Il finale di Mr. Robot e Le rovine circolari di Borges
Che cosa accomuna Jorge Luis Borges alla serie tv Mr. Robot, che da non molto si è conclusa con l’uscita della sua quarta stagione? Nel racconto Le rovine circolari della raccolta Finzioni dello scrittore argentino, il protagonista sperimenta una condizione simile a quella che si trova a vivere Elliot, personaggio principale della serie ideata da Sam Esmail. Le situazioni e le ambientazioni sono del tutto differenti, ma entrambe le narrazioni si concentrano sulla creazione di altri da sé, e leggendo il racconto di Borges si rimane vittima dello stesso disorientamento finale vissuto dal protagonista.
Il “mago” e la creazione dell’altro sé stesso
Ne Le rovine circolari la narrazione comincia con la creazione di un altro sé stesso da parte del personaggio principale. Lo “straniero”, il “mago” protagonista trova non poche difficoltà nel creare un’altra persona con tutti i particolari necessari. La materia che cerca di modellare è quella dei sogni:
“Voleva sognare un uomo: voleva sognarlo con minuziosa interezza e imporlo alla realtà”
L’uomo, dopo aver raggiunto le rovine di forma circolare di un tempio di una divinità dimenticata, distrutto da antichi incendi, si addormenta. Il suo sonno dura diverse notti e numerosi giorni in cui lo straniero sogna di selezionare un volto fra i tanti di una sorta di circolo di eletti. Ma questo approccio si rivela fallimentare, l’uomo distrugge tutta la sua creazione e inizia a modellare l’altro da sé cominciando dal più piccolo particolare anatomico del cuore; soltanto in questo modo, egli pensa, l’essere da lui creato potrà essere perfetto:
“Sognò un cuore che palpitava. Lo sognò attivo, caldo, segreto, della grandezza di un pugno serrato, color granata nella penombra d’un corpo umano ancora senza volto né sesso; con minuzioso amore lo sognò, durante quattordici lucide notti. […] La quattordicesima notte sfiorò con l’indice l’arteria polmonare e poi tutto il cuore, di fuori e di dentro. L’esame lo soddisfece. […] In meno d’un anno giunse allo scheletro, alle palpebre. La capigliatura innumerevole fu forse il compito più difficile”.
L’uomo misterioso riesce a sognare un uomo nuovo in tutti i suoi dettagli, eppure è in grado di sognarlo soltanto addormentato. È grazie all’intervento della divinità del tempio, il Fuoco, apparsogli in sogno, che la creatura si anima e si sveglia. Soltanto una cosa il Fuoco chiede in cambio al mago, che suo figlio una volta addestrato nei riti del suo culto vada a glorificare la divinità stessa nelle rovine di un altro tempio più a valle. Nessuno avrebbe mai saputo del segreto della sua creatura, di essere frutto dei sogni di un altro uomo, nessuno se non il Fuoco stesso.
La creazione in Mr. Robot
In Mr. Robot la creazione dell’altro sé stesso è automatica. Elliot crea il suo alter ego senza una programmazione, un lavorio preliminare, ma inconsciamente, gli dona soltanto una parte della sua personalità. Restando in termini informatici, crea una sorta di software mentale, un antivirus che lo protegga da tutto ciò che potrebbe attaccarlo dall’esterno.
La differenza fra le due visioni è nella relazione tra quello che è il creatore e quelle che sono le sue emanazioni. Mentre in Borges è il creatore a proteggere la sua creatura, cancellandole dalla memoria ogni ricordo della nascita, tenendolo quindi all’oscuro di quella che è la sua vera origine, in Mr. Robot è l’altro, cioè le altre personalità che agiscono in difesa del vero Elliot, che pure li ha creati.
Il sogno
La dimensione onirica in Mr. Robot è usata in maniera opposta a come viene invece presentata ne Le rovine circolari. Mentre nel racconto era il creatore, il mago, lo straniero a mantenere nei suoi sogni la sua “creatura”, cercando di prolungare il più possibile il momento del distacco, per proteggerla dal mondo esterno; in Mr Robot sono gli stessi alter ego creati da Elliot a costruire una realtà interna, onirica, un sogno in cui collocare il loro creatore e proteggerlo dal resto del mondo.
Basti pensare all’episodio Guarda davanti a te della seconda stagione in cui Mr. Robot porta Elliot in una sorta di tragicomica avventura on the road, semplicemente per evitare di fargli sentire il peso e il dolore dei pugni degli uomini di Ray Heyworth; per non parlare di quella sorta di Matrix, di mondo ideale, costruito da “L’Altro” che appare nell’ultima stagione della serie (nell’episodio Whoami).
La vertigine finale
Cosa accomuna allora le due storie e i due personaggi?
Il finale, in entrambi i casi, ci rivela una situazione ancora più complessa e labirintica. Nel racconto di Borges vi è una deriva che potrebbe essere infinita. È proprio il fuoco a rivelare la sua vera natura al mago, che scoprendo di non poter essere ferito dalle fiamme ricorda la profezia del dio Fuoco: «Nessuno avrebbe mai saputo del segreto della sua creatura, di essere frutto dei sogni di un altro uomo, nessuno se non il Fuoco stesso».
Per il protagonista, una volta scoperta la verità, la vertigine è data dalla consapevolezza di essere un riflesso di una serie pressocché infinita di specchi, frutto solo mentale di altri esseri a loro volta nati forse dalla mente di qualcun altro.
Nella puntata Ciao, Elliot, la penultima della quarta stagione, una delle personalità create da Elliot Alderson rivela al protagonista che anche lui è una di quelle identità, soltanto uno degli alter ego di Elliot, che chiama “la mente”.
La confusione e il disorientamento in questo caso nascono dall’apprendere di non essere semplicemente colui che viene protetto dagli altri sé, l’io che lotta per riprendere il controllo del proprio corpo e della propria vita; il protagonista, “la mente”, capisce di essere egli stesso una di quelle personalità che imprigionano e proteggono allo stesso tempo il vero Elliot Alderson, del cui inconscio è quindi soltanto un’ulteriore emanazione.
Il senso di vertigine è pressocché lo stesso e la rivelazione finale identica, entrambi i protagonisti scoprono di essere anch’essi dei sottoprodotti di un’altra mente e che entrambi, coscientemente (in Borges) o incoscientemente (in Mr. Robot), avevano come primo scopo quello di proteggere l’altro sé stesso, il proprio prodotto/figlio (il mago), il proprio creatore/padre (“la mente”):
“Andò incontro ai gironi di fuoco: che non morsero la sua carne, che lo accarezzarono e inondarono senza calore e senza combustione. Con sollievo, con umiliazione, con terrore, comprese che era anche lui una parvenza, che un altro stava sognandolo”.
Pierluigi Faiella