Transmigrazioni, testimonianze vere di donne abusate
Gli ultimi dati riguardanti i femminicidi del 2017 ricordano un bollettino di guerra. Donne che non ce l’hanno fatta. Donne che sono rimaste vittime di un amore crudele, assassino. Molte altre però lottano quotidianamente per non perire, spesso andando contro gli affetti più cari e a una società che tende a giudicarle, anziché proteggerle.
Proprio a loro è dedicato il romanzo Trasmigrazioni di Simonetta Peci, Albero Niro Editore. Vuole essere uno strumento di sensibilizzazione e di conoscenza per tutti, un campanello d’allarme e una “guida” per donne che sentendosi in pericolo vorrebbero uscire dal vortice della violenza e riprendere in mano la propria vita. É stato realizzato sulla base di storie vere, otto donne raccontano le loro diverse vite, vissute in balia dello stalking, della violenza psichica, fisica o sessuale. I loro racconti sono stati affiancati dalla supervisione di esperti del settore che hanno aiutato a definire le dinamiche e i meccanismi che si ripetono in situazioni di pericolo, i quali sfociano o potrebbero sfociare in episodi di violenza.
“Creature solitarie che si muovono nel sottosuolo della violenza. Donne abbandonate da una società che tende a colpevolizzarle, là dove l’unica colpa da imputare loro è l’amore per uomini che non sono capaci di amare. Una società il più delle volte ai limiti della misoginia. Far uscire dalle pagine di cronaca queste donne, condannate ad una massificazione che non le distingue a sufficienza l’una dalle altre. Conoscere attraverso le loro parole l’emarginazione e le umiliazioni che sono state costrette a subire. Racconti di persone che hanno convissuto con la paura quotidiana, che si sono nascoste per anni fino a trovare la forza per allontanarsi da chi le minacciava. Dar voce, per quanto è possibile al loro silenzio, dar corpo alle loro lacrime, dar forma alla loro rabbia. Storie di abusi dolorosamente sopportati, storie di anime confuse e sole. Trovare un filo invisibile che possa collegare quelle donne con chi ancora è sotto il giogo della violenza. Far trasparire da quei racconti la voglia di riscatto. La parola donna deriva per assimilazione consonantica dal latino ‘donna’, forma sincopata del latino classico ‘domina’, cioè signora. Farle tonare a essere signore, rispettate in quanto tali.”
Abbiamo intervistato l’autrice.
D. Cosa ti ha spinta a scrivere di abusi e violenza sulle donne?
R: In realtà non è stata una spinta ma un caso. Ho conosciuto Alessandra Borroni, la mia editrice, che con Mari Marziali mi hanno chiesto di scrivere questo libro. Però quel caso ho scoperto essere parte di me, ho sentito subito che volevo essere la voce di quelle donne, non solo perché ero anch’io una donna, non solo perché volevo comprendere il loro percorso, non solo per il mio innato bisogno di riscatto che sentivo fin da piccola ma c’era qualcosa di più: io volevo capire quelle donne fino in fondo senza pregiudizi di nessun genere.
D. Chi sono le protagoniste del tuo romanzo?
R: Sono donne di ogni tipo. Stupisce che la violenza di genere è paradossalmente democratica, colpisce donne di ogni ceto sociale e di qualsiasi livello culturale. Le mie otto protagoniste sono affascinanti, belle e non nel senso meramente superficiale del termine, generose nel regalarmi le loro storie e soprattutto forti. Hanno la forza di resistere anni con uomini feroci e assolutamente deboli sentimentalmente. Hanno la forza di nascondere le ferite causate dei loro mariti, fidanzati, compagni. Hanno la forza di sopportare i giudizi esterni. Vanno avanti nonostante tutto.
D. Quanto è stato difficile raccogliere testimonianze vere?
R: Molto difficile. La cosa gravosa è ascoltare dalla bocca di queste donne tutto quello che hanno subito, le ferite ancora aperte non guarite che mai si chiuderanno del tutto. Difficile ancor più rendere quelle ferite narrazione, immedesimarsi nei loro corpi, nelle loro menti violentate e farle diventare parole, rendere immagine i loro sentimenti. Queste donne sono state magnifiche, mi hanno regalato la loro vita con una tale semplicità e disponibilità da essere commovente per me.
D. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
R: Sembra banale dirlo però questa esperienza mi ha lasciato tantissimo. La prima cosa che mi ha trasmesso è la consapevolezza, ho preso coscienza di quanto lavoro c’è ancora da fare perché le differenze di genere vengano abbattute. Ho preso coscienza che la violenza sulle donne è una questione culturale e parte da lì il lavoro che tutti dobbiamo fare cambiando il nostro modo di pensare. Mai abbassare la guardia, mai lasciare che certe immagini, certe parole, certi luoghi comuni scivolino via senza dargli il giusto peso e riportarli nella giusta prospettiva.
D. Che tipo di emozioni proverà il lettore leggendo la tua opera?
R: Ascoltando le persone che hanno letto il mio libro credo che l’emozione emergente è quella della durezza di certe cose lette. Si immedesimano con queste donne costrette a subire ogni vessazione e vivere con il senso di paura che le insegue quotidianamente. Però c’è anche un sentimento di rivalsa, perché il libro segue una linea positiva che porta ad una presa di coscienza di queste meravigliose femmine. Queste eroine si incontrano nel libro in una specie d’intreccio che le fa parlare di sé tra loro. La cosa sorprendente è stata sapere che alcune di esse si sono incontrate nella realtà, parallelamente al mio libro.
D. Spesso le tragedie si compiono tra le mura casalinghe, e i casi sembrano aumentare di anno in anno. Secondo te si sta facendo abbastanza per cercare di diminuire il problema?
R: In realtà gli esperti dicono che non c’è stata una crescita negli anni, il fenomeno è costante, forse se ne parla di più e questo può dare la percezione di un aumento di questi casi di violenza. Io credo che si dovrebbe fare di più nell’abito educativo. Nelle scuole si dovrebbe studiare educazione sentimentale, sessuale e civica. Fare di più perché le scrittrici femminili, le pittrici, le scienziate ecc… siano messe allo stesso livello dei colleghi maschi. Le immagini sul corpo femminile devono avere peso. Le parole devono avere peso, per esempio la parola “Maestra” dovrebbe avere la stessa valenza della parola “Maestro”. Io credo che sia giusto aumentare i corsi per la prevenzione contro la violenza di genere a ogni ente statale che sia la pubblica sicurezza, gli assistenti sociali e altri che lavorano in questi ambiti affinché la donna si senta accolta, aiutata, protetta e mai giudicata.
D. Ci sono in programma presentazioni del tuo romanzo?
R: Ci saranno delle presentazioni intorno alla festa della donna
D. Progetti futuri?
R: Mi piacerebbe far diventare Trasmigrazioni uno spettacolo teatrale. Scrivere un nuovo libro e continuare a portare avanti le mie passioni per la fotografia e il teatro.
Simonetta Peci vive a Campofilone (FM). Scrittrice, attrice, fotografa. Da molto tempo è impegnata con il teatro e il suo gruppo teatrale dove con testi da lei scritti rappresenta in modo incisivo il mondo delle donne: i loro problemi, le loro debolezze e le mille sfaccettature che compongono una donna. Tema che porta avanti anche con la fotografia visitando le mille realtà delle donne, attraverso i ritratti femminili e agli autoscatti che l’aiutano nella ricerca di sé e dell’universo femmineo. Trasmigrazioni nasce dalla collaborazione con Alessandra Borroni presidente dell’Associazione Infinito e da una forte necessità sociale di informare e sostenere donne in difficoltà. Nella stesura del libro, che si basa su storie vere, è stata affiancata e supportata da esperti del settore tra i quali Meri Marziali e Pina Ferraro Fazio.
Floriana Naso