Il lavoro portato avanti da La Vardera, però, non è poi così facile da comprendere – così for dummies, potremmo dire – come sembra. Se, infatti, il contenuto del documentario è presentato in maniera chiara e inequivocabile, le questioni che la stessa esistenza di un prodotto del genere solleva sono decisamente complesse. Lungo tutto il corso della vicenda, La Vardera riveste un ruolo profondamente ambiguo: è un candidato sindaco o un reporter sotto copertura? Dal canto suo, la iena sostiene di essere stato un “candidato sindaco fino in fondo”, che ha però “deciso di riprendere delle situazioni: che male c’è?”. A noi, però, viene da chiederci chi, tra il candidato e il giornalista, abbia effettuato quelle riprese. E non è assolutamente la stessa cosa.
Certo, ogni politico è libero di gestire la sua campagna elettorale come meglio crede, ma a questo punto è improbabile che il nostro candidato avesse davvero intenzione, allo stesso tempo, di diventare sindaco di Palermo e, come lui afferma, di rendere pubblico il documentario in ogni caso: il La Vardera giornalista avrebbe messo in difficoltà il La Vardera politico con alleati ed elettori. Allo stesso tempo, il La Vardera politico integerrimo non avrebbe lasciato che il La Vardera giornalista, per dovere di cronaca, incontrasse personaggi come Totò Cuffaro o un “venditore di voti”.
Ne deduciamo che – quantomeno in questo caso – la causa giornalistica e quella politica non erano affatto conciliabili. L’ambiguità che avvolge la figura della iena è un’illusione: ci troviamo evidentemente di fronte, più che ad un candidato con la telecamera nella borsa, a un giornalista a tutti gli effetti che si spaccia per politico.
Chiarire il ruolo e le intenzioni di Ismaele La Vardera è importante per passare al punto successivo della nostra riflessione, ovvero chiederci perché un’operazione del genere abbia avuto luogo e abbia incontrato un larghissimo consenso.
Assumiamo quindi che Il Sindaco sia, in sostanza, un documentario che ritrae un giornalista vestire i panni del politico, stringere accordi con importanti partiti italiani e farsi votare da 7000 persone. Possiamo allora considerare quei 7000 voti, oltre a un’elezione in qualche misura falsata, come il prezzo che l’Italia paga per osservare gli intrallazzi e i sotterfugi della sua politica. Non è importante ora decretare se tale scambio sia o meno conveniente, quanto piuttosto chiederci perché sia diventato, in primo luogo, possibile.
La politica che vive e incarna la democrazia attraverso le elezioni oggi viene vissuta senza grande interesse. Chi venga eletto e dove finiscano i voti della gente di certo conta, ma non si tratta più di priorità assolute. Si può accettare che un’altra istituzione – in questo caso si può parlare sia di giornalismo o informazione che di spettacolo – sconfini nel territorio della politica, sovrapponendo le proprie prerogative a quelle del meccanismo democratico. La gente approva: vuole sapere, conoscere, smascherare. La politica dev’essere “una scatola di vetro”, questa è la missione del giornalista La Vardera e del suo Il Sindaco – Italian Politics 4 Dummies. Il fatto rivoluzionario è che, per raggiungere quel fine giornalistico, si finisca per superare il confine che da sempre divide il reporter dall’oggetto della sua indagine: la iena entra nel mondo della politica, ne diventa un ingranaggio anomalo, contribuisce a creare una vicenda elettorale, dirotta dei voti.
Il quadro è quello di una politica debole, dalle difese immunitarie basse. A uscirne bene sono Le Iene, paladine dell’informazione pubblica e spettacolarizzata. In questo scontro probabilmente non ci sono buoni né cattivi, ci sono solo istituzioni a confronto, indici attraverso i quali farsi un’idea della società in cui viviamo e della direzione nella quale si sta muovendo. Cos’è che sta davvero a cuore oggi agli italiani? E la risposta ci sorprende davvero così tanto?
Domenico Cisternino
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