Permette? Alberto Sordi
Alberto Sordi, Albertone, l’Alberto nazionale: in quanti modi è stato chiamato! Un personaggio enciclopedico che risponde al nome di Alberto Sordi. Una carriera durata 60 anni, 200 film e la popolarità alle stelle. Amato sempre da tutti e ricordato ancor di più in questo 2020 per i 100 anni che avrebbe compiuto se non ci avesse lasciato nel 2003.
Rai Fiction lo omaggia con Permette? Alberto Sordi, per la regia di Luca Manfredi che, con grande coraggio, sceglie di ripercorrere la carriera dell’attore romano per circa 20 anni, dalla seconda metà degli anni ’30 – quando veniva espulso dall’Accademia di Recitazione dei Filodrammatici a Milano, per il suo inconfondibile accento troppo romano – fino al successo ottenuto con Un americano a Roma nel 1954.
Lo schema narrativo adottato da Luca Manfredi segue in qualche modo lo stesso sviluppo utilizzato in In arte Nino, il biopic che Manfredi aveva dedicato al padre. La scelta è quella di raccontare gli inizi difficili di una carriera che però poi arriva a raccogliere successi insperati, concentrando la narrazione sulla prova attoriale del protagonista: in In arte Nino era affidata a Elio Germano, questa volta con Permette? Alberto Sordi la grande prova è affidata a Edoardo Pesce.
Per corporatura fisica, di gran lunga più grosso di Sordi, e per gli ultimi film che hanno visto protagonista Edoardo Pesce (in ruoli violenti) poteva sembrare un azzardo, ma in verità Pesce nella sua carriera ha spesso alternato personaggi molto duri a ruoli in commedie leggere come Se Dio vuole, Viva l’Italia e La verità, vi spiego, sull’amore.
La camminata particolare in cui sembra prendere una piccola rincorsa e quel saltello inconfondibile hanno reso l’interpretazione di Edoardo Pesce nei panni di Alberto Sordi convincente al punto che il pubblico ha, con affetto, riconosciuto quelle caratteristiche fisiche che hanno caratterizzato il personaggio di Alberto Sordi. E fortunatamente Pesce entra nel personaggio senza imitarlo. Ne recupera lo sguardo, la voce, la determinazione e la sottile malinconia. Interpretare il ruolo di un attore è già molto complicato, quando poi si tratta di personaggi nazionali cari e noti a tutti gli italiani diventa una prova ancora più pericolosa per un attore. Edoardo Pesce in questa prova ne esce con grande successo.
La sua voce è leggermente più alta, meno profonda di quella di Sordi, ma l’intonazione e la cadenza sono perfette, compresa quella sua tipica voce a volte un po’ rotta dall’emozione. Così come lo è la somiglianza fisica, quella luce negli occhi e quel loro tremolio, quell’espressione un po’ malinconica.
La storia raccontata
Tornato dalla famiglia, in particolare dalla madre, Alberto non ha il coraggio di affrontare la realtà, ovvero la sua esplusione dall’Accademia di recitazione dei Filodrammatici di Milano, e si nasconde dietro una serie di bugie. Allo stesso tempo l’attore romano sceglie in parte di ascoltare i consigli dei genitori ed amici – come lo stesso De Sica ebbe a dire di lui “Voce interessante su cui lavorare ma il faccione non va”. Inizia dapprima come doppiatore nei film di Stanlio ed Onlio, in cui presta la voce a Oliver Hardy, e dopo vari tentativi si inventa il personaggio di Mario Pio che fece strada a tanti altri personaggi.
Permette? Alberto Sordi dà risalto poi al Sordi privato, all’unica storia d’amore dichiarata dall’attore romano, ovvero quella con Andreina Pagnani (interpretata da Pia Lanciotti) anch’essa nel mondo del teatro e del doppiaggio. Durante spettacoli teatrali ed incontri vari continua la sua amicizia con un altro volto storico, Aldo Fabrizi (Lillo Petrolo). Si racconta anche di un’amicizia che sarà per la vita con un altro grande del cinema italiano, Federico Fellini (Alberto Paradossi), anche lui festeggiato in questi mesi a Rimini per il centenario dalla sua nascita. Forse è proprio a Fellini che Alberto Sordi deve il suo più grande successo.
Ci sono la storia e gli aneddoti, utili probabilmente per far conoscere Sordi al pubblico più giovane.Ma il ritratto resta in superficie. Lo si può vedere dalla tensione di alcune scene, dalla morte della madre di Sordi ai litigi con Andreina: il film la riproduce appena. Si entra nei conflitti, nelle zone d’ombra dell’attore ma restando sempre a galla, e così anche la storia, il fascismo, l’entrata delle truppe alleate il 4 giugno 1944 restano prevalentemente una cornice scenografica.
Mancano anche la caratterizzazione di alcuni personaggi: al limite della caricatura, semplificati, anche stereotipati, Federico Fellini e Giulietta Masina, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica e Stefano Vanzina che, dopo il successo de I vitelloni, coinvolgerà prima Sordi in Un giorno in pretura e, visto il successo del suo personaggio, l’Americano, gli dedicherà un intero film, Un americano a Roma.
Certo, quello che arriva è la cifra che ha sempre caratterizzato Sordi. “La realtà non è che si possa raccontare solo con la tristezza” diceva il nostro Albertone, e infatti lui è riuscito a raccontare l’Italia e gli italiani con un sorriso, anche se a volte amaro. Certo è che Permette? Alberto Sordi somiglia a una specie di Bignami della storia del cinema italiano, un po’ vintage, fatto per istruire ma senza appassionare.
Anna Chiara Stellato