Ci sono sempre livelli diversi di consapevolezza. Ci sono livelli diversi di evidenza.
Un pugno lascia un livido – un incidente? Forse ha sbattuto contro lo stipite della porta – ma quando i lividi sono dentro, nascosti da pelle, muscoli e ossa, quando i lividi sono così profondi da condizionare il modo in cui agiamo, sembra quasi che non esistano. Non riusciamo a vederli.
Di pugni invisibili, di catene nascoste. È di questo che parla Forme di lontananza, il secondo romanzo di Edurne Portela portato in Italia da Lindau, con traduzione di Thais Siciliano.
Matty controlla per la quarta volta l’estratto conto mensile della carta di credito. Malgrado Alicia gli abbia fornito gli scontrini di tutte le sue spese durante il mese che ha passato in Spagna, qualcosa non gli torna. Lei ripete che ha dato tutto, ma mancano alcuni scontrini: uno di 7,43 dollari, un altro di 17,80, un altro ancora di 65 e uno di 212. Come può non essersi accorta di aver speso tutti quei soldi? Matty sospetta che lei non voglia dirgli che è andata a fare spese con sua madre.
[Forme di lontananza, E. Portela, Lindau, 2020, p.211]
Il libro si apre con una dichiarazione d’intenti. Il primo capitolo vede Alicia chiusa in camera, terrorizzata all’idea che lui possa essere in casa. Anche se sa che non c’è. È il terrore, ciò che percepiamo in quelle prime pagine.
In questo modo, Portela ci mette subito sull’attenti. Ci dice chi è il buono e chi il cattivo. Ci dice che c’è una vittima, che quella vittima si chiama Alicia.
Poi comincia la storia, il come si è arrivati a questo punto. Ed è qui che le cose si fanno interessanti. Perché per almeno metà libro, non vediamo granché di problematico. È una coppia che non funziona, lo sappiamo dal modo in cui si parlano, dal modo in cui reagiscono l’uno all’altro. Ci sono litigi, certo, si alza la voce, si grida. Ma in quale coppia non si litiga?
Si insinua un dubbio: e se l’autrice ci avesse preso in giro, nelle prime pagine? Se Alicia fosse una mitomane di qualche tipo?
Un dubbio che la bravura di Portela ci insinua alternando capitoli su Alicia ad altri nella testa di Matty. Anche gli stessi eventi, talvolta, sono narrati da entrambi i punti di vista. E le versioni sono discordanti. Qual è la verità?
Sembra di essere in un post su Facebook. Ma non siamo quelli “giusti”. Stiamo dubitando della vittima. Non è proprio ciò che leggiamo, inorriditi, sotto i post di alcuni quotidiani? Se l’è cercata, leggiamo. Guarda com’era vestita. Oppure, magari se l’è inventato per un po’ di visibilità. Lo vuole rovinare, la stronza.
Potremmo continuare. Ci troviamo allora, pur nelle migliori intenzioni, pur consapevoli di trovarci davanti a una finzione narrativa, nei panni di chi non si schiera o anzi parteggia per chi il male lo fa. Non siamo più capaci di essere certi di nulla, come il Signor Dubbio di Grass.
Ma allora, come la scopriamo, la verità?
Stiamo leggendo un libro, questo Forme di lontananza di Edurne Portela, e per scoprirla ci basta andare avanti. Ma nella vita di tutti i giorni, come si scoprono quei lividi invisibili che spesso nemmeno la vittima riesce a vedere?
Non saprei dire quando è cominciato tutto. Quando la mia vita ha iniziato ad andare a rotoli e quella che ero ha smesso di esistere e si è trasformata in una donna che si chiude a piangere in un armadio.
[Forme di lontananza, Cit., p.20]
Una goccia per volta. È così che si manifestano le violenze più subdole. Una goccia è un fastidio, non provoca dolore. Puoi ignorarla, poco per volta. Puoi far finta che non ci sia. È solo una goccia.
Ma non ci accorgiamo – non lo facciamo mai – che quella goccia non scorre sulla nostra pelle, non scivola fino al pavimento dove possiamo magari calpestarla, dove il sole del mattino può asciugarla. Quella goccia scivola all’interno, in una sacca apposita insieme a tutte le altre gocce, e volta dopo volta diventiamo più pesanti. Finché la sacca è così piena che non riusciamo più a reagire. Siamo bloccati sotto un peso che non possiamo sollevare e gettare via perché quel peso è dentro di noi, quel peso siamo noi. Un peso che ci allontana da tutti, quando è la solitudine a renderci più deboli.
Alicia non viene lasciata sola. Forse è l’unica cosa ad aver fatto la differenza. Alicia è stata spinta dove non riusciva ad andare.
Ecco, allora. Forse è così che si supera il dubbio. Non facendosi da parte. Non voltando lo sguardo altrove. Se guardiamo con attenzione, quei lividi nascosti riusciremo a vederli. E farà la differenza.
Edurne Portela mette in scena questo: un processo al singolo e al collettivo, un processo a ciò che viene lasciato dov’è con una scrollata di spalle, solo perché non assomiglia a un occhio nero, solo perché non c’è sangue a macchiare il pavimento.
Ancora.
E Matty le disse tutto quello che gli pareva perché se lo meritava, avrebbe dovuto ringraziarlo perché l’aveva solo insultata.
[Forme di lontananza, Cit., p.235]
Maurizio Vicedomini
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