Amore è. Il buio e altre storie d’amore, Deborah Willis
Nell’approcciare un testo come Il buio e altre storie d’amore di Deborah Willis (Del Vecchio, 2019, trad. C. Fusini, P. Del Zoppo, M. Sgammini) si ricevono alcune coordinate di base. Le protagoniste femminili, l’età della formazione, della scoperta, dei primi amori, ma anche di quelli che arrivano più avanti. I personaggi maschili, incapaci spesso delle parole giuste, di esprimere in un modo che sia comprensibile ciò che provano. La natura, in cui spesso siamo immersi senza nemmeno accorgercene. E l’amore, amore che non può più significare solo una propria banalizzazione, un sentimento romantico fra due persone che vogliano coronare un sogno – appunto – d’amore.
È invece la ragione dietro ogni scelta, una rete che permea la nostra realtà poiché ognuno di noi si muove per amore – verso se stessi, verso altri, verso oggetti, ideali, sentimenti, esperienze –, intendendola all’inglese: quel love che è l’insieme di almeno tre espressioni italiane: amare, voler bene, adorare.
La copertina scelta per l’edizione italiana ha funzione paratestuale, perché continua a guidarci attraverso questi punti chiave. Un uccello astronauta disegnato, con una serie di freccette numerate, come quelle che si trovano su un manuale di istruzioni. Ecco, allora, cos’è questo libro. Un manuale d’uso per apprendere l’amore.
Non un manuale a fruizione di chi legge, però. Sono i protagonisti dei racconti – tredici in tutto (dieci più un trittico) – a imparare l’amore. Ed è da qui, io credo, che si possa partire.
Amore e sensualità
Non è un libro in cui si incappa spesso in scene di sesso. Ma è un volume in cui la sensualità è presente in ogni gesto. Così – in più occasioni, in più racconti – due migliori amiche sembrano sul punto di attraversare quella sottile linea d’ombra che separa il loro essere ragazzine dall’età adulta. Ragazze che non hanno problemi con la vicendevole nudità – non necessariamente si parla di omosessualità, in queste storie – ma c’è una continua spinta ambigua, ed è questa a rendere al meglio l’idea dell’amore che queste giovani imparano. Un amore che è fatto di incomprensioni, di taciuto e mai detto – anche a distanza di anni, anche quando è troppo tardi – che è come la vita un insieme di esperienze non colte del tutto.
È il caso del racconto eponimo, Il buio.
«Non stavamo andando da nessuno.» La mia voce risuonava forte rispetto ai lievi rumori del bosco, lo scricchiolio dei rami e il fruscìo delle foglie. «Volevamo solo vedere i cavalli,» dissi. «Volevamo solo stare insieme»
[Il buio, Debora Willis, Il buio e altre storie d’amore, p.18, Del Vecchio, 2019]
L’altra faccia del buio
Menzione a parte la merita quello che è il racconto più riuscito della raccolta. La mia ragazza su Marte è una storia di ossessioni, di decisioni prese e incontrovertibili. È la storia di un amore che prova ad affrontare l’allontanamento e le sue conseguenze. Non è un caso, forse, che questi – Il buio e La mia ragazza su Marte – siano i primi due del libro. Perché sono diametralmente opposti e rappresentano nella loro accoppiata l’insieme di possibilità che Deborah Willis ci vuole mettere davanti, l’intero ventaglio delle possibilità amorose. Amore, allora, è vicinanza, è contatto, è complicità, ma è anche distanza e l’accettazione di quella distanza, nonostante tutto. E in questo spettro rientrano storie come L’ultimo ad andarsene, un frammentario insieme di esperienze nell’intreccio di una storia d’amore e L’uccello di passo, che racconta di un lento avvicinarsi.
A chiudere il volume, Steve & Lauren: tre storie d’amore. Una serie di tre racconti con gli stessi protagonisti – Steve e Lauren, appunto. In chiusura di un libro sulle svariate possibilità dell’amore, ecco il chiodo finale: storie d’amore che lo sono solo in parte, amore che è anche tradimento, è anche sopportazione. Amore che è anche mancanza d’amore.
Maurizio Vicedomini
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