L’amore che invecchia, da Starnone a Haruf

Dove cogliere il nesso tra due autori di latitudini e linguaggi così distanti? Nell’amore. Quell’amore, però, che non ha niente a che fare con chiome fluenti e mascelle imberbi, pelle morbida come seta, notti in spiaggia, seni turgidi e labbra voluttuose. Gli amori di Lacci (Domenico Starnone) e di Le nostre anime di notte (Kent Haruf) sono amori che invecchiano, che invece di accelerare i battiti li regolarizzano, li studiano, li rendono consapevoli. Diversi, ma in un certo senso uniti dalla ricerca di una nuova prospettiva, Starnone e Haruf si divertono a smontare uno dei più consolidati ossimori dell’arte: amore e razionalità.

Aldo e Vanda

L'amore che invecchia nel romanzo di Starnone
Quello di Aldo e Vanda è un amore diverso, è la reminiscenza di un amore

Ma se l’amore non ha più urgenze, non è più feroce e affamato, può dirsi ancora amore? Non c’è una risposta esatta. Quello di Aldo e Vanda (Lacci) è un amore diverso, è la reminiscenza di un amore, una fiammella che si tiene in vita frustando debolmente l’aria davanti alle braci con un pezzo di cartone:

« […] stava davvero dimenticando, ma non come mi ero immaginato. Evitava di rinfacciarmi ciò che le avevo fatto, lasciava scolorire le umiliazioni e gli insulti. Ma il dolore di quegli anni non se ne voleva andare […] Piano, piano, carico di sensi di colpa, misi sotto controllo il disagio, mi sforzai di farle ogni giorno molti complimenti, aspettai con pazienza che si stancasse di mostrarmi la sua intelligenza, la radicalità delle sue opinioni politiche, la sfrenatezza a letto, la sicurezza di sé. Questo diede buoni risultati»

La storia di Aldo e Vanda va avanti per sforzi reciproci: dimenticando le ferite,  ignorandosi, ma fingendo di non farlo. In passato Aldo ha abbandonato sua moglie per una donna più giovane: la ferita è insanabile, eppure, i due protagonisti del romanzo trovano il coraggio di tornare insieme, di dimenticare – o forse no – il passato. Gli amori di Starnone sono spesso accondiscendenti: accettano la violenza, il disprezzo, l’ostentazione dell’infedeltà rendendoli parte integrante del sentimento (come in Via Gemito, Feltrinelli 2001). Sono diversi dagli amori da romanzo rosa e fanno male, perché sono deleteri e molesti, sono amori veri, sono come le persone: nascono, crescono e muoiono. E quando muoiono nessuno vuole parlarne.

Addie e Louis

L'amore che invecchia nel romanzo di Haruf
L’amore supera la morte e assume nuove forme

Kent Haruf si spinge anche oltre: nella storia di Addie e Louis (Le nostre anime di notte) l’amore supera la morte e assume nuove forme. È  un amore maturo, più forte e più consapevole, snaturatamente ordinato. Eppure, romantico nel più banale dei sensi.

Vicini di casa, entrambi vedovi, Addie Moore e Louis Waters decidono di affrontare insieme le lunghe notti insonni; dapprima stando semplicemente stesi l’uno accanto all’altra nel letto di Addie, poi – senza rendersene bene conto – ritrovandosi a condividere piaceri e inquietudini di una vera coppia.

«Non parlo di sesso.
Me lo stavo chiedendo.
No, non intendo questo. Credo di aver perso qualsiasi impulso sessuale un sacco di tempo fa. Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?»

Un amore che finisce e un amore che nasce

Due storie molto diverse, una fine e un principio, un fuoco che si spegne e uno che si rianima. Ciò che accomuna i due romanzi è lo spazio entro cui si muovono i personaggi: uno spazio e un momento in cui ogni decisione è presa come definitiva, in cui non c’è più tempo – né voglia – per lanciarsi a capofitto nella vita. Amare o smettere di amare diventano scelte consapevoli e ponderate. Starnone e Haruf atrofizzano quell’immediatezza dell’amore giovanile, la dissolvono razionalizzandola, plasmandola in base ai bisogni dei loro personaggi.

L’amore invecchia per assecondare dei bisogni. E per questo si differenzia, si specializza in forme e su livelli molto diversi: stare insieme perché è giusto che sia cosi (Lacci) stare insieme anche se è sbagliato (Le nostre anime di notte); lasciar perdere per non ferirsi (Lacci), stare vicini per sentire meno male (Le nostre anime di notte).

Questo sentimento invecchiato, snaturato, controllato, che con difficoltà ci costringiamo a chiamare amore, non trova facilmente spazio nell’immaginario letterario. Incontrare due voci capaci di regalargli la consistenza di una storia avvincente è l’innegabile merito di questi due incredibili romanzi.

Domenico Starnone, Lacci (Einaudi, 2014)

Kent Haruf, Le nostre anime di notte (NNE, 2017)

Anna Fusari

Fa tante cose diverse, ma principalmente le piace leggere libri e dire la sua. Ha studiato Lettere Moderne a Napoli e Filologia Moderna tra Padova e Grenoble; ha lavorato in Francia come insegnante di Italiano e come responsabile della comunicazione in un’associazione culturale. Ha fatto un Master in Editoria alla Sapienza e uno stage al Battello a Vapore. Continua a collaborare con alcune case editrici italiane specializzate in letteratura per infanzia e ragazzi (Giunti e Gribaudo) e fa altri lavori che in parte la rispecchiano e in parte no, ma le permettono di fare quello che le pare nel resto del tempo.

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