20 anni di Don Matteo
Vent’anni fa faceva la sua prima apparizione in televisione un uomo che oggi è entrato di diritto a far parte di quel gruppo di personaggi televisivi quasi parenti per ognuno di noi, sicuramente amici più che fidati: Don Matteo, che con Nonno Libero, Montalbano e oramai anche Suor Angela sono entrati nelle nostre famiglie, eroi moderni, portatori di sani valori e principi, dal sapore passato in una società frenetica ed egoista come quella odierna.
Cosa piace del parroco investigatore ?
Terence Hill, per tutti Don Matteo, sorridente e impiccione, è sempre lo stesso da venti anni. Così come il maresciallo Cecchini, suo grande amico e complice, diversi ma speculari. In questi vent’anni siamo cambiati noi, è cambiata l’Italia ed è cambiata l’ambientazione da Gubbio delle prime stagioni a Spoleto, ormai location stabile dalla nona stagione in poi.
I viottoli di Spoleto, le scale, la parrocchia, la piazza, gli omicidi, i tradimenti e il lieto fine sono passaggi a noi spettatori familiari e confortevoli entro i quali si sviluppano le tante storie di Don Matteo.
Forse una parte del suo successo è proprio racchiusa in questo personaggio e nella struttura narrativa scelta. Abbiamo ancora tanto bisogno di accendere la televisione alla sera, staccarci dalla violenza del mondo e dai film dalle sceneggiature serrate, per riporre la fiducia in questo amico un po’ di tutti capace di risolvere qualsiasi caso gli si presenti.
Il format gioca sulla commistione di generi e storie: giallo, commedia e dramma si intrecciano senza grandi difficoltà creando un’ambientazione unica. La complicità tra il maresciallo Cecchini (Nino Frassica) e Don Matteo (Terence Hill) è genuina e questo gli spettatori lo riescono a percepire. Negli anni abbiamo potuto tutti notare il cambiamento di Don Matteo; si presta sempre più alle scene comiche create dal Maresciallo, forse anche per ricambiare l’estrema fiducia che questi ripone in lui ogni volta che si trovano ad affrontare un nuovo caso sempre insieme.
Don Matteo ha la capacità di trovarsi prima dei carabinieri sulla scena del crimine, e come un buon prete di paese conosce sempre tutti, le vittime, le famiglie, i segreti di chiunque, e se non li conosce, ben presto grazie al suo intuito riesce a ricostruire i pezzi mancanti di storie intricate e aiutare così il suo fidato amico maresciallo nelle indagini, o forse aiuta l’intera caserma a concludere nel migliore dei modi i casi che si presentano. Un sacerdote dai modi schietti, spesso asciutti, ma sempre marcato da tenerezza, dotato di ironia sottile e di grande intuito.
Don Matteo, prodotto dalla Lux Vide, da Matilde e Luca Bernabei, nasce da un’idea di Enrico Oldoini. La sua formula di racconto giallo e di investigazione attinge a uno schema narrativo abbastanza consolidato, si pensi a La signora in giallo con Angela Lansbury. Il format originale della serie italiana ha in realtà il suo riferimento nei Racconti di padre Brown (1970) diretti da Vittorio Cottafavi, con il duo Renato Rascel e Arnoldo Foà, ispirato all’ opera letteraria dell’inglese Chesterton. Don Matteo però nel tempo ha sempre rivisto e rimodulato il suo plot narrativo, adattandosi spesso alla società che è cambiata e quindi anche al suo pubblico e per questo è riconosciuto come attuale e affidabile.
Come dicevamo, la serie ha una sua struttura capace di unire il versante giallo-investigativo con quello del romance, del dramma sociale e scenette dall’ esilarante umorismo.
Attraverso la figura di Don Matteo e le sue storie, la Rai ha tentato di portare avanti una descrizione di un rapporto forse poco considerato oggi: la presenza del prete nella comunità. Sono stati raccontati, senza forzature e senza un carattere educativo, i sacramenti come battesimo, comunione, matrimonio, confessione, l’ascolto e l’ora di religione in classe.
Una narrazione condotta ogni volta con grande rispetto e prudenza. Nella nuova serie 2020 il filo rosso è rappresentato dai Dieci Comandamenti, che, anche per i non credenti, rappresentano un’indicazione del vivere bene socialmente. Don Matteo, sempre con la stessa tunica da vent’anni (le toppe sono autentiche ) è forse la rappresentazione televisiva di quello che è il messaggio di Papa Francesco, espressione di una Chiesa inclusiva e accogliente.
Gli amici di sempre: Personaggi principali
Il Maresciallo Cecchini (Nino Frassica) è uno dei personaggi più simpatici, in ogni momento ha la battuta pronta; chiaramente siciliano, è profondamente fiero e orgoglioso di appartenere all’Arma dei Carabinieri, come profondamente ama la sua famiglia e gli amici. Si fa aiutare dal suo amico don Matteo nelle indagini, fornendogli tutte le informazioni necessarie per poi avere il suo aiuto nella soluzione dei casi, cosa non molto gradita dai capitani dell’Arma che si susseguono nella serie, ai quali Cecchini cerca senza troppo successo di spacciare per proprie intuizioni i suggerimenti fornitigli da don Matteo per le indagini. Gioca spesso con lui a scacchi, ma non riesce mai a batterlo, tranne in rarissime occasioni.
Flavio Anceschi (Flavio Insinna) è il primo capitano che conosciamo della caserma dei Carabinieri di Gubbio (dalla prima alla quinta stagione). Anceschi è molto amico del maresciallo Cecchini, anche se mal sopporta che il contributo di don Matteo sia spesso indispensabile nella soluzione dei casi, ma poi riconosce e apprezza le doti umane del sacerdote, fino a diventare suo amico e arrivare a prende con filosofia il fatto che Cecchini e don Matteo indaghino insieme, lasciandosi andare a qualche sarcastica allusione più o meno esplicita al maresciallo o al sacerdote.
Giulio Tommasi (Simone Montedoro) è il secondo capitano dei Carabinieri di Gubbio, entra nell’Arma per seguire le orme del padre, il generale Luigi Tommasi, del quale tuttavia rifiuta ogni possibile raccomandazione che lo aiuti nella carriera, in quanto desidera farcela da solo. Si contraddistingue per il rigore verso le regole e per la sua passione verso lo sport. Il capitano Tommasi conduce le sue indagini in modo severo e imparziale, segue uno stile schietto e aggressivo, tendenzialmente espone i fatti e le circostanze che incastrano l’accusato durante gli interrogatori facendo sì che questo arrivi a confessare. Anche il capitano Tommasi mal sopporta le interferenze di don Matteo nel lavoro dei Carabinieri, comportandosi in modo brusco con lui, per poi cedere come tutti alla bontà di don Matteo, a cui chiederà aiuto in alcune delicate situazioni personali.
Tra il capitano Tommaso e il maresciallo Cecchini si viene a creare nel corso delle stagioni un legame molto profondo, anche a livello personale, al punto che il capitano diverrà prima il grande amico della figlia di Cecchini e poi il marito.
Anna Olivieri (Maria Chiara Giannetta) è il nuovo capitano dei Carabinieri di Spoleto in seguito al trasferimento del capitano Giulio Tommasi, divenuto maggiore. Donna seria e ligia al dovere, dimostra subito autorità ma anche sensibilità. All’inizio è fidanzata con Giovanni, il quale tuttavia decide di lasciarla per intraprendere la strada del sacerdozio. Questa separazione è alla base dell’antipatia che Anna sviluppa per don Matteo, che lei ritiene “colpevole” di aver plagiato Giovanni per portarlo a tale scelta.
Natalina Diotallevi (Nathalie Guetta) è la perpetua di don Matteo; pettegola e irascibile, nutre tuttavia un grande affetto verso gli abitanti della canonica e i parrocchiani. In particolare si affeziona a tutti i bambini che vi vengono ospitati: Nerino, Camilla, Tommaso, Agostino. Natalina è single, ma sogna un marito e dei figli.
Pippo Gimignani Zarfati (Francesco Scali) è il sagrestano della chiesa di don Matteo. Svolgeva questo mestiere anche per il suo predecessore, don Luigi. Abita anche lui in canonica; la sua grande simpatia colma per certi aspetti la sua fisionomia non certo attraente. Anch’egli single come Natalina, spesso la corteggia, ma sempre con insuccesso.
Don Matteo racconta al pubblico il mondo come dovrebbe essere, in uno schema narrativo piuttosto essenziale: i buoni in grado di resistere all’immoralità e ai tranelli, alla fine vincono sempre sui cattivi. È un mondo quello di don Matteo, di una commedia familiare, dove le forze dell’ordine vincono sempre, hanno la battuta di Nino Frassica e la comprensione della capitana; un mondo dove esiste un prete comprensivo, che ha una parola buona per tutti, conosce il significato della la parola empatia, capisce cosa agita gli animi degli uomini, intuisce subito le motivazioni che spingono a insani gesti. È la spalla su cui piangere, a cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà. É il prete senza macchia e senza paura perché sa bene come affrontare la vita.
Probabilmente la capacità di trattare temi cari alla cronaca e all’attualità, senza cedere alla violenza e alla banalità, è il vero asso nella manica di vent’anni di successi.
Anna Chiara Stellato