La favorita di Yorgos Lanthimos è al centro di una delle più grandi mistificazioni del cinema di questo secolo. Distribuito nelle sale di tutto il mondo tra novembre dello scorso anno e gennaio di quello in corso, da Hollywood a Londra, dall’Academy che assegna gli Oscar alle associazioni internazionali dei giornalisti di settore il film è stato universalmente premiato per l’interpretazione di Olivia Colman come attrice principale e quelle di Rachel Weisz ed Emma Stone come supporting actresses. Nessuno sembra aver intuito, o sospettato, che fossero in realtà tutte e tre ugualmente protagoniste.
Per la maggior parte del tempo, vediamo muoversi sullo schermo Weisz o Stone (o tutt’e due insieme), come le burattinaie che dirigono i fili appesi alle gambe malate di gotta della regina. Sono le due nobildonne, la prima in auge e la seconda decaduta, gli attanti che fanno procedere l’azione e che agiscono concretamente per conquistare l’oggetto delle loro brame: nel caso di Sarah Churchill-Rachel Weisz è il proseguimento della guerra contro la Francia, mentre per sua cugina Abigail-Emma Stone è il suo personalissimo status sociale. Il focus, invece, è anche sulla regina Anna di Gran Bretagna, ultima del casato degli Stuart, capricciosa, sofferente, viziata, preda di facili isterismi e paranoie e prossima all’ira e al pianto, sovrana per cui il paese è come un giocattolo per i bambini, cui interessa soltanto quando glielo stanno per togliere dalle mani.
In realtà, a nessuno interessa veramente togliere il potere dalle mani della regina – non che qualcuno sia effettivamente in grado di farlo – quanto poterne ricavare il massimo vantaggio col minimo dell’onestà. Di Abigail sappiamo fin dall’inizio che non ha a cuore nient’altro che sé stessa, ma neppure Sarah, che parrebbe esser guidata da ideali più alti dei suoi meri privilegi, si esime dal prodigarsi in manipolazioni e bugie, in un duello in stile Eva contro Eva al quale, come Bette Davis, tarda a prender parte. Accadeva anche in The Lobster, che tutti dovessero mentire e fingere, sebbene per ragioni legate alla propria sussistenza, come l’uomo zoppicante che emulava sanguinamenti dal naso o i due protagonisti che recitavano la parte dei non-innamorati per avere salva la vita, e tutti nascondevano un segreto che era meglio che gli altri non sapessero.
L’unica persona sincera, in questo mondo, è proprio Anna, capace di abbandonarsi al panico e agli sbalzi di umore, a rivelare pubblicamente le sue profonde debolezze laddove chiunque altro sa bene che deporre la propria maschera può essere pericoloso, che siano le sue favorite, i domestici o i membri del parlamento.
Robert Harley, a capo dell’opposizione che vorrebbe porre fine alla guerra ed evitare il raddoppiamento delle tasse, instaura un riservato legame di convenienza con Abigail per aiutarsi a raggiungere i rispettivi scopi. Un intero stuolo di uomini occupa gli scranni del governo, in un paese in cui nonostante sia una donna a sedere sul trono restano in vigore le regole della società patriarcale, e un padre può vendere la figlia al gioco e una dama, per quanto potente, ha bisogno dell’aiuto di un uomo per essere tirata fuori da un bordello. Lanthimos ci dice, però, che dal momento in cui tutti mentono e niente è ciò che sembra non bisogna badare molto alle apparenze.
Kynodontas, ad esempio, raccontava la storia di due genitori che relegano i figli – un maschio e due femmine – a un’esistenza di reclusione, impedendo loro qualsiasi contatto con il mondo esterno, persino di conoscere davvero che cosa si celi al di là del loro giardino. Soltanto il padre può uscire di casa per andare a lavoro e fare la spesa, ma è una donna, alla fine, a infrangere il vetro in cui hanno rinchiuso la prole come in una serra, ed è ancora una donna (la figlia maggiore) ad aggirare le loro stesse regole. Allo stesso modo, nella Favorita saranno pure gli uomini a prevalere – perlomeno numericamente – ma sono le donne quelle che comandano davvero, dirigono la baracca, dettano legge in camera da letto e da cui bisognerebbe guardarsi le spalle.
La camera manovrata da Robbie Ryan produce veramente movimenti che danno la sensazione di doversi guardare la spalle, o addirittura di essere sempre spiati. Prendiamo la scena in cui Abigail entra con l’inganno nella stanzadella regina per medicarle le gambe, e la camera si sposta rapidamente da lei al letto regale, in cui Anna giace incosciente e addormentata, con una sorta di panoramica a schiaffo che cambia in un attimo il punto di vista – ma a favore di chi? E qual è la funzione della camera, in questo caso, se non quella di suggerirci che c’è sempre qualcuno pronto a osservare rimanendo inosservato?
La favorita, a oggi, è il film di Lanthimos che presenta i più virtuosi movimenti di macchina e artifici registici, ma anche la sua opera più atipica, oltre che complessa. L’uso reiterato del grandangolo deforma appositamente il quadro in un mondo che è già deformato dalla menzogna, in cui i confini del reale sono appannati dalla contraffazione continua, precipitando lo spettatore in quel mondo che non è più autentico, ma assomiglia a un incubo.
E che cos’è in fondo La favorita se non una commedia? Grottesca, sarcastica, assurda ma comunque comica. Anche questa è un’anomalia, nella produzione così seriosa, così ansiogena e drammatica di Yorgos Lanthimos. Alps aveva per protagonista un gruppo di volontari che si sostituiva alle persone appena defunte per aiutare i loro cari a superare il lutto, The Lobster era crudele e un tantino ironico, mentre Il sacrificio del cervo sacro era solo crudele. La favorita, invece, è altamente divertente, nella misura in cui i suoi protagonisti si prendono in giro, si punzecchiano, si prodigano in eccessi e dicono cose che arrivano del tutto inaspettate. È soltanto alla fine che l’amarezza della condizione dell’improbabile trio esplode devastante.
Abigail calpesta uno dei conigli della regina mentre questa giace addormentata nel suo letto, ma è al grido di paura della bestiolina che Anna si sveglia, e in un attimo comprende chi sia davvero la sua nuova favorita. In un finale complesso quanto enigmatico, le due donne sono una di fronte all’altra, Abigail intenta a massaggiare la gamba della regina e Anna che preme una mano sulla sua testa per appoggiarvisi, spingendola verso il basso: sulle note di Artur Schnabel, ai loro volti si sovrappongono sullo schermo i 17 conigli della sovrana – esattamente quanti sono i figli che ha perso – a simboleggiare che per l’infelice monarca, rimasta priva di un’amica leale, non restano che le sofferenze a farle compagnia, e che la neodama, ora che la sua infima natura si è palesata, può essere schiacciata in qualunque momento.
Se fossimo un animale in un film di Lanthimos non potremmo stare sereni. Nell’universo distopico di The Lobster gli esseri umani che non riescono a trovare un partner vengono tramutati in un animale a loro scelta, e il fratello del protagonista, trasformato in border collie, fa una fine decisamente orrenda. In Kynodontas un gatto viene sventrato quando invade pacificamente il giardino della famiglia protagonista. Nella Favorita c’è un ingente quantità di animali – uccelli usati come bersaglio, oche da corsa, e i conigli – che compare in funzione comica o assume una valenza drammatica.
Anche per essere un dramma in costume, La favorita è piuttosto insolito. Uno dei motivi per guardare un period drama, per dirlo all’inglese, è la raffinata ricerca di particolari che consentono un’accurata ricostruzione storica; ragion per cui, lo si può guardare (anche) per le informazioni che veicola sull’epoca rimessa in scena e per la possibilità che offre di immergervisi. Ma La favorita no. Certo, c’è una guerra in corso contro la rivale francese, ma non se ne parla mai se non nell’ottica di proseguire o terminare il conflitto. Non ci sono eventi determinanti per la storia del paese che valichino le soglie del palazzo reale, e tutto ciò che sta fuori resta, appunto, fuori.
Né i costumi e le danze sono storicamente appropriati (sebbene non imprecisi). Quel che è inconsueto e straordinario è che nulla ci viene detto della gerarchia politica o della struttura sociale dell’Inghilterra di inizio Settecento, e cionondimeno non abbiamo bisogno di nient’altro per comprendere quanto accade. Abigail arriva a corte, trova un lavoro, inizia la sua scalata verso la vetta della piramide tentando di scalzare Sarah nel suo ruolo di prediletta della regina, ed è quanto ci basta sapere per goderci la battaglia.
Andrea Vitale
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