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Memoria di ragazza: l’autobiografia consapevole di una scrittrice, la biografia inconsapevole di ogni donna

Memoria di ragazza di Annie Ernaux (L’Orma, 2017) rappresenta la realizzazione di quella che la stessa autrice ha definito «un’autobiografia consapevole». Un’autobiografia, dunque, che si sviluppa come una vera e propria indagine, un’opera di scavo introspettivo, un viaggio sentimentale e psichico intrapreso con i mezzi dello studio scientifico: razionalità, oggettività e distacco.

Racconto di un’autobiografia distaccata

La Ernaux provvede a restaurare la sua «memoria di ragazza» trattando la propria storia come se le fosse estranea, parlando della «ragazza di S» per lo più in terza persona, raccogliendo e ricomponendo pazientemente tutti gli indizi a disposizione.

L’autrice ritrova una vecchia fototessera e non si riconosce, non è più lei quella ragazza – un’estranea profondamente familiare, da qui il titolo «Memoria di ragazza» -, è qualcuno relativo al suo passato che rivive in terza persona con un distacco terapeutico che permette un racconto degli eventi in maniera oggettiva, intervallato dalla voce narrante di una Annie adulta, lontana, che ha la chiave di lettura per interpretare e rivivere in modo saggio e meno emotivo quegli episodi che fanno arrossire, arrabbiare, dei quali solitamente si prova vergogna e che si desidera solamente nascondere, cancellare, vaporizzare dalla memoria.

 «A volte mi sembra che a vivere a S sia stata un’altra ragazza […] non io».

«La ragazza nella foto non è me, ma non è una finzione. Non esiste nessun’altra persona al mondo di cui abbia una conoscenza tanto estesa».

Di certo si tratta di un’autobiografia sui generis, in quanto copre un arco temporale limitato, dall’estate del 1958 all’autunno del 1960: due anni che fecero di «Annie D», ingenua sognatrice ignara del mondo, una giovane donna.

Memoria di ragazza

La ragazza del ’58 è Annie alla vigilia dei suoi diciotto anni, poco appariscente, alta, con i fianchi larghi, molto miope; un’adolescente desiderosa di «ballare, ridere, fare baccano, cantare canzonacce goliardiche, flirtare» lontano dallo sguardo severo e giudicante di sua madre. Vuole staccarsi dalla famiglia, gustare la libertà, piacere agli uomini, diventare una donna, e l’estate del ’58 è la sua occasione di uscire per la prima volta dai confini tanto sicuri quanto disprezzati di Yvetot per lavorare come educatrice nella colonia vacanza di S.

Quando il racconto inizia Annie appare un’adolescente inconsueta per il suo ambiente e dalla solida personalità. Figlia di commercianti piccolo borghesi, a Yvetot spicca per la sua cultura, per la proprietà di linguaggio e l’eleganza dei suoi temi, per i gusti moderni e ricercati, per le idee spregiudicate. Frequenta un collegio femminile cattolico, i ragazzi può vederli solo dall’altro lato del marciapiede, eppure sogna un’avventura amorosa. Si potrebbe definire uno spirito “cittadino” e infatti spera di trovare nella colonia l’élite dei suoi emancipati consimili, ragazzi e ragazze chic, che studiano nelle scuole magistrali della città. Tuttavia, se il suo carattere la rende eccezionale a Yvetot, facendo di lei una “snob di campagna”, nella nuova piccola società della colonia Annie non riesce a imporsi. Al contrario, mostra ben presto di essere un’insipida paesanotta: non ha portato un giradischi, non ha vinili notevoli da mostrare, all’alimentari all’angolo compra il cioccolato e non bottiglie di whisky e non sa flirtare spavaldamente con i ragazzi come le sue compagne.

La prima settimana, durante una festicciola, Annie si trova a ballare con H., il sorvegliante in capo, il primo a rivolgerle qualche attenzione. In un tempo rapidissimo si ritrova a concedergli, o meglio a lasciare inerme che si prenda, il suo corpo. H. non la ama, la usa e poi, come un oggetto, la sostituisce con una ragazza più attraente. La ragazza del ’58 non ha nessuno strumento per interpretare la situazione, come non ha abbastanza malizia per capire che agli occhi di H. lei è una ragazza qualunque, non capisce nemmeno come parlare di quella esperienza e, ciò che è peggio, non possiede la maestria dello snobismo e della vanità: cede a H. in cinque minuti, senza corteggiamento, senza resistenza; gli correrà dietro davanti a tutti, mostrando i suoi sentimenti senza filtri, in modo ingenuo e patetico, rinnovando l’umiliazione; più la sua immagine si degrada agli occhi degli altri, più appare indesiderabile per H.

Senza accorgersene Annie diventa la «putainsurlesbords» della colonia, la ragazza facile, che tutti provano a “farsi”. Ne seguirà un’estate di bullismo e progressivo isolamento le cui conseguenze continueranno tacitamente negli anni successivi, in un tentativo di redenzione e purificazione che sfiora il disturbo psichiatrico, guidato dal desiderio di essere all’altezza di H.

Dalla vergogna alla felicità

Da questa esperienza esce sconfitta, umiliata, piena di vergogna, «la vergogna dell’orgoglio di essere stata un oggetto del desiderio, di avere considerato la sua vita alla colonia come una conquista della libertà». Da quel momento doloroso Annie cambia per sempre, prende le distanze da sé stessa, dalla “ragazza del ’58” e i suoi obiettivi diventano lo studio, il lavoro, la ricerca di un senso di quanto le è accaduto. Grazie alla lettura di Simone de Beauvoir, trova una risposta alle sue domande e decide che non sarà mai più un oggetto, ma un soggetto libero. Tutto questo non basta però a lenire la sua sofferenza, il tipo di espiazione che attua dopo S si manifesta in una riconfigurazione totale della propria immagine sociale, volta a un controllo tanto dei simboli carnali dell’istinto e del desiderio (la bulimia e la conseguente scomparsa del sangue mestruale) che culturale. La giovane ragazza cerca di assomigliare a un modello di femminilità dura, distaccata, profondamente colta e intellettuale.

La colonia che nel ’58 l’aveva assunta rifiuta, per l’estate successiva, la sua candidatura. Annie quindi lavora per altri istituti, poi frequenta per cinque mesi la Scuola Normale di Magistero, ma è un altro fallimento, viene infatti ritenuta non idonea a fare la maestra. Decide allora di partire per l’Inghilterra come ragazza alla pari, alla ricerca di un nuovo equilibrio, di una nuova immagine di sé. Tornata in Francia si iscrive a Lettere e lì, tra gli scaffali delle biblioteche e le aule universitarie si sente finalmente felice. Studia con profitto e inizia ad abbozzare il suo primo romanzo. Nel ’62, durante un viaggio verso la Spagna con un’amica, Annie decide di fermarsi davanti al sanatorio in cui aveva lavorato nell’estate del ’58.

«Ero tornata per dimostrare quanto ero diversa e per affermare la mia nuova identità, quella di una brillante e rispettabile studentessa di Lettere, consacratasi alla letteratura e al superamento di tutti i concorsi per diventare una professoressa, per avere una misura dello scarto esistenziale tra chi ero stata e chi ero».

Una narrazione fra identità e memoria

Al centro del romanzo, preannunciata dall’epigrafe dei Supertramp, Logical Song («I know it sounds absurd but please tell me who I am»), una riflessione su cosa sia l’identità, su come essa si preservi nella memoria, attraverso l’immensa distanza temporale che separa la scrittrice dalla sé stessa del ’58. «Sono proprio io la ragazza di quella estate?» è la domanda che aleggia nel testo. È un libro molto sofferto, nasce dalla vergogna, dalla negazione di una parte di sé volutamente rimossa e in parte dimenticata. La Ernaux, infatti, confessa di aver impiegato più di cinquant’anni prima di decidersi a esplorare l’abisso interiore e scrivere di quegli eventi che tanto l’hanno segnata e che all’epoca non era stata in grado di comprendere. L’autrice si guarda con distacco, si analizza e si osserva dall’esterno, «come uno storico di fronte a un personaggio del passato».

Il suo linguaggio è asciutto, molto essenziale, senza enfasi, privo di sentimentalismi, eppure leggendolo ci si sente inevitabilmente coinvolti. Questo perché, benché la Ernaux offra al lettore il proprio autoritratto, personale, intimo, unico, questo, per molti versi, diventa un simbolo universale, lo specchio di ogni donna. E in effetti, come hanno dichiarato in un’intervista le tre attrici (Deflorian, Demuru e Piseddu) che hanno portato in scena Memoria di ragazza,

«l’Eranux è nostra. In altri anni, in altri letti, in altri giri di vita quella ragazza siamo state noi e ce lo siamo ricordate, lo abbiamo rivissuto rileggendo questa autrice».

 

Désirée Pallotta Nardi

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Grado Zero è una rivista culturale online, nata dall’incontro di menti giovani. Si occupa di cultura e contemporaneità, con particolare attenzione al mondo della letteratura e del cinema.

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