Yasmina Reza considerata la più grande autrice teatrale, romanziera e sceneggiatrice francese tradotta in tutto il mondo, nata a Parigi nel 1959 da un ingegnere iraniano e una violinista ungherese, entrambi di origine ebraiche, è nota in Italia per Il Dio del massacro poi adattato nel film di Roman Polanski, Carnage. Dopo Felici i felici del 2013, in Italia è arrivato il suo ultimo romanzo Babilonia, edito da Adelphi, vincitore del premio Renaudot, ricevuto l’autunno scorso.

Il romanzo attraverso la voce narrante della protagonista Élisabeth, descrive la vita di questa donna, il suo matrimonio, le sue amicizie, i suoi pensieri che verranno improvvisamente sconvolti una sera di primavera. Élisabeth è una donna di sessant’anni con un lavoro soddisfacente e una famiglia tranquilla, sente però che la vita le sta sfuggendo di mano, non è più giovane e non sente più le emozioni di una volta. Nel rimpianto di un amore giovanile, che le ha trasmesso la passione per la fotografia, inizia a sfogliare “The Americans”, di Robert Frank, “il libro più triste del mondo”: osserva i volti, gli oggetti, il paesaggio, incantata dal fascino dello scatto fotografico che pietrifica e immortala ciò che è destinato a dissolversi. L’unica persona con la quale ha stretto un rapporto di amicizia, nel palazzo dove abita è il suo vicino Jean-Lino Manoscrivi, uomo mite e pacifico, “con la biro e il suo giornale e soprattutto il suo cappello”, un amante delle corse dei cavalli, l’unico momento ricco di adrenalina nelle sue giornate. Jean-Lino soffre di claustrofobia per questo non prende mai l’ascensore, si incontrano così, coinquilini in un palazzo della banlieue parigina, salendo e scendendo le scale, lei fino al quarto piano per tenersi in forma, lui fino al quinto. Sono entrambi coniugati: Élisabeth con il posato Pierre, Jean-Lino in seconde nozze con la stravagante Lydie, nonna di un pestifero e furbo ragazzino, Remi, con cui Jean-Lino vuole a tutti i costi instaurare un’intesa affettuosa.
Con il vicino di casa, Élisabeth ha un rapporto di cortesia ma anche di reciproca simpatia e confidenza. Per vivacizzare la quotidianità, Élisabeth organizza una festa di primavera, invita anche Jean-Lino e sua moglie. Tutto procede tranquillamente, anche troppo: la festa non decolla, la conversazione languisce. Il romanzo segue un percorso, si avverte sin dalle prime pagine che si sta arrivando a un evento clou, spesso assente nei precedenti libri. Felici i felici era un racconto corale, in cui ogni capitolo poteva essere una novella. Babilonia sembra un giallo, ma come in Felici i felici, anche qui sono i dettagli che possono uccidere, un dettaglio a prima vista innocuo: una parola di troppo e mal pesata; una leggerezza innocente, imperdonabile: in Felici i felici scoppia una lite furibonda in un supermercato per l’acquisto del formaggio sbagliato. In Babilonia, ad accendere la miccia è una domanda sull’origine del pollo usato per un polpettone servito da Elisabeth durante un pranzo di primavera. Lydie, la moglie di Jean- Lino, chiede agli ospiti se il volatile «ha mangiato granulato biologico, è stato a spasso in un cortile, ha potuto svolazzare e appollaiarsi sugli alberi». Jean-Lino ne approfitta per fare delle battute e qualche pantomima sulle idee, a suo parere ridicole, della moglie. A questo punto il romanzo si tinge di nero pur mantenendo i toni della commedia grottesca, con situazioni paradossali e deliranti.

Il romanzo non pretende di essere iscritto nella categoria dei noir o meglio ancora dei polar (termine francese per indicare il genere poliziesco più noir), il tono elegante, sofisticato e umano sottolinea come l’omicidio sia solo un pretesto per parlare di altro: di Babilonia. Babilonia è il regno del caos, del caos quotidiano, della vita, delle sue brutture, di uomini e donne che dialogano senza comprendersi e dove piccoli malintesi possono diventare fatali allontanando le persone fino a renderle dei perfetti sconosciuti. Babilonia dà voce alle angosce più segrete, mette in scena in un modo estremamente semplice le mostruosità e le crudeltà più nascoste della coppia. Yasmina Reza ha saputo mettere in scena una storia semplice e perfetta, dando prova che l’assurdo, il mostruoso, il tragico e il beffardo dimorano proprio nella (apparente) normalità. Ma Babilonia è anche un romanzo sull’amicizia, un’amicizia che sembra migliore dell’amore, con la sua carica di passione e una serie di elementi che possono ricordare l’amore, ma rispondono ad altre regole, un’amicizia che salva, che dura. Élisabeth, per curiosità, per incoscienza, ma anche per un sincero affetto nei confronti dell’amico, si lascia coinvolgere dalla richiesta di aiuto di Jean-Lino senza curarsi delle conseguenze. C’è tra i due un legame, un canale di comunicazione forse dovuto alla comune solitudine, ai ricordi d’infanzia, ma questo legame non si potrebbe ritrovare nella coppia d’amore, come non si può condividere con il marito l’avventura nella quale si tuffa con Jean-Lino.
Babilonia è l’interrogazione profonda sul tempo che è passato e che non tornerà più e per citare la quarta di copertina, Babilonia «ci ricorda che, non diversamente dagli ebrei, che sulle rive dei fiumi di Babilonia, sedevano e piangevano al ricordo di Sion, ciascuno vive in esilio: da se stesso, da ciò che avrebbe voluto essere, e dagli altri».

Anna Chiara Stellato

Anna Chiara Stellato

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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