Lei è Ilaria Gaspari. Etica dell’acquario è il suo romanzo d’esordio.
È giovanissima e freschissima. Nata a Milano nel 1986, è diplomata in filosofia alla Scuola Normale di Pisa. La trovo nell’esiguo ma accogliente spazio della libreria italiana di Parigi dove sta per presentare il suo libro, mentre Florence, la padrona di casa, è indaffarata a sistemare sedie e sgabelli pieghevoli dove fra poco ci potremo appollaiare coi cappotti sulle ginocchia chiedendo scusa ai vicini per le gomitate involontarie.
Il suo libro è uscito in Italia per Voland nel 2015, ed è stato già tradotto in francese e pubblicato dalle Éditions de Grenelle nel 2017. Il suo editore francese, che è in realtà italiano, è qui, e prima di lasciare la parola a lei, spiega il progetto di questa nuova presenza nel panorama editoriale francese. L’iniziativa è interessante. Éditions de Grenelle è una neonata casa editrice, gestita appunto da un editore italiano d’esperienza, e che ha vocazione a pubblicare in traduzione francese letteratura di autori italiani contemporanei. Lui, dunque, si scusa di dover andar via (ha un volo per Roma da prendere), le dà una benedizione (un “brava” a mezza voce mentre la saluta), e la lascia a raccontare di sé e di come è nato questo suo primo romanzo.
Ilaria prende la parola ed è un fiume in piena. Ha voglia di dire tante cose, parla con l’urgenza di chi si tormenta dal tanto riflettere e si stupisce quasi di avere un pubblico lì ad ascoltare. Le mani sempre nei capelli, poi a sistemarsi la gonna, poi a strofinarsi le ginocchia nervosamente, poi di nuovo a spostare una ciocca.
Si esprime in francese, in un bel francese, perché anche se adesso è tornata a vivere in Italia, è a Parigi che ha fatto una parte del suo dottorato, ed è qui che ha scritto il suo libro. La passione per la scrittura, dice, non è recente. Racconta di aver scritto la prima pagina quasi per gioco, per vedere come veniva, e poi ha continuato.
Il risultato è un bel libro, certo con qualche linea o qualche passaggio più acerbo del resto, ma che lascia intravedere un talento cha saprà perfezionarsi. È il trionfo del polisindeto. Si tratta della cifra stilistica che più salta all’occhio, ma anche un’appassionata come me di questa figura sintattica ne avrebbe messa giusto qualcuna in meno.
La protagonista è Gaia, una giovane donna bella e infelice, che ritorna a Pisa dieci anni dopo avervi concluso gli studi alla Scuola Normale. Vi ritorna, e lì ritrova il suo gruppo di amici e il suo amore dell’epoca: tutti confluiscono lì, dopo tanto tempo, nella città dove si sono conosciuti, dove sono successe tante cose, dove hanno trascorso anni determinanti per la loro crescita, dove in un modo o nell’altro si è preparato e consumato il passaggio all’età adulta. A riportarli lì è un fatto tragico: la morte in circostanze misteriose di una delle compagne di studi. È l’occasione, per la protagonista, di fare un tuffo nel passato, ripercorrerlo, analizzarlo, rileggerlo attraverso il prisma della distanza, ma anche di fare un bilancio della propria vita a dieci anni dal tempo in cui tutto era ancora una promessa.
Quando parla del suo libro, Ilaria lo definisce un noir. Ha voluto mettersi alla prova con un genere con codici molto precisi e definiti: da un lato l’esercizio la divertiva, dall’altro le dava dei punti di riferimento chiari nella tecnica di scrittura. Ora, mi sembra che quest’aspetto sia precisamente il meno riuscito. La trama, dal punto di vista del noir, mi sembra debole e per nulla interessante.
A mio avviso anziché una dichiarazione d’appartenenza a questo genere, sarebbe bastata una strizzata d’occhio. Perché tutta la ricchezza del libro, mi sembra, sta altrove. La ricchezza sta nella delicatezza, la grazia e l’eleganza della scrittura, a parte pochissimi passaggi maldestri che si diluiscono nel resto senza attirare troppo l’attenzione. La ricchezza sta nella profondità di pensiero dell’autrice, nella capacità sottilissima di analisi di certi meccanismi psicologici dell’essere umano in generale e di quell’età particolarissima che è il momento di passaggio alla vita adulta. La ricchezza sta nella capacità di esprimere questi meccanismi:
[…] assaporavo la felicità di quella nostalgia acerba del presente. Mi avvicinavo per la prima e forse ultima volta in vita mia alla perversione magnetica del futuro anteriore, dell’idea che arriveranno i giorni in cui tutto sarà già successo.
Manuela Corigliano
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