«Adesso ho uno scopo, una ragione per vivere. Non mi interessa chi dovrò affrontare, non mi interessa contro chi dovrò combattere, non troverò pace finché questa strada non avrà uno STOP, cazzo!».
Nel primo episodio di Halloween della serie, La paura fa novanta (prima tv italiana ancora nel 1991) nel segmento intitolato La casa dell’incubone i Simpson si trasferiscono in una casa infestata da un’oscura presenza: stavolta è la madre di famiglia a prendere in mano la situazione e ad affrontare lo spirito maligno: «Zitto! Smettila di comandarci a bacchetta! Smettila di dire tutte queste stronzate! Un po’ di educazione, per favore!».
Probabilmente non ve lo siete mai chiesti, ma nella versione originale della serie animata creata da Matt Groening in nessuno dei due casi succitati viene pronunciata una parolaccia: Marge intima infatti alla “casa” di smetterla di dire «those horrible things», mentre Homer si limita ad annunciare di voler dotare l’incrocio di un segnale di stop. Come mai, allora, i gialli più famosi d’America si sono dati al turpiloquio una volta sbarcati in Italia?
Il 1º ottobre 1991 I Simpson approdano su Canale 5 per riempire la programmazione della seconda serata del martedì, dove resteranno per poco più di un anno prima di essere piazzati la domenica a mezzogiorno. La collocazione oraria a tarda sera, subito dopo Paperissima, consentiva ai responsabili del doppiaggio di prendersi qualche libertà e di intervenire sul copione conferendo ai personaggi quel tocco di colore in più, se così lo si vuol chiamare, connotando la serie come decisamente adulta. Se sia stato un abuso delle proprie facoltà non lo sappiamo, ma di certo non si è trattato di una scelta immotivata, dal momento che alcune volgarità suonavano bene sulla bocca dei protagonisti di quello che in effetti era un cartone animato per adulti: negli Stati Uniti, dove I Simpson vengono da sempre mandati in onda in prima serata, chiunque può sentirli dire effettivamente delle parolacce.
Il motivo per cui da venticinque anni a questa parte non li abbiamo più sentiti dire neanche una parola fuori posto ce lo spiega Monica Ward, doppiatrice di Lisa: «All’inizio la serie de I Simpson andava in onda la sera, alle dieci, dieci e mezza, perché era un cartone animato più per adulti che per bambini, poi un paio di funzionari Mediaset hanno deciso di programmarlo il pomeriggio per cui hanno anche voluto pulirla completamente».
Abbiamo somministrato un sondaggio a un gruppo di appassionati della serie, reclutati sulla community online de Il Sacro Ordine dei Tagliapietre, per capire da vicino chi sono effettivamente questi fan de I Simpson. Ebbene, un dato certamente notevole riguarda il fatto che circa il 90% degli intervistati ha dichiarato di aver iniziato a seguire le avventure degli abitanti di Springfield quand’ancora non andava alle superiori. È curioso, considerando che la serie si rivolge a un pubblico prettamente adulto, come ci ricorda anche Ilaria Stagni, storica doppiatrice di Bart, per cui i Simpson non sono nati come un cartone animato per bambini – per quanto poi siano visti e apprezzati da gente di tutte le età. La motivazione è presto fornita: da oltre vent’anni I Simpson sono saldamente ancorati all’ora di pranzo, quando i più piccoli rientrano a casa dalla scuola e accendono la tv, magari scegliendo proprio Italia 1, il canale in chiaro che più di qualunque altro ha un’impronta tipicamente giovanile.
Se è vero che oltre la metà di queste persone accende la tv quasi soltanto per sintonizzarsi su Italia 1 e seguire le avventure della famiglia di Evergreen Terrace, allora è anche vero che stiamo parlando di un pubblico che assomiglia sempre più al target ideale del programma: chi altri, infatti, potrebbe decifrare le centinaia di allusioni e riferimenti mediamente colti disseminati puntata dopo puntata? Chi potrebbe riconoscere in Andy Warhol l’autore dell’opera Campbell’s Soup Cans (apparsa in Homer e la pop art nella decima stagione) o nel vampiro Burns di La paura fa novanta IV una chiara ispirazione al Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola? «I Simpson si muovono tra parodie di film di successo e remake delle trasmissioni più seguite dal pubblico americano, in un tripudio di riferimenti che sono familiari soprattutto ai telespettatori non più giovanissimi, la cui competenza mediale viene messa a dura prova dai continui rimandi alla cultura pop, e non solo, nascosti tra le pieghe del testo», ci dice infatti ancora Roberti.
La programmazione della serie a ora di pranzo potrebbe allora aver travisato le originali intenzioni degli autori, con conseguenti influenze sul doppiaggio, su cui negli anni gli adattatori sono intervenuti per adeguare il prodotto alla fascia oraria di destinazione: ed ecco perché niente parolacce. Perché poi abbiano scelto di modificare anche i riferimenti alla cultura, ai fatti e ai personaggi noti ai media americani è ancora più opinabile: in quel meraviglioso episodio già citato della decima stagione, in cui Homer diventa per caso un artista di successo, Marge riconduce la
Possiamo dunque affermare che la giusta collocazione nei palinsesti italiani per la famiglia Simpson vada trovata nel prime time, o addirittura in seconda serata? A quanto pare no. E qui sta il bello. Lo zoccolo duro dei fan si è talmente abituato a guardare la serie a ora di pranzo da non riuscire a concepire un’alternativa alla abituale programmazione: per oltre la metà dei nostri intervistati l’orario più consono alla messa in onda de I Simpson è proprio quello che va dalle 13.00 alle 15.00, mentre il numero sale addirittura all’80% se consideriamo tutti coloro per i quali andrebbero comunque programmati anche più tardi, ma sempre nel pomeriggio. Una tradizione difficile, quindi, da scrollarsi di dosso, a tal punto da far sorgere un altro interrogativo, destinato a rimanere senza risposta: e se I Simpson, dalle nostre parti, fossero stati sempre trasmessi di sera, oggi avrebbero ancora tutto questo seguito?
Andrea Vitale
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