Stan Lee. Storia di una rivoluzione “normale”
Stan Lee è stato un rivoluzionario, un’icona, una leggenda. Basta dare un’occhiata agli articoli dedicati alla sua morte per rendersi conto della profonda impronta che quest’uomo è riuscito a imprimere nel nostro immaginario.
Forse esiste ancora una buona fetta di persone capace di considerare il fumetto un gioco per bambini – come se un gioco per bambini non fosse qualcosa di dannatamente serio – e di sorridere di fronte a una presunta banalità del cosmo supereroistico, ma chi si è nutrito dei prodotti Marvel sa e vede molto bene come questo universo, oggi più che mai, è molto più di un semplice specchio magico della nostra realtà; sa bene come questi strani e meravigliosi esseri, continuamente in lotta per la salvezza del mondo e dell’universo tutto, costituiscano una fetta fondamentale di quella sostanza sfuggente e mutevole che ci rende pienamente uomini e che nasconde, nel suo abisso, desideri, ideali, meraviglie, orrori, angosce e timori che fanno parte della nostra realtà proprio come la sedia su cui ci sediamo o il mouse che stringiamo nella mano.
Oggi l’universo fondato da quest’autore, definito da molti un Omero pop, si è trasformato in un mostruoso agglomerato (Marvel Entertainment) che tra fumetti, serie televisive, cinema, videogiochi, film d’animazione, sezioni di parchi di divertimento (Marvel Super Hero Island, The Amazing Adventures of Spider-Man, Iron Man Experience), applicazioni per smartphone, giocattoli e merchandising vario, popola e affolla ogni anfratto della scena del divertimento. Se pensiamo alla gigantesca complessità dell’operazione Marvel Cinematic Universe – che espande le proprie trame su ogni medium e piattaforma esistente, e che rappresenta un modello capace di scardinare le precedenti logiche di produzione e consumo costringendo buona parte dell’industria dell’intrattenimento a una radicale riconfigurazione – possiamo avere un’idea dell’entità del contributo dell’eterno novantacinquenne newyorkese.
La storia di quest’universo e dell’affermazione di Stan Lee ha origine nel secolo scorso, quando un’altra rivoluzione mediale, cioè l’affermazione e la capillare diffusione del sistema televisivo, turbava profondamente gli orizzonti e le basi stesse di tutta l’industria culturale; ma procediamo con ordine.
Eroi del quotidiano
Stan Lee aveva già praticato i generi più diversi, senza cadere nel sadismo e nel rispetto del Comics Code, sceneggiando albi horror, suspence, fantascientifici e comici disegnati da molti autori che provenivano dalla EC e che venivano pubblicati su testate della Timely (la futura Marvel) come Amazing Adult Fantasy, Journey into Mystery, Strange Tales, Tales of Suspence e altre, che provavano a seguire le tendenze più in voga nei programmi televisivi e del cinema.
C’è da dire che già si assisteva a timidi segnali di ripresa con gli albi della DC dedicati alla Justice League of America (fondata da Superman e Batman e in cui si riunivano personaggi come Flash, Lanterna Verde, Martian Manhunter e Wonder Woman) e che riprendevano l’idea del gruppo di supereroi già sviluppata nel 1940 con la Justice Society of America; Lee fa il suo ingresso nell’universo supereroistico in questo clima.
È un momento decisivo per il mondo del fumetto e per il nostro immaginario, nel 1961 Stan Lee e Jack Kirby gettano le fondamenta per quel complesso cosmo di supereroi completamente differenti dai loro predecessori. Si inizia con I Fantastici Quattro un gruppo di supereroi (e già nel gruppo troviamo la prima differenza con i solitari Superman e Batman della DC) che a causa di un ‘incidente’ (una esposizione ai raggi cosmici durante un viaggio spaziale) vengono dotati di superpoteri che vivono con forte senso di responsabilità e come una condanna che non permette ai quattro di condurre vite normali.
Ed è proprio nella normalità, per quanto possa suonare strano, che si nasconde uno dei fattori del successo di questi fumetti. I Fantastici Quattro vivono a New York e non in una città inventata, hanno problemi, ansie, paure e legami come quelli di chiunque altro, anzi più esasperati perché i superpoteri amplificano ogni dilemma quotidiano, ogni contrasto, ogni timore. Normali sono anche il carattere e i difetti che ognuno si porta dietro, bontà, irascibilità, avventatezza, invidia, rancore e ogni altra sfumatura che può rendere umano un personaggio non è cancellata per delineare un eroe senza macchia e paura: nasce la famosa formula dei “supereroi con superproblemi”.
Lee vuole coinvolgere, emozionare e divertire un pubblico che è continuamente chiamato in causa nel tentativo di costruire un senso di comunità tra lettori e team creativo, ironia e presentazioni iperboliche delle storie – sempre precedute da aggettivi altisonanti e dagli appellativi scherzosi degli autori (Stan Lee/The Man, Jack Kirby/The King ecc.) servono proprio a instaurare un rapporto di complicità con i lettori in uno spiazzante gioco fra finzione e realtà che costringe a una continua ricodifica delle capacità di lettura.
Universi complessi
È un’immersione, quella dei lettori, sempre più profonda anche grazie alla sapiente organizzazione, a opera di Lee, di tutta la macchina produttiva che riesce a interiorizzare la lezione del medium televisivo dispiegando nuove strategie che permettono a questo cosmo di raggiungere un livello di complessità senza precedenti nel mondo dei comics. Tutte le testate e i personaggi che abbiamo già elencato, infatti, popolano lo stesso universo fantastico in una logica da crossover che lega tutte le serie tra di loro. Il ragionamento è straordinariamente semplice: se i supereroi vivono nel nostro normale mondo è del tutto normale che possano incontrarsi, scontrarsi e creare super/alleanze.
Superman vive un tempo che sembra congelato, che, a dirla come Eco, vive un intreccio senza consumo perché, nonostante la sua immissione nella vita quotidiana, le sue storie mettono in crisi il tempo del racconto, cioè quel tempo che collega un episodio all’altro, facendo smarrire la nozione dell’ordine temporale al lettore per mantenere l’illusione di un eterno presente attraverso un gioco fatto di salti temporali, di imaginary tales e untold tales; i fumetti e i personaggi di Lee vivono invece un tempo normale in cui ogni azione ha una conseguenza ben riconoscibile – da qui quella continuità, quei dilemmi esistenziali e quelle sorprese tipiche della soap opera televisiva – e documentata nei successivi albi, la vita privata dei nostri eroi, seguita passo per passo, nel suo normale scorrimento è raccontata e drammatizzata nei suoi scontri con l’eccezionale con una sapiente sintesi dei meccanismi della suspense televisiva e fumettistica.
In questo coerente e gigantesco intreccio, capace di tenere insieme più testate, si innestano quindi in maniera organica cultura televisiva, cultura fumettistica d’azione, horror, fantascientifica, noir, romance, ma anche mitologia, cultura letteraria popolare europea, c’è in queste storie una forza di aggregazione di rimescolamento iconico delle fonti più disparate che esibisce continuamente sé stessa.
Diventa, così, evidente, in questi supereroi in grado fondersi con caratteristiche animali, divine, meccaniche, e nei supercattivi diabolicamente tecnologizzati, la continuità e la prossimità con dèi e storie mitologiche (Thor, SpiderMan/Aracne), con demoni (Devil), e con tutte quelle figure che da sempre e nelle più svariate forme vivono nel nostro immaginario; al centro di tutto ci sono le emozioni e il desiderio del lettore che ritrova una nuova mitologia e un nuovo modo di rappresentare il proprio tempo in questo ironico e vulcanico intreccio di cultura alta e cultura bassa.
Stan Lee è insomma uno dei pilastri portanti su cui regge l’immensa struttura dell’immaginario contemporaneo, i suoi personaggi, che accompagnano le nostre vite da oltre cinquant’anni, sono una chiave per entrare nel ribollente nucleo di quella profonda metamorfosi che coinvolge il nostro tempo e tutti noi; d’altronde anche noi come molti dei supereroi creati da Lee siamo in preda a una mutazione, non siamo stati certo morsi da un ragno radioattivo ma chi può negare oggi che il digitale ha stravolto pienamente il nostro essere umani, chi non vede come la distanza tra uomo e macchina sia sempre più sottile? Oggi abbiamo ‘poteri’ che ieri non avremmo mai creduto possibili, ma come ci insegnano i fumetti di Lee, con i superpoteri arrivano anche superproblemi, d’altronde da grandi poteri derivano sempre grandi responsabilità.
Lorenzo Di Paola