Ogni registrazione è la descrizione di un evento che l’ha spinta a morire. Ogni evento ha il suo protagonista, qualcuno che agendo in un determinato modo ha creato o inciso un dolore sottovalutato, schernito e infine esploso sorprendendo tutti, ammutolendo tutti. Clay capisce di avere così la possibilità di vivere la verità di Hannah, di scoprire tutti i suoi segreti, di comprendere le sue reazioni e la sua morte. Si rende conto, soprattutto, di essere uno dei tredici motivi che ha spinto quella ragazza per lui tanto speciale a buttarsi tutto alle spalle e sparire, ma non senza un ultimo colpo di scena.
Nel 2017 Netlfix ha prodotto una serie televisiva omonima ispirata al romanzo. È andata in onda dalla fine di Marzo e grazie al suo successo si prevede una seconda stagione nel 2018.
Gli attori protagonisti ‒ Dylan Minette (Clay) e Katherine Langford (Hanna) ‒ sono giovani esordienti a cui viene affidata una prova attoriale estremamente difficile, data la delicatezza dei temi trattati nelle puntate, e si mostrano in grado di fronteggiare l’ardua sfida con una disinvoltura ben più matura della loro età.
Ogni episodio è incentrato su un lato della cassetta: gli spettatori ascoltano attraverso le orecchie di Clay che ripercorre il percorso di Hannah, la cui voce-giuda crea un inquietante e triste contrasto tra la sua assenza e la sua presenza, ancora forte grazie al suo piano liberatorio. Passato e presente si alternano ‒ accompagnati da cambi di colore che filtrano le scene tra cromature calde (il passato) e fredde (il presente) ‒ fino a fondersi in una consapevole rottura del continuum narrativo, considerabile secondario rispetto alla rivelazione di tutti i segreti sotterrati: la crudeltà di gesti taciuti e terribili, con inevitabili conseguenze. Benché la guida sia Hannah, il vero protagonista chiaramente è Clay, lui e il suo cambiamento, l’evoluzione di una coscienza che entra in contatto con il dolore autentico.
Le scene nitide e ben studiate, un copione semplice e ricco di una suspense sempre ben distribuita, rendono questa serie televisiva godibile e dall’impatto emotivo tanto forte quanto ben gestito. Lo spettatore è portato a fremere fino all’ultima scena, a desiderare di capire la reale successione dei fatti.
Le ultime puntate sono cariche di commozione ed estremamente toccanti: le parole non dette ‒ perché spaventose o considerate inopportune ‒ scatenano tutta la loro violenza sui carnefici-vittime del lungo addio di Hannah. È non c’è nascondiglio o alcool o droga in grado di nascondere il peso del silenzio, e chi davvero ha coscienza di sé e di ciò che è successo impara con sforzo a conviverci e andare avanti, cercando di agire nel giusto, per quanto una persona possa.
Ci sono i buoni e cattivi, ma la bellezza di questa stagione sta nel dimostrare che ogni persona, ragazzo o adulto, è buona e cattiva e può agire egoisticamente o crudelmente per proteggersi, per divertirsi, per non sentirsi solo. Vittime di un ingranaggio sociale, in questo caso la scuola, si agisce per sopravvivere, spesso a scapito della pelle altrui. Non è certo un tema nuovo, come non lo sono il bullismo, i festini alcolici, la crudeltà adolescenziale, l’impotenza genitoriale e l’abuso in tutte le sue forme, psicologico e fisico, fino allo stupro, il suicidio. Benché questi siano infatti argomenti conosciuti e trattati, è il modo in cui vengono gestiti a essere nuovo: senza filtri. La nitidezza delle immagini risulta sorprendente e audace. Osservare un’aggressione sessuale, in tutta la sua crudezza, o una ragazza che si taglia le vene senza che la telecamera distolga mai il suo sguardo è una scelta importante e decisa.
Sono state mosse molte critiche nei confronti della serie, a causa dell’impatto emozionale che determinate scene possono generare nelle ancora plasmabili menti giovanili. Tuttavia il successo è stato innegabile. Al di là dei giudizi mossi contro questa “politica della trasparenza”, ciò che può essere considerato interessante è comprendere il messaggio di Thirteen Reasons Why: la fragilità emotiva che non va mai sottovalutata, l’ipocrisia dei rapporti umani, o semplicemente una storia, finita nel peggiore dei modi.
Un personaggio, nell’ultima puntata della stagione, pronuncia un commento che è degno riassunto di tutta la serie: «È straziante». Ed è nello strazio continuo la carica emotiva di questa storia.
Marcella Maria Caputo
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