MAD è, infatti, l’acronimo di Musica, Animazione e Documentari, ma “mad” in inglese vuol dire anche “pazzo”. Perché è con un pizzico di “sana pazzia” che il produttore Luciano Stella, insieme ai musicisti e produttori musicali Antonio Fresa e Luigi Scialdone, ha deciso di scommettere su quella che era in origine una start-up che ambiva a dare nuovo lustro all’animazione in un paese come l’Italia in cui è da sempre relegata a genere per bambini. Nel resto del mondo, infatti, l’animazione non è concepita come un genere, bensì come un linguaggio in grado di raccontare qualsiasi storia e di veicolare messaggi rivolti anche e soprattutto a un pubblico adulto. Lo Studio Ghibli, da questo punto di vista, ovviamente ha fatto scuola, ma esistono esempi disseminati in tutto il globo: dai lungometraggi esistenziali di Sylvain Chomet alle animazioni “impegnate” come Persepolis e Valzer con Bashir, fino al capolavoro sperimentale di Charlie Kaufman, Anomalisa, e, perché no, ai più recenti lavori della Pixar – vedi il pluripremiato Inside Out.
La scommessa a oggi si può dire che sia stata vinta. Già premiato come “Studio dell’anno” nel 2014 al Cartoons on The Bay, la principale manifestazione italiana dedicata all’animazione, MAD è stato nominato due anni dopo alla kermesse Cartoon Movie di Lione come “Miglior produttore europeo dell’anno”. Un riconoscimento che ha premiato lo sforzo artistico della factory napoletana che con il suo primo lungometraggio, “L’arte della felicità”, era arrivata finalista proprio al Cartoon Movie, per fare poi incetta di riconoscimenti in giro per il mondo, aggiudicandosi anche il Premio Miglior film d’animazione agli European Film Awards nel 2014.
Il film, animato da Alessandro Rak, fumettista noto già per la realizzazione di alcuni cortometraggi e videoclip musicali di artisti partenopei, ha tratto originaria ispirazione dall’omonima manifestazione culturale ideata da Stella, tenutasi a Napoli dal 2005. Gli incontri con autorevoli testimoni dalle più variegate professionalità e provenienze culturali e il successo di pubblico ottenuto sono stati il motore dal quale è nata l’idea di un progetto di “documentario animato” che raccontasse il valore di queste esperienze condivise. Il risultato è un’opera fortemente simbolica, intrisa di saggezza orientale, che dipinge una Napoli piovosa e preapocalittica, ben lontana dagli stereotipi mediatici, che fa da sfondo a una storia di dolore e di rinascita, di arabe fenici che risorgono dalle proprie ceneri.
Con il secondo progetto firmato MAD, “Gatta Cenerentola”, Rak e il resto del team hanno compiuto un ulteriore passo avanti. L’opera, scritta e animata a “otto mani” con Ivan Cappiello, Dario Sansone e Marino Guarnieri, si distanzia sensibilmente dalla versione edulcorata della Disney, per avvicinarsi maggiormente al racconto originario di Giambattista Basile inserito ne Lo cunto de li cunti. Nella Gatta Cenerentola di MAD c’è sempre la protagonista vessata da matrigna e sorellastre, ma a cambiare è lo scenario, che diventa una Napoli oppressa dalla malavita, sospesa in una dimensione steampunk retro-futuristica. E se ancora una volta la sfida è stata quella di coniugare la qualità di un prodotto dal respiro internazionale con una filosofia inevitabilmente low budget, soltanto la creatività e la capacità di rimodulare in funzione di ciò che era a disposizione – la famosa “arte di arrangiarsi” – hanno permesso di superare ostacoli apparentemente insormontabili.
Per il prossimo anno MAD ha in cantiere diversi progetti, tra cui l’esordio alla regia del ventiduenne Francesco Filippini con un lungometraggio d’animazione ispirato alla vera storia di Hope Savage, musa della Beat Generation. Nel frattempo, dopo il successo un po’ in sordina de L’arte della felicità, Gatta Cenerentola sta ricevendo un consenso unanime da parte di pubblico e critica, tanto da essere stato inserito nella lista dei candidati italiani all’oscar per la nomination come miglior film straniero. Un successo ormai che non riguarda più soltanto la MAD, ma che ha a che fare con le potenzialità di lavoro di un’intera città, con le capacità espressive di un gruppo di giovani talenti che non solo non hanno abbandonato la propria terra in un periodo di enormi difficoltà, ma hanno deciso di viverci con orgoglio e voglia di restare. L’animazione italiana ha trovato i suoi “piccoli eroi”, sognatori fuori dagli schemi capaci di realizzare l’impossibile.
Valerio Ferrara
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