Una famiglia, quattro persone, e i rispettivi ceppi da cui discendono. E – di fianco – una serie di personaggi che orbitano intorno a questi: amici, servitù. Questo è l’ambiente entro cui si svolgono le vicende di La notte dell’uccisione del maiale di Magda Szabò, edito Anfora Edizioni.
Parlo di “ambiente” nel riferirmi ai personaggi perché sebbene ci sia una città, Debrecen, e un regime comunista, e ci siano la scuola e l’ospedale, e le case dei vari membri delle famiglie, il vero ambiente entro cui si svolge questo romanzo è costituito dalla mente dei personaggi.
Il motivo è semplice: il presente narrativo è di appena un paio di giorni (fino, appunto, alla notte del banchetto indicata nel titolo), ma le duecentocinquanta pagine del romanzo affrontano le vite dei protagonisti per almeno 40 anni. Questo avviene attraverso una serie di flashback narrati senza stacchi ben precisi, con passaggi dal presente al passato realizzati con tecnica eccellente, tanto da rendere la transizione del tutto indolore.
Detto questo, risulta evidente che l’intero romanzo si basa sulle relazioni fra la famiglia principale, Janos Tòth e Paula Kémery, il primo discendente da saponieri, la seconda da una famiglia nobile in miseria, con gli altri personaggi e con se stessa.
Janos è innamorato di sua moglie. La ama incondizionatamente. Eppure lei, sebbene sia sua moglie da vent’anni, sembra disprezzarlo. I due figli sono schierati, uno con il padre, l’altra con la madre. La famiglia di Janos non gli rivolge più la parola, il poco che è rimasto della famiglia Kémery non risulta gradito a Paula. Poi c’è Jolan, la bambinaia con un rapporto speciale con Gyozo Kémery, e Szalay, amico d’infanzia di Paula.
Cos’è successo fra tutte queste persone? La ricostruzione delle vicende avviene sempre con un’ottica parziale, dagli occhi di un personaggio, e via via porta a completare un puzzle di grande complessità. Il puzzle è, in fondo, la vita di tutti loro.
Lo stile di Szabò è elegante, preciso. L’autrice ungherese riesce a dipingere le psicologie di moltissimi personaggi con chiari tratti identitari, dandoci l’evidenza – durante la lettura – che la loro vividezza non è altro che il rispetto delle loro pulsioni più basilari: amore, odio, autoconservazione, soddisfacimento dei propri bisogni, amor proprio.
Questi aspetti sono declinati in maniera molto differente all’interno dei protagonisti. Basti pensare a come recepiscono l’amor proprio Janos e sua moglie, in virtù anche della propria discendenza. Ciò è evidente sin dall’inizio. E dall’inizio Szabò ci lascia supporre una verità che non potrà che essere confermata alla fine del libro e che sarà l’overture di un rapido finale.
Il fatto che questa verità sia già sul tavolo sin dall’inizio ci porta – da una parte – a storcere il naso, ma dall’altra pone in prospettiva come i sentimenti possano mutare le verità, nasconderla, cambiarne i connotati. E ancora una volta la bravura dell’autrice trasforma quest’occasione in un grande merito.
La notte dell’uccisione del maiale è un romanzo-treno, uno di quelli lenti che si ferma a molte stazioni e raccoglie numerosi passeggeri. Eppure – sin dall’inizio – sappiamo dove arriverà. Ciò che conta, come al solito, è il viaggio.
Maurizio Vicedomini
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