Racconto: Non dimenticare il tonno – Francesco Spiedo
Seduti a guardare il sole che tramonta dietro la punta di terra Sliema ci si può innamorare del mare, dell’isola di Manoel oppure di Gustavo. Tutti si innamorano di lui, del gatto più bello di tutta Valletta. Tigrato, con la coda bianca, trascorre le giornate dormicchiando sulle mura che separano gli uomini dal mare. Gli occhi socchiusi sono l’inganno silenzioso di chi tutto osserva: come un padrone, come un re, come il sovrano delle mura. Di Gustavo nessuno conosce l’età: prima non c’era, poi un giorno è comparso e non se ne è più andato. Qualcuno dice che sia lo spirito di un bambino annegato una notte d’estate del 1993, se così fosse Gustavo avrebbe venticinque anni: agli uomini piacciono le leggende come ai turisti piace scattare foto. Il gatto è un bambino disponibile ma affamato: no food, no photos – miagola con voce pulcina. Gustavo sbadiglia annoiato, e anche un po’ offeso, a chi non gli regala qualcosa da mangiare.
Chi ha un pezzo di pane è costretto a cederlo. Chi invece conosce Gustavo e i suoi gusti arriva preparato: una scatoletta di tonno è quel che serve, preferibilmente al naturale e senza olio oppure sgocciolato sul momento. Con un’offerta potrete godere del profilo migliore, degli occhi puntati in camera e di qualche carezza. Gustavo è un professionista, al giusto prezzo offre servizi impeccabili. Così tra le stradine e le scale della capitale, tra le chiese e le mura gialle, la fame di Gustavo rimbalza. Dall’alto si può vedere una lunga coda di persone che si infila nei vicoli, scende le scale e si ferma sotto un bastione diroccato: da lì Gustavo protegge il porto e saluta il pubblico degustando del tonno nella sua divisa da cavaliere gatto maltese. Il vento portato dal mare e l’ombra del bastione regalano l’angolo perfetto dove sonnecchiare. I turisti sfilano: chi ha del cibo scatta qualche foto, chi non ne ha si accontenta del buco del culo di Gustavo prontamente piazzato davanti alla camera. E guai a saltare la fila: Gustavo punisce i trasgressori. Si racconta di un tedesco con dodici punti di sutura: aveva rubato qualche posizione e si era ritrovato incisa una bella G sulla guancia. Gustavo sparì per tre giorni e il turista denunciò lo Stato per la ferita riportata. Lo Stato per tutta risposta lo rispedì in Germania chiedendogli conto dei danni d’immagine dovuti all’assenza prolungata del gatto e fece affiggere un bel cartello: rispetta la fila e non dimenticare il tonno.
Questo accade quando l’isola diventa un parco giochi senza gettoni e ci sono buoni affari per tutti. Da giugno fino a settembre, quando i biglietti degli autobus costano un poco in più e ci sono ragazzini che studiano inglese e che bevono in tutte le lingue del mondo. D’estate Gustavo accumula scorte di tonno perché l’inverno è lungo e difficile. Resteranno sulle strade e tra i palazzi soltanto i muratori con la pelle mangiata dal sole, buoni per spaccare le pietre e riempire le buche ma non per dispensare cibo. Oggi fa caldo ma non è estate e sull’asfalto ci sono ancora i segni della pioggia: è primo pomeriggio, quel momento della giornata in cui tutti possiamo concederci un angolo di debolezza. Sotto un sole timido e impacciato, una coppia s’avvicina alle mura. Gustavo solleva un orecchio, i due puntano la coda del gatto: lui abbraccia una macchina fotografica professionale ma non è un fotografo di professione. Non si può pretendere di scattare una bella foto a Gustavo senza offrirgli almeno 50 calorie. Lei sembra più ragionevole, guarda il gatto e ride. Hai qualcosa da mangiare? – dice al compagno e indica il cartello: no food, no photos. L’altro si sposta, avvicina l’occhio alla camera ma per quanto si impegni non otterrà granché da quel buco di culo di gatto: come lo giri e come lo metti, sempre un culo di gatto resta.
Il silenzio della controra è rotto soltanto dagli scatti ripetuti, quel rumore invano alla ricerca di un’inquadratura. Perdi il tuo tempo – dice la ragazza e ha ragione. L’inverno è stato lungo, la pelle tirata e il pelo sporco. Gustavo puzza ancora di piscio e umido, si porta addosso quell’odore di cavallo, di stalla. Non ci sono più forze, le poche rimaste arrostiscono al sole, si scaldano per essere pronte alla coda estiva. Gustavo sbadiglia e infila il muso in un’insenatura tra le rocce: gli enormi blocchi di pietra nascondono ancora qualche fresco sorso d’acqua piovana. Sulla salita che porta in città qualcun altro si avvicina. Anche quest’ultimi sono una coppia, anche loro sono sprovveduti turisti senza cibo ma mancano anche dell’assurda velleità di scattare una foto a un gatto con una macchina professionale.
Lui è alto e bello, oggettivamente bello come oggettivamente bello è anche Gustavo. Lei è oggettivamente molto bella come sarebbe oggettivamente molto bella la compagna di Gustavo se soltanto si decidesse a sceglierne una. Le due femmine si guardano, i due uomini si ignorano mentre il gatto finge che la questione non gli interessi.
Avete del cibo? Altrimenti non si fa neppure guardare – dice la sfortunata compagna del fotografo alla ragazza oggettivamente molto bella che aveva appena teso una mano. Gustavo solleva la testa e, sempre attento a non mostrare altro che il culo alla camera, si avvicina. L’altro uomo, quello oggettivamente bello, sale sulle mura e guarda il mare: chi non ha una grossa macchina fotografica professionale si gode il panorama. C’è il sole tra le nuvole e una nave nella striscia di mare che separa le due fette di terra. La compagna si arrampica accanto a lui e i due si accomodano sotto al sole, sorridendosi come fanno i ragazzini. Gustavo s’infila in mezzo a loro e fa le fusa: è un pomeriggio di debolezze. No cibo, no foto – il cartello suona come una grossa bugia del governo. Eppure il governo non mente mai, al massimo trascura una parte di verità: infatti nessuno ha mai parlato di coccole. Le coccole sono sempre ben accette, specialmente quando sta per arrivare l’estate, non mangi da giorni e puzzi come un cavallo. E ti sei pure innamorato per la prima volta.
Sulle mura della città che danno sul castello di Manoel il più bel gatto del mondo si è innamorato. Sono cose che possono anche accadere. La foto migliore che riesce a scattare lo sprovveduto riprende Gustavo e i suoi due nuovi amori ma di Gustavo si vede solo la lunga coda oltre al solito splendido buco di culo di gatto. Miagolii di gioia e qualche risata lasciano soli gli innamorati: lo sprovveduto e la sfortunata non hanno resistito che qualche minuto di fronte a tale spettacolo. Chi brucia d’amore basta a se stesso e l’amore stesso basta ad allontanare chi è di troppo.
Tesoro, ma questa puzza? – dice il ragazzo oggettivamente bello alla ragazza oggettivamente molto bella e Gustavo, imbarazzato e colpevole, li guarda impassibile. Non è affar suo, non gli compete, non sa di cosa parlano eppure trema e il cuore batte forte – adesso vanno via – si ritrova a pensare. Passano i secondi, i due si guardano e sembrano accontentarsi di una risposta mentale. Va bene così – si dicono – Gustavo puzza come un cavallo ma è oggettivamente bello che non gli si può resistere.
Mentre qualche auto risale la strada e il sole va incontro al mare Gustavo si lascia fare di tutto e condivide le sue pietre con quei due esseri umani che non avevano del cibo, neppure una fetta di pane. Nessuna caloria sacrificata sull’altare del Re di Malta ma il Re li accoglie con un amore assoluto. La coda si infila tra le gambe e il muso strofina contro la schiena: lui è steso e con una mano solletica il mento di Gustavo. Attaccata a lui sta lei – la pelle bianca che riflette l’ultima luce del sole – e Gustavo placido come un cucciolo è accoccolato tra le gambe. Ogni tanto miagola, ogni tanto si stiracchia insonnolito, ogni tanto sbadiglia.
Amore – dice la ragazza – lo portiamo a casa? Vieni con noi? – gli dicono e ridono immaginandosi Gustavo sotto il tavolo, sopra al divano o addormentato nel cassetto della biancheria. Al gatto pare la cosa più naturale del mondo: basta con le code interminabili di turisti, basta con il tonno in scatola e le fotografie. Potrebbe essere divertente affezionarsi, mangiare il cibo dalle stesse mani senza dover imparare a fidarsi di mille occhi diversi ogni giorno. Poi dall’angolo in cima alla strada sbucano dieci bambini e una maestra di ritorno da una gita. Sono in tanti e rumorosi, sufficientemente indiscreti da svegliare Gustavo.
– Maestra, che bel gatto! – dice uno con la faccia gonfia – avrà fame – dice una bambina con le treccine rosso fuoco. Dagli zaini spuntano avanzi di pranzo: pasta, panini e qualche pezzo di pizza. L’odore sale fino in cielo e attira l’attenzione dei gabbiani ma prima che questi possano arrivare Gustavo si è già fiondato sul cibo. Un attimo prima era tra le gambe della ragazza e un attimo dopo si riempiva la bocca di pizza. I due ragazzi e i bambini ridono – Avevi una gran fame, vero? – chiede la ragazza ma Gustavo non risponde.
– Maestra, guardate come mangia – la folla di bambini si chiude attorno a lui e di Gustavo non resta che la puzza di cavallo dove prima era steso. I due ragazzi provano a raggiungere il gatto ma i bambini sono un muro insuperabile e Gustavo si lascia accarezzare, con la bocca sempre piena e gli occhi che inseguono ora una fetta di prosciutto ora un pezzo di pizza. Di quell’amore, del primo amore, non resta che un alone, l’ombra di qualcosa che pareva eterno e che invece… Il ragazzo è il primo a scendere dalle mura perché la ragazza resta ancora lì a guardare nel mucchio, sperando di veder spuntare i lunghi e arricciati baffi. Tesoro, andiamo – è l’ultima cosa che hanno detto.
Francesco Spiedo