Distopie all’ultimo sangue: Battle Royale e Hunger Games
Uno più famoso dell’altro, Battle Royale e Hunger Games sono romanzi che si presentano simili, forse troppo. Entrambi i libri sono distopie, in cui dei ragazzi sono costretti ad ammazzarsi tra di loro da un sistema totalitario finché non “ne rimarrà soltanto uno”.
Essendo romanzi distopici, affondano le loro radici in un terreno importante, un sottobosco di testi che hanno cambiato l’immaginario collettivo e sbatacchiato le coscienze dei lettori per tutto il ‘900 e i cui esempi più noti sono 1984 di Orwell, Il mondo nuovo di Huxley e Fahrenheit 451 di Bradbury.
Proprio pensando a questo, probabilmente, abbiamo la differenza principale tra i due testi e nel rapporto degli stessi con i classici del genere, ma di questo parleremo dopo.
Battle Royale di Koushun Takami
Il governo della “Repubblica della Grande Asia Orientale” (il Giappone) ha stabilito la necessità di selezionare per il “Programma”, in maniera casuale, delle classi di scuola media. Ogni anno, gli studenti selezionati dovranno uccidersi tra di loro finché non ci sarà un solo sopravvissuto (o nessuno).
Dopo una breve introduzione in cui ci viene detto cosa sia una Battle Royale nel wrestling, il testo ci lascia osservare quella che sembra essere una normale gita scolastica di un gruppo di ragazzi di una qualunque “terza B”. Ragazzi che non sanno di essere stati selezionati per il “Programma”.
Qualche avvertenza:
È inutile che cerchiate spiegazioni razionali al Programma o dettagli sul sistema totalitario. Sforzarsi in merito rischia solo di far perdere attrattiva alle pagine del libro. Il suggerimento è tenersi stretta la propria sospensione dell’incredulità, ricordando che a volte certe scelte politiche possono essere semplicemente prive di un fondamento logico o avere un presupposto nascosto agli occhi di chi ripete solo il messaggio stabilito dalla propaganda.
È inutile cercare degli “artifici” stilistici (qui non mi è dato sapere quanto sia il contributo del traduttore in merito) o dei tentativi di far affezionare il lettore ai personaggi. Lo stile di Takami risulta (in italiano) secco, e a volte delle espressioni potranno sembrare inappropriate (passando da un registro quasi edulcorato a uno da Trainspotting).
Battle Royale è un’opera nipponica che a tratti sembra pensata proprio per un manga e che ricalca alcuni archetipi tipici della cultura giapponese (si pensi al termine “Shinjū”, che nel Paese del Sol Levante viene usato per indicare il “doppio suicidio” tra persone legate da amore o da altri vincoli affettivi). Approcciare il testo come fareste con uno scritto standard occidentale farà solo perdere tempo a voi e fascino a quanto proposto da Takami.
Il centro nevralgico di Battle Royale sono i suoi stessi aspetti cruenti e la brutalità dei ragazzi di fronte a una situazione in cui “Mors tua vita mea” è una regola reale e imposta, e non un luogo comune privo di drammaticità. In questo, forse, il testo ha una forza inferiore a quello di Golding (Il signore delle mosche), dove gli istinti dei protagonisti sono mossi esclusivamente dalla “natura” e non da una regola.
Hunger Games di Suzanne Collins
Gli Hunger Games sono un reality show all’ultimo sangue creato dalla nazione di Panem (nome tratto dall’espressione “Panem et circenses”) in cui due ragazzi di ogni distretto sono selezionati per una sfida all’ultimo sangue in un’arena dove tutte le condizioni sono controllate dagli organizzatori del gioco. La storia ci viene raccontata con gli occhi della protagonista, Katniss Everdeen, che parteciperà al reality per salvare da quel destino la sorella che non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivere.
È un testo che ruota intorno ai sentimenti della protagonista e al suo istinto di sopravvivenza, che è in grado di legare alle pagine come pochi altri young adult (tra cui Harry Potter).
In Hunger Games il governo è ben presente e la situazione distopica ben delineata, ma resta in qualche modo un paesaggio di accompagnamento alla protagonista, uno sfondo collocato in maniera fin troppo evidente per garantire lo svolgimento della trama.
Ispirazione o ispirazioni?
Le somiglianze tra le due opere sono evidenti. Del resto, se avete parlato di Hunger Games con un fan dei manga o della letteratura orientale, vi sarà stato detto che è stato ispirato da Battle Royale. Molto probabilmente qualcuno avrà parlato di plagio o copia e incolla.
Questo è probabilmente il tema più caldo quando si parla di questi due libri. Tuttavia, non è il tema più interessante. Se è verosimile che il testo della Collins debba qualcosa a quello di Takami, è tuttavia difficile immaginare due libri con tema quasi speculare che siano tanto diversi tra di loro.
Da un lato, Hunger Games è un testo scritto bene, piacevole è scorrevole nella lettura. Eppure, la sua distopia, pur essendo ben descritta, contestualizzata e immaginata, è un cammino dell’eroe abbastanza tipico. Il romanzo sta alle distopie e ai testi cui deve qualcosa (es. il già menzionato Signore delle mosche) un po’ come i film Disney alle favole classiche. Ci sono le morti giuste al punto giusto, i protagonisti affrontano le loro crisi, anche importanti e forti, ma nonostante sia un ottimo prodotto, non lascia nella coscienza l’impatto di altre opere, anche moderne (si pensi, cambiando medium, alla serie televisiva Black Mirror). Forse la miglior definizione dell’opera è proprio questa: un ottimo prodotto.
In cambio, Battle Royale è scritto peggio di Hunger Games per lo stile editoriale occidentale (si pensi alla presentazione dei personaggi nell’autobus), ha nomi difficili da ricordare e può stancare nella lettura (tanto da farsi abbandonare e riprendere). Ma ha qualcosa di originale. Un impatto di idee, parole e scene che colpisce fin dalle prime pagine.
Poste queste differenze, tuttavia, entrambi i libri sembrano condividere il messaggio finale: in una situazione dove l’unica regola è la sopravvivenza, l’umanità della nostra specie può perdurare solo ritrovando se stesso e gli altri attraverso sentimenti e relazioni. Forse, il desiderio di lieto fine (Battle Royale e primo libro della saga di Hunger Games) è il punto più debole dei testi.
Emilio Ilardo