Chi vive la scena culturale napoletana sa bene che non è così facile far attecchire un progetto. Sa bene – ed è triste dirlo – che non è semplice far uscire la gente di casa, quando ci sono di mezzo i libri.
Sorprende, allora, che Napoli Città Libro – alla sua seconda edizione – sia riuscito in quest’impresa. Cerchiamo di entrare nel dettaglio.
La seconda edizione di Napoli Città Libro si è spostata. Se la prima aveva trovato sede nel complesso di San Domenico Maggiore (in centro, per i non del luogo), questa ha avuto luogo nel punto più alto della città, fra le mura di Castel Sant’Elmo. Si tratta di un monumento meno centrale, che offre maggiori difficoltà per essere raggiunto. L’organizzazione ha però sopperito molto bene a questo inconveniente: dalla vicina Piazza Vanvitelli (raggiungibile dalla stazione centrale con la metropolitana) sono state instituite navette gratuite per il castello. A ciò si aggiunge una scia di impronte che guida chi preferisce salire a piedi. Infine, convenzioni con taxi per uno sconto del 50% da e per il castello.
L’abbandono della precedente sede sembra sia stata necessaria: rispetto alla prima edizione la partecipazione degli editori – e dunque lo spazio necessario per gli stand – è stata di gran lunga maggiore. È stata l’offerta stessa della fiera – confrontata con quella dell’anno scorso – a essere più interessante. Una varietà di autori e ospiti, eventi, firmacopie, presentazioni. Anche la comunicazione – all’interno e all’esterno della fiera – ha funzionato.
Chi lavora nel settore o ha esperienza di fiere lo sa: i primi giorni sono sempre deboli, in quanto ad affluenza. Giovedì e la prima metà del venerdì – i primi due giorni di Napoli Città Libro – sono stati caratterizzati soprattutto dalla presenza di scolaresche. Presenza degna di nota agli eventi, ma scarsa fra gli stand. Già da venerdì sera e a partire dal weekend le cose sono cambiate.
Nel corso della fiera abbiamo parlato – giorno per giorno – con moltissimi editori per valutare il livello di interesse del pubblico. Le vendite, a conti fatti, sono state soddisfacenti.
Se tirando le somme l’esperienza di Napoli Città Libro è stata certamente positiva, non mancano – com’è ovvio – alcuni problemi. Tre, a nostro avviso, le più importanti.
Prima di tutto la mancanza di linea telefonica e wi-fi all’interno del castello, se non in sporadici punti fortuiti. Questo ha comportato l’impossibilità di utilizzare pagamenti con carta, oltre a recare difficoltà agli addetti stampa che lavorano sui social (riducendo – di fatto – la comunicazione intorno al salone).
Non sono mancati problemi con una delle gallerie editori: quella a cui facciamo riferimento era gelida, tanto da costringere standisti e visitatori a coprirsi.
Infine ci sono stati problemi con la mappa, realizzata con la sola indicazione degli stand ma senza indicare le pareti delle sale, così da essere del tutto inutilizzabile.
Non ci aspettavamo una fiera perfetta. Non alla seconda edizione, non con il cambio di location. Ma ci aspettavamo un evento importante per la città, e Napoli Città Libro lo è stato senz’altro. Una fiera che ha avuto il merito di spingere migliaia di persone sul punto più alto della città per parlare e ascoltare di libri, per la cultura. Da lì – dalla terrazza del castello, dalla strada, dal belvedere – si poteva scorgere tutta Napoli. Forse diceva così, il detto: Vedi Napoli e poi leggi.
Maurizio Vicedomini
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