La notte negli occhi di Francesco Baucia
Il viaggio che Francesco Baucia propone ne La notte negli occhi edito Lindau è innanzitutto un viaggio attraverso il genere romanzo, nello specifico nel romanzo d’avventura con qualche traccia del gotico di derivazione inglese. Il fatto che a guidarci in un simile viaggio sia un autore italiano rende il tutto molto più interessante.
Una dichiarazione di intenti
Il libro si apre con due citazioni, la prima delle quali è tratta da Filosofia dello spirito jenese di Hegel:
Questa notte si vede quando si fissa negli occhi un uomo – si penetra in una notte, che diviene spaventosa; qui ad ognuno sta sospesa di contro la notte del mondo.
L’altra citazione è di Kenneth Lamberth ed è tratta da un volume edito Adelphi che raccoglie alcune interviste fatte a Jung. Entrambe possono esser viste come una sorta di dichiarazione di intenti se non di anticipazione delle tematiche contenute all’interno del romanzo: da un lato Hegel, dall’altro Jung e l’inconscio. Il primo è, inoltre, uno dei personaggi stessi del romanzo e motore della trama: il Grand’Uomo chiede al protagonista, un medico investigatore, di cercare il suo figlio illegittimo, Ludwig Fischer, partito come soldato in Batavia, nelle isole della Giacarta, e di cui non si hanno più notizie. Tale richiesta mette in moto un “giallo metafisico” (come è stato definito da Orazio Labbate in una presentazione del libro) e il lettore, durante questa indagine, non può fare a meno di chiedersi cosa siano le pagine che legge. Anche il narratore stesso ci instilla il dubbio, durante la lettura, sull’affidabilità del suo resoconto:
La risposta che seguì la restituisco qui in forma di racconto, anche se fu intervallata da altre mie domande e altre sue esitazioni (che riporto solo dove il ricordo del nostro scambio si fa per me più carico di emozioni).
Il lettore-investigatore
Ma proprio queste pagine sono le più interessanti del romanzo, ovvero quando i fatti diventano talmente enigmatici che è il lettore stesso a diventare investigatore. L’intrecciarsi, dunque, di quello che ricorda e riporta il narratore e quello che è davvero successo, è il primo livello di lettura. Un secondo livello, invece, è dato dall’alternarsi, ancora una volta, di ciò che è veramente successo (le vicende storiche) e ciò che il Baucia narratore ci racconta. Quello che ci viene detto di Ludwig è, difatti, realmente successo: inizialmente accolto, viene in un secondo momento disconosciuto e rifiutato dal padre. Si arruola, parte, e di lui la Storia Ufficiale non ci sa dire più nulla. Per mezzo di una ricostruzione romanzesca, Baucia dipinge qui una nuova versione di Ludwig Fischer, attingendo, come accennavo all’inizio, al romanzo d’avventura e gotico inglese. Queste pagine vi ricorderanno Conrad, Stevenson, Edgar Allan Poe, e proprio da queste fonti l’autore trae uno dei temi più cari della letteratura psicanalitica di un certo tipo, ovvero il tema del doppio:
Ascoltatemi bene: quel ragazzo parlava con il mondo delle ombre.
Il tema del doppio
L’introduzione del personaggio di Wilhelm Windt (nome che, forse, fa eco a Wilhelm Wundt, uno dei padri fondatori della psicologia) e la sua invenzione è un’altra chicca di questa opera ma, per non rovinare il gusto della scoperta, il commento sulla verità di questo personaggio termina qui. Tutto il libro è, difatti, un romanzo dalle tante verità, in cui tutti i pezzi sono davanti ai nostri occhi, ma è difficile risalire alla vera immagine. Ciò viene ben spiegato da uno dei protagonisti secondari del romanzo (in un breve passaggio di lovecraftiana memoria):
È singolare come eventi che sembrano appartenere a mondi diversi finiscano spesso per sovrapporsi» disse il giavanese, togliendosi la pipa dalla bocca. «E per mostrare che in definitiva il mondo è uno solo, e se ci era parso frammentato era solo perché non eravamo in grado di far collimare i frammenti.
Avventura, gotico, giallo: questo romanzo contiene al suo interno, forse, molteplici romanzi, in un gioco letterario di ricerca narratologica che mescola diversi generi e che torna diverse volte sul passato dei protagonisti, ogni volta sempre più a fondo, per ricercare, appunto, “la notte negli occhi”.
Giovanni Palilla