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Lyrics: The man who sold the world e la perdita di umanità

The Man Who Sold the World. L’uomo che ha venduto il mondo. Il titolo di questa canzone di David Bowie del 1970, resa ancora più famosa dai Nirvana che la riproposero nel 1993 in un celebre concerto acustico a New York, esprime un giudizio di valore nei riguardi una persona. Questo giudizio non può essere che negativo, nel senso che l’atto del vendere rivela un atteggiamento di noncuranza, di avidità e soprattutto di opportunismo.

La copertina dell’album di David Bowie

Chi è l’uomo che ha venduto il mondo

L’uomo che ha venduto il mondo è il protagonista di un incontro, raccontato nella canzone con una scena molto vivida: due persone, che chiameremo l’opportunista e il millantatore, si incrociano per le scale ( «we passed upon the stair»). I due hanno un breve – ma denso – scambio di battute. All’inizio si tratta di convenevoli («We spoke of was and when»), ma subito si rivela una stranezza: l’interlocutore, da buon millantatore, aveva sparso la voce di essere amico dell’altro. La cosa sembra sorprendere l’opportunista, cioè il venditore del mondo, che per tutta risposta fissa negli occhi il millantatore e gli dice: “Credevo che tu fossi morto tanto tempo fa” («I spoke into his eyes, I though you died alone, / a long, long time ago»). La frase non sembra avere intenti informativi; suona piuttosto come un monito, un voler rinfrescare la memoria di chi teoricamente non dovrebbe immischiarsi con certe faccende del presente perché è sepolto dal passato. Una traduzione più accurata e meno letterale potrebbe suonare così: “Che cosa vuoi? Guarda che tu sei morto da un pezzo”.

Il vecchio e il nuovo io

In rete circolano numerose interpretazioni, non sempre avallate da riferimenti precisi, che vorrebbero spiegare il testo della canzone come una specie di incontro tra il vecchio e il nuovo Io, tra l’amabile e semplice Io di una volta e l’odioso, sofisticato e opportunista Io di adesso. Il discrimine tra i due stati dell’essere sembrerebbe essere il successo, che trasforma la persona in un qualcosa di meno spontaneo e meno gradevole. Molto similmente, un’interpretazione alternativa sarebbe l’incontro tra il protagonista e un semplice conoscente, il quale, appurato il successo e la popolarità cui è assorto il primo, cambia atteggiamento e se ne proclama un grande amico.

Una performance di David Bowie

Al di là delle interpretazioni, che sembrano entrambe accetabili, l’opportunista si congeda, stringendo la mano al millantatore e andando a casa («I shook his hand and made my way back home»). Subito dopo l’opportunista dice una cosa molto interessante. Allacciandosi idealmente all’azione di tornare a casa, specifica che per anni ha vagato in cerca di una forma e di una terra («I searched for form and land / Years and years I roamed»). L’immagine di un essere che vaga in cerca di qualcosa ci fa pensare a uno spettro in tutta la sua irrequietezza; la forma di cui va in cerca è appunto un corpo materiale – form, in inglese, può anche significare apparenza esterna di una figura umana, e la storia narrata dalla canzone è proprio una malinconica riflessione sulla perdita dell’umanità.

Kurt Cobain, frontman dei Nirvana

Due occhi fissi nel vuoto

Arriviamo così al verso chiave che racchiude il senso della canzone: «I gazed a gazeless stare» . Da notare, anzitutto, l’assonanza col primo verso, dove stair (scale) è un omofono di stare (guardare, fissare). Questo ci obbliga a riconsiderare l’incipit della canzone: l’incontro tra l’opportunista è avvenuto in un luogo (stair, le scale di un edificio) o la canzone descrive piuttosto il modo in cui esso è avvenuto, ovvero incrociando gli sguardi (stare)? Ci pare che la seconda ipotesi possa considerarsi più corretta, specialmente alla luce del verso chiave appena citato, che letteralmente vuol dire “Ho guardato uno sguardo senza sguardo”. All’apparenza suona senz’altro come un gioco di parole, ma chiediamoci cosa sia uno sguardo privo dello sguardo: occhi fissi nel vuoto e privi di espressione; occhi in cui ogni traccia di emozione e di entusiasmo è stata cancellata.

La conclusione della canzone sembra andare nella direzione di un pessimismo inguaribile: alla fine lo sguardo privo di espressione (come quello del millantatore e come quello dello spettro irrequieto) devono avercelo in molti («at all the millions here») come conseguenza del fatto che – a detta del testo – tutti quanti noi dobbiamo essere morti in solitudine tanto tempo fa («we must have died alone / a long long time ago»).

Giuseppe Raudino

The man who sold the world

We passed upon the stair
We spoke of was and when
Although I wasn’t there
He said I was his friend
Which came as some surprise
I spoke into his eyes, “I thought you died alone
A long long time ago”

Oh no, not me
I never lost control
You’re face to face
With the man who sold the world

I laughed and shook his hand
And made my way back home
I searched for form and land
For years and years I roamed
I gazed a gazeless stare
At all the millions here
We must have died alone
A long long time ago

Who knows? not me
We never lost control
You’re face to face
With the man who sold the world

Giuseppe Raudino

Insegno Giornalismo e Teoria dei Media all'Università di Scienze Applicate di Groningen, in Olanda. Scrivo e racconto storie. Il mio nuovo romanzo si intitola "Quintetto d'estate" (Ianieri Edizioni, 2022). Instagram: @raudino - www.linktr.ee/raudino

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Giuseppe Raudino

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