“So che un romanzo può trascinarci così lontano da penetrarci e trasformarci per sempre. So che le creature di carta possono modificare i nostri ricordi e restare al nostro fianco per sempre”.
Se anche voi sapete tutto questo, La lettrice della stanza 128 è la lettura giusta per voi.
Complice la situazione in cui versava l’Italia a febbraio, è uscito ingiustamente in sordina il primo romanzo tradotto in italiano di Cathy Bonidan, scrittrice francese dei record. Il suo romanzo d’esordio, Le parfum de l’hellébore, ha totalizzato infatti ben undici premi letterari in patria.
Oggi, grazie a DeA Planeta, possiamo leggere il suo ultimo romanzo, in attesa della traduzione e pubblicazione del precedente.
Il romanzo è una lettera d’amore alla lettura e al potere che essa ha sulle nostre vite. Anzi, è una lunghissima serie di lettere che i diversi personaggi di un racconto corale si scambiano per ricostruire la storia di un romanzo.
Tutto inizia infatti quando una donna trova in un comodino di un albergo bretone un manoscritto battuto a macchina e decide di leggerlo. Fortemente colpita, decide di spedirlo all’indirizzo indicato nel manoscritto, ringraziando l’autore per la piacevole lettura. L’autore ne rimane sconvolto, perché ha perso quell’unica copia del suo manoscritto una ventina d’anni prima… I due, aiutati da collaboratori man mano sempre più numerosi, proveranno a ricostruire le peripezie del manoscritto scoprendo che quel volume ha cambiato la vita di tantissime persone.
Un romanzo che si potrebbe inserire nel genere investigativo, dato che il fine ultimo dei personaggi è scoprire il viaggio compiuto dal manoscritto. Da segnalare però anche una dose consistente di buoni sentimenti e quelle atmosfere francesi che vanno molto di moda nella letteratura sentimentale recente.
A rendere molto speciale l’opera è invece la scelta dell’autrice di aver adottato la forma del romanzo epistolare. E qui la domanda sorge spontanea: è possibile scrivere oggi un romanzo epistolare ambientato nel presente senza risultare artificiosi?
La risposta è affermativa: l’alternanza di lettere ed e-mail non solo è convincente, ma divide anche il romanzo in tantissimi e brevissimi capitoli che facilitano senz’altro una lettura già gradevolissima grazie a uno stile scorrevole, essenziale e ulteriormente alleggerito da piccole dosi d’ironia.
La scelta di raccontare la storia sotto forma di romanzo epistolare è dunque vincente e tutt’altro che artificiosa.
Tuttavia, a far storcere il naso a qualcuno potrebbe essere lo sviluppo stesso della trama, o meglio gli effetti che il manoscritto al centro delle ricerche suscita nei personaggi. Fin dalle prime righe sappiamo infatti che tale manoscritto, per quanto sia scritto egregiamente, non è altro che un semplice romanzo d’amore giovanile.
A lettura conclusa, insomma, l’impressione è che anche questo romanzo sia in fondo “soltanto” un avvincente ed egregio esercizio di stile che si legge assai velocemente e si dimentica ancor prima.
C’è però qualcosa di più, ed è fondamentale: il romanzo si apre e si conclude con una riflessione cara a tutti i lettori appassionati. Quella sul ruolo che i libri possono avere nelle nostre vite. E se le pagine e i personaggi di Cathy Bonidan non sono in grado di “trascinarci così lontano da penetrarci e trasformarci per sempre”, sono comunque capaci di farci pensare ai romanzi che hanno avuto questo potere nella nostra esistenza.
Questo, aggiunto a una lettura piacevole e incalzante, mai noiosa e spesso briosa, fa di questo romanzo una lettura perfetta per questo momento.
Carlo Crotti
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