Nel corso di Napoli Città Libro abbiamo parlato con molti editori, abbiamo raccolto le loro impressioni man mano che la manifestazione andava avanti. Ad alcuni abbiamo chiesto di rilasciarci qualche dichiarazione. Ne è venuto fuori un attraversamento di Napoli Città Libro fatto di interviste, che accompagna il breve resoconto che abbiamo già pubblicato. Il quadro che ne esce fuori è quasi univocamente positivo. Poche le lamentele e soprattutto localizzate in una precisa area del Salone.
Ecco ciò che gli editori hanno detto sulla prima edizione di questa fiera del libro napoletana.
Abbiamo parlato con l’editore, Emmanuele Pilia.
D. Prima giornata del salone di Napoli. Che ne pensi?
«Napoli Città Libro, per essere alla prima edizione, è partita davvero con i migliori auspici. C’è stata una grandissima partecipazione della città, e anche di visitatori da fuori. Cosa interessante è che la maggior parte delle persone con cui ho avuto modo di parlare è composta da lettori, non editor, non traduttori o addetti ai lavori. Sono semplicemente dei curiosi, dei lettori, che amano la letteratura e sono stati accolti dal richiamo degli organizzatori».
D. Entriamo nel merito. È il primo giorno, e la fiera si è aperta nel pomeriggio ed è presto per giudicare, ma come stanno andando le vendite?
«Rispetto alle nostre esperienze sta andando molto bene anche questo aspetto, considerando soprattutto il rapporto con il costo della partecipazione alla manifestazione. Il costo molto esiguo, quindi, e l’interesse dei lettori che in quanto tali erano molto interessati a comprendere il nostro lavoro, e quindi ad acquistarlo».
Anna Scopano, editor e redattrice di Odoya, ci ha rilasciato una dichiarazione.
D. Secondo giorno di Napoli Città Libro. Come sta andando la fiera per voi?
«Sta andando abbastanza bene, abbiamo conosciuto molti lettori – che è il rapporto principale che ci interessa come editori, avere contatti con il pubblico è fondamentale. Sta andando bene perché non ci aspettavamo tanto entusiasmo attorno alla casa editrice in questi giorni. È stata una bella sorpresa.
Poi l’atmosfera è bellissima, e per l’organizzazione non ci possiamo assolutamente lamentare. Sta andando bene: una bella carica di positività!»
Abbiamo parlato con Giordano Criscuolo, editore di Eretica Edizioni.
D. Siamo al terzo giorno di Napoli Città Libro. Com’è stata la tua esperienza fin qui?
«Premetto che questo è il mio primo salone, perché Eretica edizioni è nata da un annetto. Come esperienza è stata veramente molto bella e positiva, anche gli organizzatori disponibili. Il flusso è enorme, Napoli è magica e si incontrano persone splendide».
D. Dal punto di vista del riscontro come sta andando?
«Non mi aspettavo un simile riscontro, né queste vendite. Ero venuto qui immaginando che lo stand fosse quasi un “manifestone pubblicitario” dove in realtà poi non si vendesse. Bisognava esserci per esternare la passione, per avere visibilità. E invece le vendite – almeno al nostro stand – ci sono state e sono soddisfatto. Anche se rientro di quel po’ che ho investito, già sono felice».
D. Un’ultima domanda: da quello che hai visto, c’è qualcosa che andrebbe migliorato? Hai qualche suggerimento per l’organizzazione?
«Inevitabilmente una manifestazione del genere alla prima edizione crescerà e migliorerà anno dopo anno. Io mi sono divertito, ho conosciuto molti editori, mi sono fermato da lettore ai loro stand e ho conosciuto anche qualche organizzatore. Non so: non sono uno di quelli che deve trovare il pelo nell’uovo».
D. Vuol dire che quel che hai visto ti è piaciuto [Ride].
«Esatto, sono entusiasta di questa manifestazione».
Con Gianluca Galletti, editore di Tuga Edizioni, abbiamo fatto una lunga chiacchierata.
D. Siamo a metà del terzo giorno, ormai. Considerazioni generali?
«Le mie considerazioni sono assolutamente positive. C’è molta affluenza, c’è una buona visibilità garantita per tutti in maniera assolutamente paritetica. Ci fa molto piacere perché essendo abbastanza giovani, con una storia molto recente, abbiamo generalmente poca visibilità, ma qui viene garantita anche per la distribuzione dello spazio, della struttura in cui si è scelto di fare la manifestazione.
Quindi sicuramente siamo soddisfatti per l’affluenza, per la risposta, per il contatto umano che c’è con il visitatore, che si prende i suoi tempi, non è un curioso o un distratto che ha poco tempo, magari fuorviato da tante proposte. Credo che questa manifestazione – in questo contesto – abbia una dimensione giusta, almeno per quanto ci riguarda».
D. Sei naturalmente tutto il tempo allo stand, ma anche parlando con altri editori o per quel che hai visto, credi ci sia qualcosa che non sta funzionando e andrebbe migliorata?
«Guarda, no. Una cosa semplicissima, una battuta, il wi-fi [Ride]. Perché stando qui, oltre allo stand, al contatto con i visitatori o i colleghi, magari si trova anche il tempo per lavorare o fare altro».
D. Ieri [il secondo giorno] c’era stato un guasto, pare. Era stato staccato totalmente. Oggi ancora non va?
«Va benino, oggi. Non bene, ma benino. Però ripeto, al di là della battuta, è una cosa di poco conto rispetto alle cose positive. Per essere un’inaugurazione, per essere una prima edizione, devo dire che è partita molto bene rispetto a tante altre realtà. Problemi tecnici, organizzativi o logistici non ce ne sono stati. Noi veniamo dalla nostra prima edizione di Torino – sappiamo che il Salone è una vetrina che ha una tradizione ormai trentennale – eppure lì ci sono stati grossi problemi. È chiaro che c’è un altro tipo di indotto, di presenza numerica, però lì abbiamo avuto delle difficoltà, qui no».
D. Eravate nella tensostruttura?
«No, eravamo al padiglione 3, anche una bella posizione. Condividevamo lo stand con un altro editore – D editore, lo possiamo dire – ma lì ci sono stati problemi logistici e organizzativi».
Editore specializzato in saggistica storica e archeologica. Abbiamo parlato con Gianpaolo Serone.
D. Impressioni generali su come sta andando la fiera, in questo terzo giorno di Napoli Città Libro?
«Per essere il primo anno, direi eccellente. Un posto assolutamente fantastico, un buon pubblico – che sicuramente nel corso delle prossime edizioni si selezionerà ancora di più, perché essendo il primo anno, oltre a molti lettori ci sono anche molti curiosi. Per quanto mi riguarda, facendo saggistica di ambito archeologico-storico-antropologico, i miei titoli sono appetibili per una nicchia ristretta di mercato, per cui non posso ovviamente considerare particolarmente clamorose, ma ho trovato un grosso interesse, e soprattutto delle richieste mirate di indirizzi web, mail e quant’altro».
D. Data, come dici, la natura di nicchia del tuo ambito, hai avuto vendite inferiori a quanto ti aspettavi?
«No, assolutamente. Anzi, la più grande soddisfazione è stata di aver trovato probabilmente, poi se ne dovrà parlare, un nuovo autore, partenopeo, con il quale abbiamo condiviso un progetto che io avevo in mente da diverso tempo. Noi quando facciamo le fiere non le facciamo perché ci aspettiamo grossissime vendite, ma per prendere contatti con persone che lavorano localmente sugli stessi argomenti di cui trattiamo».
D. Da quel che hai potuto vedere, c’è qualcosa che non funziona? Hai qualche suggerimento per le prossime edizioni?
«Che non funziona no. Poi essendo la prima edizione è tutto perfettibile, figuriamoci. Partiti con il botto, e – ripeto – una location azzeccatissima, benché non ci sia spazio per le macchine, e se devo dirti, questa è stata la critica che ho sentito più spesso. Ma, sinceramente, il posto che ospita vale la pena di essere vissuto, e preferisco venire a piedi e avere questa location, piuttosto che un capannone. Poi: è tutto migliorabile, ma visto il lavoro svolto, ci penseranno da soli, insomma. Non ho suggerimenti da dare».
Per l’editore di Macerata abbiamo parlato con Luca Giangrandi.
D. Siamo al quarto e ultimo giorno di Napoli Città Libro. Quali sono state le tue impressioni lungo tutto l’arco della manifestazione?
«Noi abbiam preso lo stand più grande fra quelli disponibili a questo salone, nel tentativo di essere presenti in maniera massiccia a Napoli, perché è una città con cui vorremmo lavorare di più, in cui vorremmo avere più lettori, e ci siamo detti: “proviamoci e prendiamo lo stand più grande”. È partita male, perché ci siamo trovati un po’ isolati. Tutti gli stand più grandi erano isolati e la gente non passava. I primi due giorni sono stati un disastro, e c’era molto nervosismo nell’aria, insomma. Poi tra sabato e domenica è passata più gente ed è migliorata, insomma. Ora stiamo vendendo un po’ di libri, stiamo riuscendo a parlare con un po’ di persone, a farci conoscere, e questo è sicuramente positivo».
D. Se tutti e quattro i giorni fossero stati come questi ultimi due, sarebbe andata ‘bene’ o comunque sottotono?
«Beh, dal punto di vista delle vendite sarebbe andata bene, dal punto di vista dell’organizzazione uno pensa: “se fosse stata organizzata meglio, allora come sarebbe andata?”, il problema è stato appunto questo dell’organizzazione, del fatto anche di avere uno spazio espositivo non molto grande, perché lo spazio espositivo per i libri è uguale a quegli altri».
D. Agli stand “medi”, vuoi dire?
«Sì, questi grandi hanno in più solo qualche scaffale interno. Se aggiungi che siamo isolati, è stato un problema. Per cui: è andata bene, però dici: “cavolo, se fossi stato da un’altra parte, come sarebbe andata?”».
D. Quindi il problema principale è stato il luogo in cui è ubicato lo stand.
«Sì, il luogo e la struttura dello stand».
D. Per essere costruttivi: quali sono i tuoi suggerimenti all’organizzazione di Napoli Città Libro? Cambiare la location?
«Andrebbe cambiata assolutamente la location, perché se uno fa un giro qui, non riesce a immaginare dove uno stand così grande, dove tanti stand così grandi possano stare, se non in un posto isolato che li può contenere, che è l’unica stanza che li può contenere in questa struttura».
Il quadro che esce fuori da queste interviste – e da numerose altre discussioni non registrate con editori presenti in fiera – è di un evento che ha superato le aspettative, soprattutto in relazione alla sua recente nascita. L’unica vera lamentela riguarda l’area C, dedicata agli stand più grandi – la testimonianza di Luca Giangrandi di Quodlibet le riassume un po’ – sebbene sin dal secondo giorno l’organizzazione abbia provato a migliorare la situazione tramite alcuni percorsi obbligatori, così da permettere a tutti gli stand di godere del passaggio del pubblico.
Insomma, nelle parole dell’editore di Archeoares, tutto è perfettibile, ma certamente è stato un ottimo punto di inizio. Un successo che fa davvero ben sperare per una seconda edizione ancora più viva e interessante.
Maurizio Vicedomini
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