Sento di non aver mai davvero conosciuto mio padre finché non ho cominciato a leggere seriamente i classici. Si possono ancora interrogare i classici sui temi a noi più cari e più vicini.
Il professore Daniel Mendelsohn ce ne dà prova con il suo Un’Odissea.
Daniel Mendelsohn è studioso di lettere classiche, critico, traduttore e docente di Letteratura al Bard College.
Qui tiene ai ragazzi del primo anno un seminario sull’Odissea. Tra i banchi non ci sono solo i suoi alunni, ma anche suo padre ottantenne, professore di matematica in pensione. Per consentirgli di mischiarsi ai suoi studenti Daniel gli pone come condizione di stare zitto, ma il padre si fa subito notare per i suoi commenti dettati da un rigore etico-scientifico, sfidando gli insegnamenti del figlio.
Jay Mendelsohn è cresciuto nel Bronx ed era ragazzo durante la guerra; detesta la debolezza e il raggiro, valuta le cose in base alla fatica per ottenerle e la sua sola fede è nelle scienze esatte. Questo non può far altro che scatenare giudizi e critiche verso Odisseo: piange troppo, ricorre troppo spesso all’aiuto divino, l’uomo dalle molte donne, dai molti trucchi, «Non capisco perché dovremmo considerarlo un grande erooooe» ripete spesso durante gli incontri. Odisseo l’eroe, il polytropos, lui che non è stato in grado di ritornare con tutti i compagni con i quali era partito. A semestre concluso Daniel propone al padre un viaggio molto particolare: una crociera che ripercorre le tappe del viaggio di Odisseo. Per Daniel sarà un’esperienza fondamentale; nei ricordi del vecchio genitore ritrova la forza dell’homophrosynē, il «pensare allo stesso modo», e in quell’uomo inaspettatamente tanto aperto e socievole, in classe come a bordo, riconosce un Odisseo capace di adattarsi ad ogni situazione, ma anche un Laerte, «Ma la nostra odissea l’avevamo vissuta, – osserva Daniel prima che accada, – per la durata di un semestre avevamo navigato insieme, per così dire, attraverso quel testo, un testo che a me – e ai lettori con lui – sembrava sempre più relativo al presente e meno al passato».
Pochi figli risultano uguali al padre; i più sono peggiori, e solo pochi migliori
Tutto il romanzo ruota attorno ad alcuni concetti come: l’eredità del padre, la paura di non essere all’altezza, le differenze generazionali, le nostalgie, il timore di scoprire lati dei propri genitori che non si conoscevano, la paura che si possa sbagliare nel giudicarli. In tutto questo la letteratura greca non può che essere da guida. Sicuramente è stata un grande supporto per questo percorso di riavvicinamento al padre o forse a se stesso che ha compiuto Daniel Mendelsohn e in qualche modo il libro stuzzica il lettore a compiere un viaggio simile anche tra i propri ricordi, quanto meno a interrogarsi su se stesso e sul suo rapporto con i genitori. È così che la vita personale si intreccia al poema omerico; la rilettura dei vari libri dell’Odissea, i commenti degli studenti e gli interventi del padre, fortemente convinto della scarsa eroicità di Odisseo e dell’altrettanto deludente apprendimento di Telemaco nel corso dei libri a lui dedicati, aiutano Daniel ad avere una nuova prospettiva, un nuovo punto di vista sui propri genitori, che risuona come una verità assodata durante tutto il romanzo:
I nostri genitori sono misteriosi ai nostri occhi in modi in cui noi non potremo mai esserlo per loro.
I temi del poema omerico, così come del romanzo di Mandelsohn riguardano anche identità e riconoscimento e affrontano il cambiamento del proprio aspetto e del come ci si senta, che cosa si percepisce di sé e che cosa vedono gli altri, con un epilogo che sottolinea l’importanza del linguaggio vista l’inaffidabilità del corpo. Scopriamo come le piccole cose diano reale fondamento all’intimità e come spesso consideriamo solo ciò che vogliamo senza accorgerci di quello che realmente abbiamo davanti. Alla fine Daniel comprenderà che suo padre è stato davvero uno studente del suo corso, capace di instaurare relazioni amichevoli con gli altri studenti e che il suo passato va riletto alla luce del presente e grazie a testimonianze e interrogativi. Daniel giunge alla conclusione di come un padre conosca pienamente il figlio, mentre il figlio non può conoscere in tutto il padre.
E allora l’Odissea non è che una biografia, Odisseo il poeta della sua vita dove si intrecciano storie vere, presunte, maschere e realtà, come nella quotidianità, come in quella narrazione che ogni giorno ci inventiamo per dare un senso a tutto quello che ci circonda.
Le domande sull’identità e sulla vita, la paura dell’oblio, della mancata conoscenza di noi stessi, così come dei nostri genitori, sono inevitabilmente connesse con la paura della morte. Ma l’Odissea e Un’Odissea ci insegnano ad affrontarle.
Nell’originalità della sua struttura divisa tra romanzo, saggio di letteratura, appunti, diario, biografia, Un’Odissea è sostanzialmente un viaggio epico nell’essere genitori e nell’essere figli, nella passione per l’insegnamento e per le infinite botole di senso e di forma nascoste nella grande letteratura.
Anna Chiara Stellato
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