Addicted (LiberAria editore) è un saggio scritto a più mani su dipendenza e serie tv, o quanto meno sulla dipendenza alimentata da determinati aspetti peculiari delle serie tv (colonne sonore, personaggi, temi, finali sospesi…).
Carlotta Susca, curatrice del volume, e già autrice di David Foster Wallace nella Casa Stregata (Stilo) e creatrice del festival Storie (in) Serie, ha riunito intorno a sé studiosi ed esperti del settore – nonché fruitori – per dimostrare quanto nei discorsi sulla serialità televisiva, torni il concetto di dipendenza:
«gli spettatori compulsano una puntata dopo l’altra in sessioni di binge watching, catturati dalla storia in vari modi: dal magnetismo dei suoi personaggi o da una trama ben congegnata, in cui i cliffhanger impongono di continuare la visione o di restare sospesi per una settimana o fino alla nuova stagione, in trepida attesa di conoscere il destino dei loro beniamini o di vedere sciolto il rompicapo di una trama particolarmente complessa».
Oltre alla curatrice, in Addicted compaiono, quindi, anche gli scritti di Michele Casella, Jacopo Cirillo, Marika Di Maro e Leonardo Gregorio. Il libro è inoltre corredato dalle bellissime illustrazioni di SoniaQQ.
In effetti abbiamo tutti un rapporto speciale con le storie, ci leghiamo a esse, le raccontiamo e raccontandole le rielaboriamo; ritessiamo i fili della trama ogni qualvolta torniamo su una lettura lasciata a metà; durante la visione d’un film ci capita di mettere insieme gli elementi della trama conosciuti per azzardare un finale – così da creare improbabili ed esauribili aspettative – oppure ci capita di chiudere un libro, finire un film, e chiederci dei personaggi «e ora cosa faranno?». Non è una novità, già ai tempi del feuilleton, il romanzo d’appendice, questi meccanismi venivano abilmente innescati per fidelizzare il lettore.
La narrativa a quei tempi cominciò il lavoro mettendo in gioco le prime forme di cliffhanger, flashback, flashforward, armi di Cechov, agnizioni, peripeteia e quant’altro, ma a tutto ciò, oggi, la serie tv può sommare – oltre al perfezionamento delle tecniche – l’immaginario visivo e sonoro.
E gli autori di Addicted lo sanno.
Gli scritti di questo volume sono tutti caratterizzati da tavole con le specifiche delle serie tv prese in analisi, oltre che da chiare esemplificazioni delle idee sviluppate nei singoli saggi.
Il volume si apre con Le altre vite del cinema di Leonardo Gregorio, dove si prova a capire come e quando funzionano gli adattamenti dal grande al piccolo schermo. Segue Il ritmo delle storie in cui Michele Casella dimostra quanto la scelta della colonna sonora per una serie tv possa risultare fondamentale per scandire, appunto, il ritmo della narrazione e a sviluppare un’aurea intorno alla serie che vada al di là della fruizione filmica (è preso in analisi il caso di Twin Peaks).
In La trama e il personaggio, Marika Di Maro pone, invece, l’accento sul personaggio; in particolare quelli fortemente caratterizzati che riescono a veicolare su sé l’interesse del pubblico e decretare quindi il successo della serie (è il caso di Jim Parson, lo Sheldon Cooper in The Big Bang Theory).
Love Addicted, di Jacopo Cirillo, distingue i tipi di dipendenze possibili, tenendo come riferimento la gamma di sensazioni tra euforia e disforia. Definisce: The Affair – Dipendenza distruttiva; Fleabag – Dipendenza spezzata; Ray Donovan – Dipendenza funzionale; Love – Dipendenza elastica; You’re The Worst – Dipendenza terapeutica.
Infine, in The end, Carlotta Susca analizza il rapporto che il pubblico ha con la conclusione della serie tv o delle singole stagioni, tenendo conto della divergenza tra il finale atteso e quello fattuale.
Sia chiaro, leggere Addicted non aiuterà nessuno di noi a liberarci dalle serie tv, ma questo non è tra le intenzioni degli autori, per fortuna. La forza di questo libro sta, piuttosto, nella capacità di mettere in evidenza con chiarezza e semplicità le strategie della narrazione, nel saper individuare, pescando in un immaginario ormai condiviso, i segreti del successo della narrazione seriale; così da renderci meno dipendenti e, forse, più consapevoli.
Antonio Esposito
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