Tratto dall’omonimo romanzo di Daniel Wallace, la pellicola è realizzata dal tanto amato quanto odiato Tim Burton. Senza dubbio essa rappresenta una grande prova di talento e coraggio per il regista statunitense: infatti, appena due anni prima, aveva collezionato uno dei suoi più grandi fallimenti cinematografici, ossia il remake de Il pianeta delle scimmie, celebre cult di fantascienza del 1968. Big Fish – Le storie di una vita incredibile è il suo grande riscatto, nonché uno dei suoi esperimenti emotivi meglio riusciti. Parte di questo successo è imputabile alla natura autobiografica del film: durante le riprese Burton aveva perso il padre e a breve sarebbe diventato genitore con la compagna Helena Bonham Carter, indispensabile figura nei set dei suoi film.
Protagonista è Edward Bloom, uomo dal forte carisma e spirito temerario, il quale adora raccontare le straordinarie avventure della sua vita, dove il confine tra reale e irreale viene oltrepassato con la stessa maestria di un bambino che gioca al suo passatempo preferito, e, oramai anziano, usa i suoi ricordi come controcanto a una vita sedentaria e danneggiata da una lenta malattia. La fantasia di Edward non è mai stata accettata dal figlio William ‒ accanito, quasi per contrasto istintivo, nella ricerca della verità nelle imprese paterne ‒ che, rassegnato all’assenza di un autentico dialogo, non ha più rapporti con lui da molti anni. Solo la malattia lo spinge a ritornare nella casa della sua infanzia, in compagnia della moglie francese in dolce attesa.
La variazione cromatica incide sull’andamento della trama, investendo i contesti rappresentati di una considerevole carica emotiva, un gioco di ombre e luci denso di suggestioni. Ma l’ambiente è diverso rispetto ai lungometraggi che hanno reso celebre il regista. Le sue tinte pastello e un’aura magica quasi nebbiosa accompagnano le
Padre e figlio rappresentano l’eterna lotta tra realtà e immaginazione, e ciò che il film offre è la possibilità di comprendere il valore della narrazione e del racconto, capace di unire ed eternare persone e luoghi, incisi nella memoria degli affetti. Una lezione indispensabile compresa lentamente da William, trasportato ancora una volta nel mondo di Edward, una storia dopo l’altra. Schegge di vita coinvolgenti e intrise di quel senso gotico e fatato tipico di Tim Burton, in cui colori sovraesposti, laccati da un look pop in pieno stile anni ’50, coesistono sulla scena con atmosfere plumbee e creature straordinarie. Ispirato al profondo buio di Lynch e al parossismo dei Coen, il film merita di essere annoverato tra i grandi successi di Burton, come Edward mani di forbice e La fabbrica di cioccolato. Pieno di una dolcezza rivelata in ogni dettaglio e nei volti dei personaggi, abilmente diretti dal regista, Big Fish riesce a colpire sia adulti che bambini.
Marcella Maria Caputo
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