks. Bugie, tradimenti, bipolarismo e le più impensabili manie e follie umane sono le prime stranezze con cui l’agente Cooper è costretto a scontrarsi. Il suo inguaribile buon umore, la sua sensibilità fuori dal comune e il suo contegno da agente federale, rendono il personaggio di Cooper uno dei più amati della serie.
Ogni protagonista della storia ha la sua piccola, diremmo “ordinaria”, follia. Lo stesso Lynch, che in più di un episodio si fa vedere dall’altro lato della telecamera, interpreta un agente della FBI con un insolito problema d’udito che lo costringe a parlare a volume troppo alto mentre tiene delle cuffie da walkman (qualcuno si ricorda ancora cos’è un walkman?!). Non solo, Lynch si concede anche delle pause, lasciando la regia di alcuni episodi ad altri – tra cui Diane Keaton, regista dell’episodio 2×15.
La passione per il vintage ha inevitabilmente coinvolto anche il mondo delle serie tv e in questa particolare congiunzione di interessi le camicie da spaccalegna, i grossi pullover di lana con fantasie geometriche e gli occhiali dalle montature rotonde di Twin Peaks non potevano passare inosservati. Rivedere o scoprire Twin Peaks nell’era delle riprese dal drone è un’emozione diversa: il filtro arancione della fotografia, il verde fluorescente dei titoli, gli effetti speciali approssimativi, ricordano la televisione di tanti anni fa e istillano una leggera e piacevole malinconia.
Twin Peaks ha il gusto dell’infanzia degli attuali trentenni: è il ritratto deforme e allucinato di una società che instaura i primi contatti con le nuove tecnologie, dove non ci sono i cellulari e i primi computer in circolazione sono grossi e rumorosi. Le persone comuni usano taccuini e diari per prendere appunti e le tavole calde non servono i loro hamburger accompagnati da purè e crema di mais in piatti monouso.
Lynch gioca tutte le carte per rendere i suoi personaggi e le ambientazioni della serie il più in là possibile dal limite del razionale. L’adozione del campy, ovvero l’uso deliberato di elementi kitch, è uno dei principi che caratterizzano lo stile del regista. Come Tarantino con il sangue, Lynch deforma e esagera tutto il resto. Nella scelta dei costumi, ad esempio, che diventano come delle vere e proprie divise dei personaggi e simboli della loro eccentricità: si pensi alla benda da pirata di Nadine; agli occhiali bicolore del Dr.Jacobi; all’acconciatura di Lucy; all’impeccabile abito scuro di Cooper e al cappello da cowboy dello sceriffo Truman. In tal senso, Lynch adora giocare anche con i feticci, come il ceppo della Signora del ceppo, o la pedina da domino di Hank, o gli scacchi di Windom Earle.
Nulla accade per caso nella nebbiosa Twin Peaks e la scena non smette di affollarsi di nuovi e strambi personaggi, che in un modo o nell’altro finiscono per capitolare nel fitto della rete di intrighi della cittadina.
La fervida e pericolosa immaginazione di Lynch e Frost supera di continuo il limite della realtà, per scivolare nel mondo del fantastico, dell’onirico e delle presenze ultraterrene. Soprattutto nella seconda stagione, l’andamento della vicenda assume sempre più le caratteristiche del fantasy, portando in scena assurde e angoscianti premonizioni, complotti governativi, enigmi psico-maniacali, presenze dall’oltretomba e segnali di mondi paralleli.
Ai tempi in cui fu concepita Twin Peaks, l’idea di Lynch fu un vero choc per il pubblico, tanto che la ABC impose al regista di svelare il nome dell’assassino di Laura durante la seconda stagione per accelerare il ritmo della vicenda e per non mandare avanti quello che sospettava essere un inutile arrovellamento di idee e che, invece, si è rivelato con gli anni una delle più grandi trovate del serial televisivo.
Come all’interno della serie, anche oltre i confini dello schermo sono nate tante storie assurde legate ai misteri di Twin Peaks. Tra le tante potremmo accennare a quella riguardante Gorbaciov, che supplicò George W. Bush di farsi rivelare dalla ABC il nome dell’assassino di Laura. Si potrebbe parlare, inoltre, di com’è nato il personaggio di Bob, mostrato per la prima volta in un’allucinazione della mamma di Laura nella prima stagione della serie; quella ripresa, in realtà, fu fatta per puro caso da Lynch, affascinato dalla faccia dell’arredatore di scena che spuntava dai piedi del letto di Laura e fu inserita nella serie come un unicum, una semplice allucinazione destinata a spaventare lo spettatore senza secondi fini. Solo in un secondo momento, infatti, quando Lynch pensò di dare una nuova piega alla storia, l’arredatore fu ingaggiato per interpretare lo spirito maligno chiamato Bob.
Un’altra storia interessante è quella di Audrey (Sherilyn Fenn) che è forse il secondo personaggio più amato della serie dopo Cooper (forse anche perché sentimentalmente legata all’agente della FBI); Lynch aveva pensato di dedicarle uno speen-off, ma data l’impossibilità di realizzarlo decise di far rivivere quello stesso carattere sognante e sfrontato nel personaggio di Naomi Watts in Mulholland drive.
Ispirato alla serie tv è anche il film diretto dagli stessi Lynch e Frost, Fuoco cammina con me (1992), prequel della triste storia di Laura Palmer e delle altre deliranti avventure di Twin Peaks.
Ma perché riesumare proprio ora una serie tv di venticinque – quasi ventisei – anni fa? La risposta non è molto difficile da immaginare, perché è esattamente ciò che profetizzò il fantasma di Laura Palmer nell’ultimo episodio della seconda stagione: “Ci rivedremo tra venticinque anni”. Dal 21 maggio 2017 sarà finalmente trasmessa l’attesissima terza stagione di Twin Peaks.
Il cast – anche se con parecchie rughe in più – resterà quasi lo stesso, a parte pochi assenti, e vanterà nuove partecipazioni, tra cui Monica Bellucci, Jim Belushi, Naomi Watts, Tim Roth e tanti altri. Inutile cercare anticipazioni o spoiler, Lynch non ha fatto trapelare nessun particolare rivelatore, se non il minimo indispensabile per stuzzicare l’acquolina dei fan della serie. Lo stesso Frost non è stato messo al corrente del finale e gli stessi attori sanno ben poco riguardo la trama, poiché Lynch ha fatto in modo che ognuno di loro ricevesse un copione solo con le proprie battute, senza le parti degli altri componenti del cast. Una vera mania del mistero quella di Lynch, nel lavoro come nella vita.
Il vecchio e noto cartello che recita “Welcome to Twin Peaks / Population 51.201” è stato rispolverato per tornare in scena, ma, con le nuove tecnologie in circolazione, sarà difficile ritrovare quella calda atmosfera della serie nella sua veste originale.
Chissà cosa verrà fuori dal ciuffo bianco di Mr Lynch, c’è da aspettarsi qualsiasi cosa, l’unica certezza che abbiamo è che a Twin Peaks “It’s happening again” (sta accadendo di nuovo).
Anna Fusari