Prima ancora di parlare di Inferno a Milano – La nota nella nota edito da 13Lab, è bene spendere qualche parola sul suo autore.
Tendenzialmente per parlare di un libro si può infiltrare qualche nota biografica su e giù per il testo o affrontare la questione per via traverse; in questo caso dobbiamo partire proprio dalla penna.
Giovanni Nebuloni, prima di questo, ha pubblicato già altri otto romanzi; uno scrittore proficuo che poggia il suo fare letteratura su un’idea ben precisa. L’autore, infatti, ha teorizzato le basi del suo scrivere: Fact-Finding Writing, ovvero scrivere per conoscere, aumentare dentro di sé la consapevolezza di quello che ci sta intorno utilizzando come strumento la letteratura.
La storia ha come protagonista una donna, Livia, commissario di polizia quasi trentenne, lettrice accanita, libera mentalmente ma incastrata da una storia che parte dall’assassinio di un suo collega e di una facoltosa famiglia milanese di proprietari di immobili e finisce con quello della sua amante e della sua più cara amica.
Quest’ultimo evento la sposta fuori dalle indagini che sta conducendo e la immette nel generoso – generoso per la letteratura in generale, e anche per il racconto di Nebuloni, che proprio in questa parte si affina al massimo – terreno della vendetta.
Una donna guerriero dal sapore, ancora una volta, cinematografico, che si fa giustizia da sola per i torti e i lutti subiti abbattendo il potere criminale di una setta russa che ha messo radici nella capitale lombarda e muove pericolosamente l’economia della città, e non solo. Nel mezzo, tra il dolore, la rabbia e la finale vendetta, ci sono infatti una serie di misteri, interrogativi, simboli e rituali sinistri di quella che è una setta realmente: gli skopcy di cui nel romanzo il Cristo è il capo e la mente, sono realmente esistiti nella Russia, i cui ultimi seguaci furono eliminati durante il regime di Stalin.
Ecco il sassolino di realtà con il quale Nebuloni vuole metterci in guardia; mettendo in piedi uno scenario a volte paradossale ed esasperato (ma comunque non inverosimile) ci invita a riflettere su alcuni scenari contemporanei e insieme a restare vigili: molte cose in questo romanzo accadono nell’ombra, per una sorta di dormiveglia dei più.
Saremo conquistati dai russi? Non credo sia questo quello che l’autore vuole raccontare, ma in modo sottile, attraverso lo stile e la corrente che ha inventato per il suo modo di narrare, accende i riflettori su alcuni temi che sono vicini a noi, ma talvolta nascosti.
Sullo sfondo di questa storia, una Milano austera, diversa dalla solita frenesia che immaginiamo o sentiamo, fatta di strade buie e silenziose; una Milano laboriosa dalla quale si può muovere e dirottare il destino di un Paese. E poi, non ultima, c’è la musica che è il viso di un affascinante musicista ma anche le note frenetiche di un brano jazz composto negli anni Quaranta, Night in Tunisia, che scatenano un mistero nella narrazione ma sono anche la sua giusta colonna sonora : movimento, frenesia e un velo di inquietudine.
Azione, giallo e uno scenario contemporaneo fanno di questo libro, pieno di eccessi narrativi e di un linguaggio studiato e ricco, talvolta inusuale, una lettura fuori dagli schemi, piena di spunti (anche letterari, posti come citazioni di altri romanzi) che certamente è giusta nel suo intento di apportare al lettore nuove conoscenze e farlo interrogare su possibili scenari della realtà.
Anna Giordano
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