Racconto: Pippi – Paolo Montrasio
Pippi è la prima ragazzina per cui ha perso la testa, un giocattolino meraviglioso. Assomiglia alla Pippi Calzelunghe della serie televisiva (da cui ha preso il soprannome) ed è la ginnasiale più carina di tutta Monza. Ha le trecce lunghe e il nasino lentigginoso, la bocca larga e occhioni azzurri che saltellano festosi sulla superficie variopinta del mondo. Le sue labbra da nilotica sempre in movimento modulano filastrocche seducenti che incantano gli amici. Immersa in un‘atmosfera irrazionale come la fantastica pazzerella di Lindgren, sprigiona una vivacità irresistibile a cui è impossibile sottrarsi. Pippi è una ragazzina stravagante che fa tutto quello che le salta in mente senza perdersi in pensieri, a scuola la insegue una muta di ragazzini in adorazione.
Luca la incrocia spesso nei corridoi del liceo e si è subito infatuato di lei. Quando può la divora con gli occhi, ma da lontano, evitando che lei lo veda. Per conquistarla ha deciso di vestire i panni del ribelle libertario, del paladino romantico che è pronto a partire per la guerra e soccombere. Non si pettina mai e disprezza il mondo, la camicia svolazza suggestiva fuori dai pantaloni. Il ruolo del fuorilegge tenebroso equipaggiato per la gloria gli permette di dare vita a un teatrino di sentimenti proiettati in un mondo puramente letterario, ma che gli si addice. Anche se si tratta di una sovrastruttura psicologica illusoria, ha capito che a lei va a genio.
Finite le lezioni, Pippi lo attende nel cortile della scuola per accompagnarlo alla stazione. Durante gli intervalli lo va a trovare in classe e divide con lui il panino imbottito che le ha preparato la mamma. Trova mille scuse per stargli vicino, e Luca ne è lusingato. Per impressionarla lui le racconta aneddoti curiosi, fatterelli raccolti qui e là nelle sue riviste musicali e facezie minime di vita vissuta. Tutto fa brodo, dai bed-in di John Lennon e Yoko Ono alla bisnonna tedesca che ha passato i cent’anni grazie a una cura di zuppa di patate allo zenzero, dai gatti di Syd Barrett – Pink e Floyd – al suo amico Matteo che la domenica va di nascosto in sagrestia a scolare il vino da messa. Scherza e si agita senza sosta passando in rassegna l’intero repertorio delle maschere buffonesche di cui dispone.
Quando si stufa di fare cabaret, favoleggia grave e infervorato di Gandhi e Guevara, i suoi idoli inconciliabili del momento. Gli piace ripetere a Pippi che in un mondo perfetto nessuno avrebbe bisogno di chiavi, simbolo detestabile del mio e del tuo. Se non hai nulla da possedere e nascondere, arguisce scrupoloso, tutto è di tutti, non è vero? Un uomo libero non desidera nulla, non c’è bisogno di costruire palizzate. L’essere è il bene e il non-essere è il male, le racconta senza conoscere Platone. Pippi adora la gentile follia di Luca. E Luca adora i dentoni di Pippi, il suo sorriso da castorina impertinente.
Si avvicinano tratteggiando sogni impossibili. A volte, quando l’incomunicabilità con il mondo degli adulti incrina l’ottimismo, vagheggiano fughe solitarie in terre che promettono una nuova vita, meno imbastita, più libera e selvaggia. Intrecciano fantasie approssimative che celebrano l’America e l’Australia, gli incantesimi scandinavi, lo spirito di civiltà più originali e tolleranti come l’Olanda e l’Inghilterra. Ma non disdegnano nemmeno la Francia, Parigi… Ovunque, purché lontano dall‘Italia.
Per dimostrarle il suo affetto e gloriarsi, non senza una punta di tenero riserbo, del suo animo appassionato, Luca le regala una copia profumata delle poesie di García Lorca in edizione economica, quelle dove il poeta canta che quando si spengono i lampioni si accendono i grilli. Incantata, Pippi si è rifatta il giorno dopo regalandogli Pollution di Battiato, un disco che Luca apprezza nonostante le stranezze.
L’attrazione reciproca è forte, e i sentimenti sfarfallano lievi in un’atmosfera di amorevolezza. Tuttavia Luca è insoddisfatto, vorrebbe rivelare a Pippi il suo amore ma non sa come farlo. Si sente impreparato, l’erotismo è ancora il nome di un passatempo solitario, cincischia in attesa di un segno intellegibile del destino. Quando è lì lì per dichiararsi, soggiogato dalla timidezza si arena in una umiliante palude di inerzia.
È Pippi che dopo alcune impercettibili schermaglie, stanca di attendere un’eternità e vedendo l’amico sempre impacciato, lo prende per mano ai giardinetti davanti alla stazione e gli chiede senza troppe giravolte se vuole diventare il suo ragazzo.
È un cupo pomeriggio di novembre e fa un freddo della madonna, ma a Luca sembra di sudare.
Ohi ohi. Non ha un‘opinione precisa di ciò che una risposta affermativa possa o debba comportare, tuttavia è estasiato dall‘idea di potersi mettere con la ragazzina più bella della scuola, di tutta Monza, del mondo conosciuto.
«Sì, certo» risponde finalmente con un soffio mentre Pippi gli stringe forte la mano e lo bacia lungamente sulla bocca. Le labbra di Pippi sono un morbido, incandescente purè di fragola, i capelli profumano di cocco e papaya. Il cervello rischiarato di Luca confeziona all’istante mille confuse e piacevoli figure d’amore che si propagano nei giorni. La mattina si sveglia spensierato come un uccellino all’alba, ma è soprattutto la sera, prima di addormentarsi, che si perde in dolci e volatili progetti di un affettuoso e indefinito convivere, gioie che proietta con vaporosa letizia in un futuro astrattamente lontano.
Pippi è orgogliosa di passeggiare con lui mano nella mano, di stargli vicino e farsi vedere dalle amiche. Luca è tenero e selvaggio come piace a lei. Prima di rincasare si stringono forte e si annusano diffusamente. Per Luca è il culmine euforico dell’amore, un’avventura strabiliante. Per Pippi invece, le cui aspirazioni sono meno vaghe e più sostanziali, si tratta di effusioni preliminari, della conquista di un’intimità che le consentirà presto di concedersi tutta. I suoi quattordici anni sono molto diversi dai quindici anni di Luca, è una giovane donna spigliata, intraprendente, ha già avuto qualche amichetto e non intende rimandare il compimento dell’amore a chissà quando.
Per il fine settimana (sono trascorsi pochi giorni da quando si sono messi insieme), invita Luca a casa sua. Sicura di potere sedurre l’amico desidera accordargli ogni libertà. Non solo baci e carezze, vuole l’amore che si genera tra le gambe. Non lo ha mai fatto prima, la eccita il pensiero di poterlo finalmente fare con il ragazzo giusto.
«Tanto i miei genitori sono in gita», gli dice, «e noi possiamo fare i cavoli nostri senza scocciature».
Nel primo pomeriggio, spettinato e di buon umore, Luca raggiunge Pippi convinto che il tempo volerà via in fretta. Si è pulito i denti e si è spruzzato mezzo flacone di Givenchy della sorella sui capelli. Non ha programmi, non saprebbe farne. Immagina che si lasceranno andare a chiacchiere trascurabili sciorinando pettegolezzi ginnasiali e motteggiando sugli amici comuni. Non è ancora un’età in cui tacere sia imbarazzante. Ascolteranno un po‘ di musica stravaccati per terra (speriamo non metta su schifezze sdolcinate – lui preferirebbe qualcosa di aggressivo tipo Cream o Rolling Stones), e mangeranno le brioche al cioccolato che le ha comprato in pasticceria. Qualche coccola innocente, qualche bacio. La terrà stretta promettendole la luna e altre cose impossibili, come si fa in questi casi.
Pippi è sulla porta, gli salta al collo. Si accomodano su un divano largo e curvilineo che sembra una piscina, la famiglia di Pippi abita all’ultimo piano di un appartamento lussuoso in centro. Ha la camicetta sbottonata, i piccoli seni sono nascosti da un reggiseno nero. Luca le osserva le labbra sensuali e gli occhi azzurri mentre parla. Cazzeggia seriosa del professor Ghironi, che le ha dato amabilmente del macaco per la faccia allibita che ha fatto quando le ha chiesto la somma degli angoli interni di un triangolo. E chi non lo sa? Ma dimostrarlo è un’altra cosa, chi se lo ricorda?
Senza cessare di cinguettare la padrona di casa gli si affusola in braccio come una gatta. Lo stringe e corteggia, gli sussurra infantili ma inconfondibili paroline nell’orecchio. Luca è stupito, non è programmato per quel gioco esplicito, ammutolisce e si sente a disagio. Pippi gli ha fatto levare le scarpe per accoccolarsi meglio tra i cuscini.
«Aspetta», dice lei. Si alza e come una amabile mogliettina gli prepara il caffè con le brioche. Dopo avere bevuto il caffè lei torna a mordicchiarlo sul collo e dietro le orecchie, sulle labbra. Tira fuori la lingua e gliela caccia in bocca, la sua saliva ha un vago sapore metallico, l’alito invece sa di latte. Lei si struscia e lui la lascia fare. Non la guarda mai negli occhi, perplesso tamburella le dita sui suoi jeans al ritmo della musica. Si sono decisi per Neil Young, un’ottima scelta, ma nemmeno gli accordi semplici e grandiosi di Harvest sono in grado di svegliarlo dal suo sotterraneo stato di terrore ipotonico. Non è insensibile alle lusinghe dell’amica (le trova anzi incantevoli, anche se un po‘ umidicce), ma è impaurito da ciò che potrebbe ancora accadere. Il campo d‘azione che si è idealmente prefissato per le carinerie sembra troppo esiguo per racchiudere tutti quegli allettamenti audaci. Il massimo che ritiene di potersi concedere è di stringerla ai fianchi e ramarle teneramente i capelli, forse appoggiarle la testa sul petto e chiudere gli occhi. Una comunione sentimentale romanticamente casta e immobile.
È la prima volta che Luca si avvinghia intimamente al corpo di una donna. Ai suoi occhi i corpi sono ancora attributi inessenziali di un vincolo spirituale incorporeo. Non sa niente delle donne, se non che celano un segreto inquietante, costitutivo di un’angoscia che lo lega inconsapevolmente al dubbio penoso che la sua competenza nel soddisfarle sessualmente sia del tutto insufficiente. Al pensiero della prima volta associa il piacere molto modesto che può procurare l‘idea di un esame scabroso. Il sesso è una chimera incomprensibile per lui, che ancora petrarcheggia mangiandosi le unghie. Senza averne una chiara coscienza è convinto che il principio di effusioni che hanno messo in pratica fin lì sia sufficiente per inaugurare una storia d’amore. Non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello che al primo incontro ufficiale la loro relazione possa prevedere un approccio più disinvolto, con carezze intime e scivolose aderenze organiche. Il suo mondo sessuale è involuto e generico, il mondo di un ragazzino che ha scoperto ieri di essere entrato nell’adolescenza.
Pippi invece si dimena in una galassia più sofisticata, scandaglia a fondo il desiderio e vuole sentirsi una donna, osare di più. Ha superato da tempo le ansie psicologiche, i dubbi fisici e morali che ostacolano il primo collaudo amoroso. Dopo avere mandato a memoria le risposte alle lettere del cuore di mille riviste specializzate per ragazzine, si è perfino comprata dei preservativi e ne ha provato uno su una zucchina per vedere come funziona. Ne tiene anche uno in tasca pronto all’uso.
Quando si rende conto che Luca ondeggia inconcludente nei suoi sogni astratti, quando, dopo avergli sfiorato i calzoni con la mano senza cavarne un ragno dal buco, lo vede incerto e flemmatico come se nulla fosse successo, si stufa in fretta. Sognare va bene, ma la carne? Cerca di limonarlo per un po’ senza successo. Avvezza a sostenerne il piglio esuberante ed estroverso, fraintende la sua dispersione, il suo sottaciuto diniego come se fosse lui a non considerare pronta lei. L’indecisione la irrita e umilia. Senza darglielo a vedere, considera la goffaggine di Luca un’offesa alla sua coscienza di ragazzina emancipata, non sa che Luca, semplicemente, è ancora lontano dall’essere pronto a fare l’amore.
Il giorno seguente Pippi non si fa trovare. Luca è deluso ma non la cerca, la disillusione non intacca la sua fantasia.
Pippi deambula su e giù per il corridoio della scuola con Marco. Ha già smesso di occuparsi di Luca, non vuole perdere tempo.
Paolo Montrasio