Andrea Scanzi “Con i piedi ben piantati sulle nuvole”: un viaggio attraverso un’Italia poco conosciuta
Una Harley, del vino, paesaggi mozzafiato e persone di passaggio: questo è il nuovo libro di Andrea Scanzi Con i piedi ben piantati sulle nuvole (Rizzoli, 2018), un diario di viaggio che ci accompagna alla scoperta di luoghi italiani poco conosciuti e si propone di riscoprire l’incanto della natura, la serenità del viaggio, la bellezza nascosta.
In viaggio
Le Langhe di Fenoglio; la città fantasma di Consonno, Las Vegas dei poveri; l’idroscalo di Ostia e i suoi segreti; il silenzio agghiacciante di Civitella, spezzato dal rumore di spari nazisti; la malinconia di Luino, capace di tramutarsi in maestrale comicità: sono solo alcune delle tappe racchiuse in Con i piedi ben piantati sulle nuvole.
Ogni città porta con sé la propria storia e i propri misteri. Mettendo a nudo la simbiosi che lega umanità, storia e paesaggio, Scanzi ci restituisce l’immagine di un’Italia nascosta: la profonda consapevolezza dell’esteta, gratificato dall’estasi contemplativa che la natura sa suscitare al suo solo guardarla, si intreccia a una meditazione di carattere umano, volta ad investigarsi – nel tentativo forse di “trovarsi” in questo moto peregrino, di “fermarsi” anche per poco in una tappa di questo continuo viaggio – e volta nel contempo ad investigare le vicende che popolano questi ambienti e che contribuiscono ad accrescerne il fascino.
“Nella Solitudine del cittadino globale, Zygmunt Bauman elabora il paradigma della tripla contraddizione: la sicurezza insicura, la certezza incerta, l’incolumità a rischio. A pensarci bene, questo piccolo libro – che è poi un piccolo viaggio sentimentale in questo nostro paese così doloroso e così meraviglioso – è anche una ricognizione su come tutti noi, umani contemporanei e per questo contraddittori, cerchiamo di reagire a tale solitudine globale.” (p.11)
Tra le pagine di questo diario – che potrebbe essere utilizzato anche come guida turistica – si susseguono, nel tono confidenziale proprio della modalità diaristica, flussi di storie e vicende umane, personali o carpite, raccolte per strada verrebbe da dire, ed osservate da lontano, raccontate con una delicatezza “di passaggio”, senza la pretesa di voler forzare i segreti che si celano nell’intimo delle vicende.
È un delicato equilibrio, un equilibrio sulle nuvole, quello che traspare dai personaggi incontrati da Scanzi e che l’autore va peregrinamente cercando.
Parlando con Scanzi…
Cosa vuol dire viaggiare?
Il viaggio è un modo per disconnettersi: è un’occasione per allontanarsi da quella “sindrome dei social” che sembra risucchiarci e fagocitarci quotidianamente (considerando il peso che i social rivestono nel lavoro giornalistico dell’autore è facile capirlo); viaggiare è allo stesso tempo evadere e ritrovarsi, forse – ammette l’autore – più evadere.
E così si parte, in sella, una polaroid per fissare momenti di per sé non eternabili – l’autore sa che una foto non è altro che un surrogato della bellezza percepita, ma non rinuncia per questo a scattarne -. La meta? E chi la sa, l’ispirazione funge da guida. C’è solo una condizione: tornare. È Arezzo la città natale dell’autore, è Arezzo che apre e chiude il libro: a volte serve prendere le distanze dalle cose per capirle veramente, serve distaccarsi per non diventare ciechi di ciò che si ha.
Allontanarsi e viaggiare sono azioni necessarie, spiega Scanzi, servono per spezzare la routine, per non farsi avvelenare dalla monotonia, bestia imponente in grado di minare e alterare la nostra percezione del mondo.
“Ho visto attori recitare davanti ad un teatro gremito di gente e dirsi annoiati, incapaci di riconoscere il proprio successo a causa di un’abitudine. Non voglio che mi succeda così.”
Le donne
Lei ha un nome: Abigail, Abi per gli amici. Ama farsi ammirare mentre “fuma” e si mostra civettuola e fiera degli sguardi che gli estimatori le porgono: in una parola è “fighissima” (p. 45). Si tratta di una Harley-Davidson Roadster 1200, la vera compagna di viaggio e l’indiscussa protagonista femminile del libro. Chiediamo all’autore di raccontarci della sua relazione con Abigail e alla parola relazione si lascia sfuggire una risata.
Scanzi ci confessa di non essere un motociclista serio: “Ho preso la patente circa un anno e mezzo fa e non appena ho iniziato a viaggiare in moto, mi sono accorto di aver buttato via 10-15 anni della mia vita”. La sintonia che si è instaurata tra lui e la sua moto è un’alchimia particolare: montare in sella significa liberare la testa. La moto si è rivelata un mezzo perfetto per scoprire la natura, in particolare certi scorci paesaggistici che l’automobile non ti dà modo di raggiungere.
Lo stile
Lo stile è conciso, asciutto e accattivante, in linea con l’odierna tendenza giornalistica online: “non voglio annoiare il lettore, anni di dimestichezza sui social mi hanno permesso di capire come catturare l’attenzione della mia audience”. Scanzi dice di rifarsi a un principio di “minimalismo scrittorio”; Fenoglio, ci spiega, era solito tradurre se stesso in inglese per poi ritradursi in italiano: era un’operazione per limare, per sgravare le parole e ridurle all’osso, all’essenza. Si tratta di scortecciare le parole per giungere al senso.
Tra i libri dai quali l’autore dichiara di essersi fatto ispirare troviamo Le città invisibili di Calvino, libro che Scanzi ha molto a cuore; indubbiamente Fenoglio: “avrebbe dovuto essere il mio argomento di tesi di laurea”, dichiara l’autore, “ma in quegli anni morì De André e così decisi di dedicarmi al cantautorato italiano”. Tra i libri spiccano anche Secessione leggera di Paolo Rumiz; Quel gran bel pezzo dell’Emilia di Berselli, a cui l’autore dedica il libro, e Indro al giro di Montanelli.
L’orizzonte d’attesa? Chi ama viaggiare, ma anche chi non ne è avvezzo: il libro è una boccata d’aria anche per coloro che sono chiusi tra quattro mura; certo, l’ideale sarebbe leggerlo all’aperto, ancor meglio se nei posti citati.
Due domande all’autore:
Un libro che consiglieresti per un viaggio?
Scanzi esita e prende tempo, ma non ci lascia senza risposta: “Mi viene in mente un libro, anche se non è proprio “leggero”: si tratta di Celine, Viaggi al termine della notte”.
Cosa non deve mai mancare durante un viaggio?
Ovviamente la musica, è fondamentale. Un altro ingrediente è la curiosità. Perché un viaggio possa prospettarsi piacevole non deve mancare anche una buona compagnia, il vino e perché no, anche un cane. Un altro segreto che Scanzi ci rivela e di cui il libro si fa chiaramente portavoce: per godersi un buon viaggio è consigliabile visitare luoghi con “povertà di turismo” per evitare il sovraffollamento.
Post scriptum: – Per gli appassionati di Scanzi-politico –
Il libro non tratta di vicende politiche, ma, visto il periodo, penso che potremo farcene una ragione: come si suol dire, il troppo stroppia. Tuttavia, qua e là, l’autore non rinuncia a fare qualche nome, lasciandoci con una risata tra i denti. Ricordo di aver accennato a un amico della trovata di collocare Nardella nel filtro dell’olio di Abigail, la sua compunzione è stata per me ulteriore motivo di risate. Ancora una volta, da buon giornalista politico, Scanzi non sa rinunciare a farci sorridere, e discutere.
Claudia Corbetta