Così, quando qualche tempo fa mi sono ritrovato tempestato di messaggi da una presunta casa editrice che si vanta di non chiedere un euro all’autore perché l’editoria crede negli autori e non chiede loro soldi, perché è sbagliato chiedere soldi, perché noi crediamo nel talento, perché proprio no, anche se ce li vuoi dare a forza noi non li prendiamo, perché anche se ancora non ti ho letto tu vali più degli altri, perché ecc. ecc. noi di soldi proprio non te ne chiediamo. (I toni erano questi, per intenderci), mi sono detto: smontiamo tutto.
Ho creato un po’ di account random, ho montato un manoscritto con varie schifezze che ho sul PC e speranzoso ho aspettato.
Piccola nota: dal fatto che sul loro sito si parlasse soltanto di quanto è bello non chiedere soldi agli autori e di come, sempre l’autore, dovesse fidarsi di loro; e dal fatto che invece, i loro libri, questi sconosciuti, non comparissero mai, in nessuna pagina del sito, già nasceva qualche sospetto.
Quindi invio la mia schifezza.doc!
Va da sé che dopo pochi giorni scopro di avere un capolavoro tra le mani. Sono il nuovo Charles Dickens (non lo dicono, ma clamorosamente il mio ego lo intuisce). Però prima di passare alla pubblicazione devo rispondere a un questionario (un po’ come quando si va a donare il sangue). Perché sai, l’editoria è un settore in crisi e noi dobbiamo farci un’idea delle persone che scegliamo (Giusto!). E allora: quanti amici hai? Se dici loro che hai pubblicato, poi, il libro lo comprano? Sapresti organizzarti una quarantina di presentazioni senza coinvolgerci minimamente? Ce l’hai già una pagina Facebook con mezzo milione d’utenti? E una Instagram? Twitter?
I soldi all’autore non li chiediamo, ma andiamo direttamente dagli amici – hanno furbamente pensato loro.
Che culo! – hanno pensato gli amici.
Ma non è finita qui. A quota raggiunta, il libro viene sì stampato (e certo! C’è gente che l’ha pagato), in quantità superiore alle copie effettivamente vendute (es: bisogna venderne 100 per stamparne 200), ma ancora non è pronto per la libreria. Il nuovo capolavoro potrà arrivare sugli scaffali soltanto quando l’autore, attraverso una capillare azione di presentazione e promozione, avrà venduto una quota di libri pari a 350/400 copie.
Ora, credetemi: un autore sconosciuto, senza essere in libreria, senza essere sugli e-store e senza il sostegno della casa editrice, con un volume che c’è da presumere non abbia avuto alcuna cura redazionale, se vende 400 copie fa un miracolo! E comunque, poi, arriva in libreria con un titolo già spompato. Da un punto di vista commerciale, s’intende.
Ovviamente non ho intenzione di fare il nome dell’azienda che ha messo su questo meccanismo. Non è nei miei interessi. E se ci ho perso del tempo è perché sono sempre più curioso di conoscere i meccanismi del mondo editoriale, anche quelli da cui prendo le distanze. Per avere una visione totale, diciamo. Smontare chi con insistenza viene a prometterti il successo è forse anche un gioco ridicolo. Ma ci sono autori che ci cascano, perché sprovveduti o perché forse credono ci siano corsie preferenziali o formule magiche.
Beh, formule magiche non esistono. Alla fine è sempre questione di pesi, contrappesi, travi, basculanti ecc. Ma di tutt’altra fattura.
Antonio Esposito
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proprio per evitare che alcuni autori ci caschino, è necessario smascherare la casa editrice con cui hai avuto questa esperienza rendendone pubblico il nome
Questo è solo un caso. Dinamiche simili sono ampiamente diffuse. Svelare il meccanismo è già d'aiuto...