Il mondo è un’altra cosa, quando le paure diventano una trappola
“Avrà davanti il vuoto, anche la minima azione gli costerà uno sforzo sovraumano, tradito dalle sue stesse passioni, distrutto da un mondo troppo grande e complesso da affrontare solo con la spinta dei sogni…”.
Jacopo Zonca, dopo l’esperienza del romanzo, decide di mettersi alla prova con una nuova forma narrativa: una raccolta di racconti dal titolo Il mondo è un’altra cosa (Epika Edizioni), dove i temi sono la solitudine e il dolore. I personaggi sono uomini e donne vittime delle proprie ossessioni che devono scegliere se rimanere nelle loro gabbie immaginarie, in bilico tra follia e pseudo normalità, o riuscire a ritagliarsi un posto migliore nel mondo. Ma cos’è il mondo che ci aspetta fuori? La paura di quello che abbiamo dentro può trasformarsi in una vera e propria trappola.
I personaggi sono molteplici: un contadino, un attore, un insegnante, alcuni gangster serbi, una donna innamorata delle lavatrici, un estremista, la titolare di un videostore.
“Mi sforzo di ricostruire la mia vita, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, mettendo insieme i frammenti della mia esistenza, come i vetri rotti che ho visto quella sera, con la macchina capovolta, nella nebbia, le luci dell’ambulanza, io che crollo in ginocchio mentre ti vedo con gli occhi aperti e un taglietto sulla fronte”.
Tutte figure con ruoli e ideologie diverse ma legate da una sofferenza, inseguiti dai loro mostri interiori o reali; simili perché cercano di seguire i loro istinti e rifiutano tutto quello che arriva dal mondo esterno. È il caso del personaggio dell’ultimo racconto Sapone +. Sara Germi è una donna che vive una dimensione sua, come del resto gli altri personaggi del libro. Per tutta la vita insegue la sua ossessione per le lavatrici ma questa fissazione la perseguiterà in continuazione eliminando materialmente ogni uomo amato.
Tutto quello che faceva vivere ieri, finisce per uccidere oggi
Le vite spezzate e interrotte hanno vissuto un dolore o una perdita talmente profonda che hanno lasciato nei loro animi cicatrici indelebili e visibili a tutti. Il vuoto diventa un amico fedele, la nausea uno stile di vita che rifiuta tutto quello che succede nella realtà.
“Adesso tutto quello che c’è davanti a me è qualcosa di sconosciuto, non ho spazio dove appoggiarmi quindi l’unica cosa che mi rimane da fare è rivivere ogni istante che abbiamo passato insieme, quando c’eri tu, quando c’era la vita, quando mi lanciavo in giorni nuovi con energia”.
Tutto quello che hanno vissuto ieri viene trasformato in qualcosa di più grande e patologico. Il male di vivere esplode. Nel primo racconto dal titolo Giulia,conosciamo Marco, un insegnante ossessionato dalla sua compagna. Potrebbe sembrare un estremo gesto di amore quando scopriamo che si tratta di un rituale quotidiano. Marco si dimentica della vergogna che può suscitare negli altri, è un pensiero inesistente. Il suo unico scopo è quello di stare ancora una volta con lei per ricevere e dare amore, per non rimanere vittima della solitudine, per sopravvivere, nonostante tutto.
Vivere al di fuori del mondo crea tensione
La normalità non esiste. Le sei storie che compongono questo libro corale, fanno emergere i lati più tormentati dell’essere umano. Il panico, le fobie, le insicurezze sono le vere protagoniste. I personaggi hanno chiaro quello che vogliono ma si scontrano con la visione del mondo esterno e la loro idea di vita. Nel racconto Ikigai per esempio, troviamo un violento estremista di destra convinto di essere nel giusto, anche se quello che progetta e che pensa è dettato dalla sua malvagità. Chi si sente fuori dal mondo è convinto di avere tutti contro, di conseguenza questi personaggi si trovano perennemente in uno stato di tensione scatenato da continui attacchi di panico che ostacolano le loro percezioni.
L’ansia, il male del secolo, diventa una morsa da cui è difficile scappare.
“Gli attacchi di panico mi torturavano, uscivo, camminavo tra la gente, cercavo di distrarmi ma non pensavo ad altro che alla mia solitudine, mentre sentivo che tutto intorno a me si spezzava”.
Il bisogno di amore finisce per diventare dipendenza
In questi lunghi racconti, il male che i protagonisti devono vivere o scelgono di vivere, è dovuto principalmente a una mancanza affettiva. Il bisogno di amore scatena fobie, inquietudini e insicurezze. La voglia di essere amati senza poterla soddisfare finisce per creare una vera e propria dipendenza. Si ricorre alla violenza, alla depravazione e al sadismo per riuscire a fuggire da una realtà arida e apatica, vista da fuori come lontana e non appartenente alla loro sofferenza.È un bisogno non trattenuto che esplode senza precedenti in continuazione senza barriere protettive, trascinando i personaggi verso abissi profondi e oscuri.
I mostri che ci portiamo dentro, personaggi che tornano sempre
Jacopo Zonca con il primo romanzo, 52 49 (Epika, 2018), aveva già parlato dei mostri che ci portiamo dentro e di quel male di vivere che diventa una gabbia dalla quale è difficile uscire. L’inquietudine è una morsa che stritola l’anima e che nessuno riesce a guardare davvero. L’autore racconta di quanto sia importate essere proiettati verso qualcosa, come quando scrive:
“Ho bisogno di qualcosa. Questo vuoto è insopportabile. Il fatto di rendermi conto del vuoto che c’è dentro di me rende il tutto ancora più atroce”.
52 49 diventa il codice per un modo di essere differente e positivo, quattro numeri per riuscire a stare meglio quando tutto diventa oppressione. Se il mondo esterno diventa sofferenza perché ci colpisce senza sensi di colpa, attraverso qualcosa che desideriamo davvero, riusciamo a sopravvivere.
52 49 un codice, uno stato mentale per essere felici
“Fino a quando c’è il desiderio è tutto diverso. Ti senti vivo perché DEVI avere qualcosa. il tuo essere è proiettato verso QUELLA cosa… Ma quando il tuo corpo cerca di applicare i meccanismi di sopravvivenza, quello che si ribella è il tuo cervello. La tristezza ti avvolge come miele. Non ti fa respirare… ti stringe, ti stritola”.
È la storia di Filippo, in questo caso unico personaggio,che riesce a farcela grazie agli attimi felici vissuti per diventare l’uomo migliore che vuole essere e l’adulto talentuoso che può vincere.
È una giovane anima perduta che ha smarrito la strada i cui incubi lo rendono vittima di sé stesso prima di ogni cosa. Tra alcol e droghe di ogni tipo, locali mondani e tanti soldi, attraverso alcuni momenti importanti della sua vita riuscirà a uscirne per essere migliore. Un romanzo di formazione in cui la vita di Filippo incalza tra un cambiamento e un altro per riuscire a diventare una persona diversa solo dopo aver combattuto i suoi demoni che lo rendono prigioniero. È l’amore a salvarlo, quella ragazza che lo può rendere una persona migliore per essere finalmente felice, per essere libero.
Tra il bisogno d’amore e la violenza repressa in stile “Pulp”
Il bisogno d’amore ricorrente ricorda un altro giovane autore italiano. Parliamo di Roberto Venturini che con Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera (Sem, 2017), vuole amore ma finisce per trovare una radical chic “ciclotimica” che poco riesce a trasmettergli. Mentre per il genere un po’ Pulp, rimanda a Gioventù Cannibale (Einaudi, 1996), antologia di racconti scritti da grandi autori come Ammaniti, Pinketts, Luttazzi, Caredda e molti altri. I racconti presenti in Il mondo è un’altra cosa sono ricchi di rabbia repressa, la maggior parte molto violenti, quasi splatter tra inquietudini feroci e violenze dichiarate. Qui possiamo intercettare l’influenza di un grande registra come Quentin Tarantino sulla scrittura dell’autore, cinefilo e studioso di teatro. Jacopo Zonca, classe 1991,scrive oscillando tra un tono nostalgico per ciò che si è perso e quello che possiamo raggiungere, spesso con rabbia e ostinazione con una scrittura scorrevole ed emotiva. Ancora una volta sono i temi forti che indagano l’aspetto più oscuro della personalità dell’essere umano e la sua vita interiore a conquistare il lettore. Anche quando tutto sembra andare per il verso giusto, i personaggi sono spinti da un moto di violenza per riuscire a raggiungere i propri obbiettivi unicamente per soffrire meno in contrapposizione a un mondo che sembra voler essere un’altra cosa.
Giusy Laganà